Il Consiglio di Stato censura il cd. abuso delle sanatorie

13 Mar 2025
13 Marzo 2025

Nel caso di specie, una ditta chiedeva e otteneva un condono ex l. 47/1985, un condono ex l. 724/1994, una sanatoria ex art. 36 d.P.R. 380/2001. A seguire, il Comune si accorgeva di ulteriori abusi non sanati e ne ordinava la demolizione. La ditta presentava una SCIA in sanatoria ex art. 37 d.P.R. cit., cui il Comune non rispondeva.

Il Consiglio di Stato ha affermato che, pur sussistendo in linea generale un obbligo del Comune di pronunciarsi sull’istanza di SCIA in sanatoria a pena di silenzio-inadempimento, nella fattispecie concreta surriferita l’evidente strumentalizzazione, posta in essere dalla ditta, dell’istituto della sanatoria non consente di ravvisare né un obbligo di rispondere in capo alla P.A. né un interesse legittimo ad ottenere una risposta in capo alla ditta.

L’istituto della sanatoria è stato, nel corso degli anni, strumentalmente utilizzato da parte della ditta non per legittimare, in via eccezionale, occasionali abusi di natura formale e di minima entità, ma come ordinario strumento per realizzare, in via progressiva e frazionata, un unico intervento di ampliamento e trasformazione dell’immobile originario (anch’esso in origine abusivo ed oggetto di sanatoria), senza ricorrere al titolo edilizio ex ante e secondo la logica del “fatto compiuto”: ciò in violazione del divieto di valutazione frazionata delle opere abusive che devono essere sempre apprezzate nella loro concreta interezza, per giunta ubicate in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e ambientale, oltreché nella fascia di rispetto fluviale.

Ciò ha immediate ricadute sul piano procedimentale e processuale con riguardo: A) all’insussistenza di un obbligo del Comune di provvedere, poiché il ricorso abusivo all’istituto in esame ne determina un ingiustificato sviamento dal fine tipico ed integra una fattispecie di abuso del diritto, nonché di violazione degli obblighi di collaborazione e buona fede; B) alla conseguente inconfigurabilità, in capo alla ditta, di una situazione soggettiva suscettibile di tutela nelle forme del rito del silenzio ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., per la natura illegittima, emulativa ed elusiva dell’interesse rivendicato.

Post di Alberto Antico – avvocato

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