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Le controversie in materia di canalette di scolo spettano alla giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche

29 Ott 2013
29 Ottobre 2013

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 1212 del 2013.

Scrive il TAR: "le Sezioni Unite hanno costantemente affermato che la giurisdizione di legittimità in unico grado attribuita al Tribunale superiore delle acque pubbliche con riferimento ai "ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche", sussiste quando i provvedimenti amministrativi impugnati incidano direttamente sul regime delle acque pubbliche, nel senso che concorrano, in concreto, a disciplinare la gestione e l'esercizio delle opere idrauliche o a determinare i modi di acquisto dei beni necessari all'esercizio e alla realizzazione delle opere stesse od a stabilire o modificarne la localizzazione o a influire nella loro realizzazione mediante sospensione o revoca dei relativi provvedimenti (cfr. Cass., Sez. Un., n. 27528/08 e 10848/09). Nello stesso senso il Cons. di Stato (Cons. di Stato, n. 928 - 21 febbraio 2012 - Sez. V che conferma T.A.R. Molise 6 giugno 2007 n. 496). Nel caso di specie, è pacifico che il progetto definitivo approvato con le delibere in questa sede impugnate riguardi direttamente complessi lavori di sistemazione e messa in sicurezza della rete scolante di Tavo di Vigodarzene (della quale fa parte la nuova canaletta in discussione), cosicchè le relative censure, stante l'incidenza diretta sul regime delle acque pubbliche (confermata dal carattere tecnico idraulico delle censure) rientrano nella speciale sfera riservata al Tribunale predetto. In particolare, va evidenziato che l’opera idraulica in questione va considerata unitariamente al più ampio progetto di sistemazione della rete idrografica regionale del quale fa parte (come da accordo di programma del 2010), progetto di considerevole rilievo per l’assetto idrogeologico regionale. Inoltre, i canali di bonifica risistemati o nuovamente realizzati verranno acquisiti al demanio idrico comunale, per essere destinati ad un uso di pubblico interesse. Pertanto, non essendo le opere in questione riferibili direttamente al sistema fognario comunale, come riduttivamente asserito dal difensore dei ricorrenti in sede di discussione, non appare conferente il richiamo, dal medesimo difensore effettuato, alla sentenza della Cass. n. 14883/2012. Inoltre, sempre con riferimento agli argomenti avanzati dalla parte ricorrente in sede di discussione, si osserva che il presente ricorso non ha direttamente ad oggetto questioni relative alla formazione, conclusione ed esecuzione dell’accordo di programma, sottoscritto dalle amministrazioni interessate nel 2010, così che non si giustifica l’attrazione della presente controversia alla giurisdizione esclusiva del TAR ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, c.p.a. . In conclusione il Collegio ritiene che difetti la giurisdizione in capo al giudice amministrativo spettando essa al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza TAR Veneto n. 1212 del 2013

Il Sindaco non può annullare gli atti dei dirigenti e un regolamento comunale non può prevedere tale potere

29 Ott 2013
29 Ottobre 2013

Segnaliamo sulla questione la sentenza del Consiglio di Stato n. 4778 del 2013.

