La giustizia amministrativa in quarantena con stato confusionale

20 Mar 2020
20 Marzo 2020

L’art. 84 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, per fronteggiare l'emergenza  sanitaria, ha introdotto una articolata e confusa serie di disposizioni provvisorie in materia di processo amministrativo (fatta perlopiù di sospensione di termini e di udienze e di rinvii).

In primo grado, davanti ai TAR, ordinariamente (nel sistema normale del codice processuale già in vigore, intendo, non adesso che c'è l'emergenza) le sospensive e i meriti vengono decisi da un collegio di tre magistrati; in appello, davanti al Consiglio di Stato, da collegi di cinque magistrati; gli avvocati possono partecipare alle udienze e parlare.

L'emergenza sanitaria adesso, però, esige che le persone non si spostino e non si incontrino e che, quindi, gli avvocati non possano partecipare alle udienze con i magistrati, ma anche che gli stessi magistrati non si incontrino tra di loro per formare i collegi giudicanti.  

Tuttavia i cittadini hanno diritto, entro certi limiti, di ottenere risposte dal giudice amministrativo, se non per le decisioni nel merito, che possono aspettare (del resto a questo siamo abituati, come se fosse una situazione normale aspettare una sentenza anche per  10 o 15 anni), almeno per le decisioni cautelari (alias "sospensive").

C'è un altro diritto fondamentale che deve essere garantito, quello di difesa.

Ricordiamo che l'art. 24 della Costituzione afferma solennemente che: "La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento". Quindi è necessario che gli avvocati siano messi in grado di dialogare con i magistrati in qualche modo e questo modo non necessariamente deve essere la presenza fisica in una udienza.

Il decreto legge 18/2020 ha disposto in modo sbrigativo quello che al Governo è potuto venuto in mente  e ieri il Presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi ha sentito la necessità di emanare una nota interpretativa (basta leggerla per capire in quale ginepraio siamo finiti).

Tanto perchè capiamo come funzionano le cose in questo paese, il Presidente ha correttamente precisato che le sue note "sono rivolte ad assicurare un’applicazione omogenea della normativa emergenziale... senza in alcun modo voler incidere sull’interpretazione e l’applicazione delle norme processuali da parte dei singoli magistrati e dei collegi giudicanti".

Se vogliamo volgarizzare il concetto, la confusione regna sovrana.

Io ho alcune opinioni personali su come si potrebbe fare perchè le cose funzionassero in modo più razionale: anche se non hanno alcun valore, ve le dico lo stesso, visto che siamo qui a aspettare che l'epidemia passi.

Per esempio, i ricorsi (sia in sede cautelare, sia di merito), perlomeno in primo grado davanti al TAR,  potrebbero essere decisi da un giudice monocratico, invece che da un collegio, e il dialogo con i difensori potrebbe essere effettuato nel modo più semplice del mondo: il giudice legge le carte, comunica ai difensori per email che, sulla base di quello che ha letto, intende accogliere o respingere la domanda, precisando succintamente perchè si è orientato così, e assegnando loro un breve termine per segnalare eventuali errori o incomprensioni, fatti nuovi, novità normativa o giurisprudenziali o altre indicazioni rilevanti ai fini della decisione. E poi decide definitivamente.

Se fosse una legge a imporre questo modus procedendi, sarebbe evidentemente superata la tradizionale obiezione secondo la quale il giudice non potrebbe anticipare alle parti la sua decisione, per non essere ricusabile, ai sensi dell'articolo 52 del codice di procedura civile, applicabile anche al processo amministrativo, ai sensi dell'articolo 18 del codice del processo amministrativo.

A me l'idea non sembra falotica: come faccio a difendere il mio cliente in ogni stato del procedimento (lo stato indica le fasi del processo all'interno di un grado, vale a dire il primo grado o appello) se non sono in grado di capire come la pensa il giudice e cosa ha in mente di decidere?

In ogni caso è solo una idea, tra le tante.

Dario Meneguzzo - avvocato

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