Scrive il Consiglio di Stato: "l’appellante ha denunciato l’illegittimità dell’impugnato provvedimento sindacale, prot. n. 2332 del 19 marzo 2002, di annullamento in autotutela della precedente determinazione n. 348 del 31 luglio 2001, per l’incompetenza del sindaco.
5.1. Giova al riguardo rilevare che l’art. 51 della legge 8 giugno 1990, n. 142, aveva già stabilito, al comma 2, che “spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti che si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo spettano agli organi elettivi mentre la gestione amministrativa è attribuita ai dirigenti”, aggiungendo al successivo terzo comma che  “spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione di atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservano agli organi di governo dell’ente. Sono ad essi attribuiti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dall’organo politico, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente:…b) la responsabilità delle procedure di appalto e di concorso”. Tale disposizione ha trovato conferma nell’art. 107 del D. Lgs, 18 agosto 2000, n. 267, laddove è stato previsto al comma 4 che “le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all’articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative” e al comma 5 che, “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I, titolo III l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall’art. 50, comma 3, e dall’art. 54”. Il principio contenuto nei ricordati articoli 51 della l. n. 142 del 1990 e 107 del D. Lgs. n. 267 del 2000, circa il riparto tra compiti di governo, di indirizzo e di controllo, spettanti agli organi politici elettivi, e compiti di gestione, spettanti ai dirigenti, costituisce “struttura fondante dell’intera riforma delle autonomie locali” (C.d.S., sez. V, 15 novembre 2001, n. 5833), di per sé immediatamente applicabile senza la necessità dell’interposizione di fonti secondarie, cui spetta soltanto la determinazione delle modalità di esercizio della competenza, comunque indefettibile e tale da non tollerare impedimenti e soluzioni di continuità (C.d.S., sez. V, 23 marzo 2000, n. 1617; 21 novembre 2003, n. 7632). Su un piano più generale è stato sottolineato che, a seguito della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, ai dirigenti è stata attribuita la competenza esclusiva nella gestione dell’attività amministrativa, compresa l’adozione degli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, mentre agli organi di governo sono rimaste le funzioni di indirizzo politico, aggiungendosi che, con specifico riferimento agli enti locali, proprio l’art. 107 del D. Lgs. n. 267 del 2000 dispone che gli statuti ed i regolamenti si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e controllo politico – amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica compete in via esclusiva ai dirigenti (C.d.S., sez. V, 16 ottobre 2004, n. 6029; 5 ottobre 2005, n. 5312; 10 dicembre 2012, n. 6277), con la precisazione che l’attività di indirizzo, riservata agli organi elettivi o politici del comune, si risolve nella fissazione delle linee generali da seguire e degli scopi da perseguire con l’attività di gestione (C.d.S., sez. V, 9 settembre 2005, n. 4654).
5.2. Sulla scorta di tale substrato normativo (e giurisprudenziale) il sindaco del Comune di Avetrana non poteva adottare, come invece è avvenuto, la disposizione prot. n. 2332 del 19 marzo 2002, di annullamento, in autotutela, della determinazione n. 348 del 31 luglio 2001 e, conseguentemente, dell’intera procedura del concorso pubblico per titoli ed esami per l’assunzione di un istruttore contabile, trattandosi di un’attività di gestione, non appartenente come tale ai compiti di governo, indirizzo e controllo propri di un organo politico, quale appunto è il sindaco. Questi invero, proprio nell’esercizio dei predetti poteri di indirizzo e controllo, avrebbe potuto - e dovuto - sollecitare, anche sulla scorta degli indirizzi forniti dall’organo giuntale, il responsabile del servizio ovvero il dirigente competente all’adozione degli atti opportuni e necessari a rimuovere la pretesa illegittimità verificatasi nella procedura concorsuale in esame, così rispettando il fondamentale ed insuperabile principio di distinzione tra attività di governo ed attività di gestione (potendo del resto eventualmente utilizzare nei confronti del funzionario o del dirigente, riottoso o inadempiente, gli ordinari poteri
disciplinari fino a giungere anche alla rimozione dall’incarico o dalla funzione). Né, a fondamento della sussistenza del potere esercitato nel caso in esame, possono invocarsi, come indicato nel provvedimento impugnato, l’articolo 50, comma 3, del D. Lgs. n. 267 del 2000 e l’art. 44, ultimo comma, del Regolamento recante l’ordinamento degli uffici e dei servizi del Comune di Avetrana (quest’ultimo nella parte in cui autorizza il sindaco ad annullare, di propria iniziativa o su istanza di parte, per motivi di legittimità gli atti dei responsabili dei servizi degli organi dell’amministrazione).
Sotto un primo profilo deve infatti osservarsi che, se è vero che il ricordato terzo comma dell’art. 50 del D. Lgs. n. 267 del 2000 stabilisce che il sindaco esercita le funzioni attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti, è altrettanto vero che tale norma fa espressamente salvo quanto stabilito dall’articolo 107 che, come già si è avuto modo di osservare, delimita e distingue nettamente l’attività politica da quella di gestione, attribuendo solo ai dirigenti quest’ultima, in cui è  espressamente ricompresa, secondo l’esemplificativa normativa, la “responsabilità delle procedure di concorso”, formulazione in cui deve farsi ragionevolmente rientrare, anche per coerenza sistematica, l’eventuale esercizio del potere di autotutela. A ciò consegue, sotto altro concorrente profilo, che nessun autonomo rilievo può essere attribuito alla previsione contenuta nell’articolo 44 del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, approvato con delibera della Giunta comunale n. 640 del 22 novembre 1999, da ritenersi tacitamente abrogata o comunque inapplicabile per effetto della disposizione contenuta nel quinto comma dell’articolo 107 del più volte citato D. Lgs. n. 267 del 2000, secondo cui “A decorrere dall’entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I, titolo III l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall’art. 50, comma 3, e dell’art. 54”. Ciò senza contare che ad identiche conclusioni del resto si giunge anche disapplicando la predetta norma regolamentare, proprio a causa del suo insanabile contrasto con il disposto legislativo primario, essendo appena il caso di rilevare che la disapplicazione della norma secondaria regolamentare, al fine della decisione sulla legittimità del provvedimento amministrativo impugnato, è in questi casi (di macroscopico contrasto con la norma primaria) consentita al giudice amministrativo, a prescindere dall’impugnazione congiunta del regolamento e quindi anche in mancanza di richiesta delle parti (C.d.S., sez. V, 25 settembre 2006, n. 5625; 11 maggio 2004, n. 2966; 13 novembre 2002, n.6293; sez. IV, 14 aprile 2006, n. 2142; sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5098)".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza CDS 4778 del 2013

Il contatore del debito pubblico italiano

29 Ott 2013
29 Ottobre 2013

Vi interessa sapere a quale velocità aumenta il debito pubblico italiano?

Cliccando sul link che segue scopriremo che aumenta di circa 11.000 euro ogni 3 secondi.

La questione ci riguarda perchè va poi a influire sulla quantità di tasse che ciscuno di noi paga.

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Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 40 del 21 ottobre 2013: il “DURC EX ART. 13 BIS, COMMA 5, DEL D.L. n. 52/2012”

28 Ott 2013
28 Ottobre 2013

Con la circolare n. 40 del 21 ottobre 2013, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito alcuni chiarimenti in ordine alle modalità di rilascio e di utilizzo del DURC, nel caso in cui l’interessato certifichi di avere crediti certi liquidi ed esigibili nei confronti delle PA di importo almeno pari agli oneri contributivi accertati e non ancora versati da parte del medesimo soggetto.

Si ricorda che la disciplina di riferimento è costituita dall’art. 13-bis, comma 5, del D.L. n. 52/2012, convertito in L. n. 94/2012 e dal relativo decreto attuativo, il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 13.3.2013.

Per quanto riguarda, in particolare, la disciplina della certificazione dei crediti nei confronti della PA, occorre invece fare riferimento all’art. 9, comma 3 bis del D.L. n. 185/2008, convertito in L. n. 2/2009 (“Su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, le regioni e gli enti locali nonché gli enti del Servizio sanitario nazionale certificano, nel rispetto delle disposizioni normative vigenti in materia di patto di stabilità interno, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell’istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Scaduto il predetto termine, su nuova istanza del creditore, è nominato un Commissario ad acta, con oneri a carico dell’ente debitore. La nomina è effettuata dall’Ufficio centrale del bilancio competente per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali centrali e degli enti pubblici nazionali, o dalla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali periferiche, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale. La cessione dei crediti oggetto di certificazione avviene nel rispetto dell’articolo 117 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Ferma restando l’efficacia liberatoria dei pagamenti eseguiti dal debitore ceduto, si applicano gli articoli 5, comma 1, e 7, comma 1, della legge 21 febbraio 1991, n. 52.”)

Il soggetto interessato a questo tipo di DURC ha l’onere di specificare nella relativa richiesta (o nell’avvio della procedura per l’acquisizione d’ufficio del DURC) di vantare crediti nei confronti della PA, per i quali ha ottenuto la certificazione tramite la Piattaforma informatica.

Egli deve contestualmente comunicare gli estremi delle certificazioni di credito e il codice a lui rilasciato dalla Piattaforma Informatica per l’accesso, attraverso il quale potrà essere verificata (da parte di chi rilascia il DURC – Casse edili e istituti previdenziali) la certificazione direttamente nella Piattaforma Informatica. La Piattaforma rilascerà un documento informatico che attesta l’esistenza del credito certificato.

La procedura di acquisizione di attestazione dalla Piattaforma è tuttavia ancora sulla carta, dal momento che la Circolare stessa precisa che occorrerà un accordo tra Enti previdenziali e Ispettorato Generale per l’informatizzazione della contabilità di Stato. Nelle more, la trasmissione della certificazione viene spedita via pec o presentata direttamente dall’interessato all’Ente previdenziale sotto la propria responsabilità. Gli enti acquisiranno poi dall’Amministrazione certificatrice la conferma dell’esistenza e della validità della certificazione.

La circolare conferma che anche il DURC così rilasciato ha validità di 120 gg. dal rilascio, ai sensi dell’art. 31, comma 5 D.L. 69/2013.

La Circolare prosegue fornendo indicazioni sugli utilizzi del DURC ex art.13-bis comma 5 del D.L. 52/2012. Esso può essere utilizzato per:

- la verifica della dichiarazione sostituiva ex art. 38, comma 1, lettera i) del Codice dei Contratti;

- per il pagamento dei SAL, con applicazione della disciplina del c.d. “intervento sostitutivo” di cui all’art. 4, comma del Regolamento di cui al D.P.R. n. 207/2010 (“in caso di ottenimento da parte del responsabile del procedimento del documento unico di regolarità contributiva che segnali un’inadempienza contributiva relativa a uno o più soggetti impiegati nell’esecuzione del contratto, il medesimo trattiene dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza.”.)

La Circolare sottolinea, in particolare, che, attraverso l’art. 3, comma 3 del D.M. 13.3.2013, è stato generalizzato il ricorso all’istituto dell’intervento sostitutivo, il quale non è più limitato al caso in cui la P.A. /Stazione appaltante debba erogare i corrispettivi nell’ambito dei contratti pubblici, ma è esteso a tutte le ipotesi in cui la PA debba effettuate erogazioni a qualsiasi titolo a favore di soggetti privati titolari di crediti certificati. La regola è che, prima di effettuare le erogazioni, la PA sia obbligata a garantire previamente la copertura del debito evidenziato nel DURC. Viene richiamato in proposito l’art. 31 del D.L. 69/2013 convertito in L. 98/2013, il quale ha confermato questa previsione.

Anche l’operatività delle previsioni appena illustrate è tuttavia condizionata all’intervento degli Enti previdenziali, che sono chiamati a regolamentare il relativo procedimento.

La Circolare si dedica, infine, all’ipotesi della cessione o anticipazione dei crediti indicati nella certificazione esibita per il rilascio del DURC.

La cessione e l’anticipazione sono possibili solo a condizione che venga integralmente estinto il debito indicato nel DURC, con la precisazione che deve trattarsi di DURC aggiornato che attesti la reale situazione nei confronti degli enti previdenziali.

Il decreto Ministeriale prevede che, qualora l’irregolarità persista, il titolare del credito certificato che faccia ricorso alla banca o all’intermediario finanziario per farsi anticipare le somme o per cedere il credito debba rilasciare a costoro una delegazione di pagamento ex art. 1269 c.c. affinché provvedano a pagare agli Enti previdenziali il debito residuo.  

avv. Marta Bassanese

20131021_Circ_40

Anche il contratto preliminare è nullo se ha per oggetto un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico

28 Ott 2013
28 Ottobre 2013

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 23591 del 2013, in relazione alla nullità prevista dall'art. 40, comma 2, della L. 47/1985. Si veda ora l'art. 46 del DPR 380 del 2001.

Sentanza Corte di Cassazione n. 23591_del 2013

http://www.cortedicassazione.it/Documenti/23591_10_13.pdf

Adozione del “Piano Energetico Regionale – Fonti Rinnovabili – Risparmio Energetico -Efficienza Energetica” (L.R. 25/2000, art. 2)‏

28 Ott 2013
28 Ottobre 2013

Il Presidente della Giunta Regionale del Veneto

Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 14 del D.Lgs n. 152/2006 e s.m.i. e dalla Legge 7 agosto 1990, n. 241

rende noto

che in data 15 ottobre 2013 la Giunta Regionale, con deliberazione n. 1820, ha adottato il “Piano Energetico Regionale - Fonti rinnovabili - Risparmio Energetico - Efficienza Energetica”, ed ha disposto il deposito di tutti gli elaborati in forma integrale presso le sedi degli Uffici regionali per le relazioni con il pubblico della Regione del Veneto (U.R.P.) con sede in ciascun capoluogo di provincia e presso la sede di tutte le province del Veneto per l’avvio della procedura di consultazione prevista per legge.

Il termine utile per la presentazione delle osservazioni da parte di chiunque ne abbia interesse è fissato, secondo le modalità indicate nell’allegato E) alla deliberazione medesima, in sessanta giorni dalla data di pubblicazione del presente avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione Veneto (BURV).

Per lo stesso fine sono pubblicati sul sito web regionale http://www.regione.veneto.it/web/energia/ la proposta del Piano, il Rapporto ambientale, la Sintesi non tecnica e le modalità di presentazione delle osservazioni.

(Avviso costituente parte integrante della Deliberazione della Giunta regionale n. 1820 del 15 ottobre 2013, pubblicata in parte seconda - sezione seconda del presente Bollettino, ndr)

(seguono allegati)

Allegato avviso Dgr 1820 AllegatoE_260011.pdf

DGRV 1820 del 2013

La DGR 1721 del 2013 sull’articolo 38 del PTRC è stata pubblicata sul Bur n. 90 del 25 ottobre 2013

28 Ott 2013
28 Ottobre 2013

Con la DGR 1721 del 2013 la Giunta Regionale ha deliberato quanto segue:

1.       di dare atto che restano confermati gli elaborati della variante parziale del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) con attribuzione della valenza paesaggistica, adottato con DGR n. 427 del 10 aprile 2013;

2.       di prendere atto della Valutazione Tecnica Regionale n. 44 del 18.9.2013 (Allegato A) su supporto digitale che esplicita il significato e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui all'art. 38 delle norme tecniche al "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica", che recepisce e fa proprie le considerazioni e conclusioni del parere del Comitato previsto dall'art. 27 della Legge regionale n. 11/2004 (Allegato A1) su supporto digitale, contenente l'elaborato grafico derivato dalla tav. 04 del PTRC;

3.       di prendere atto che l'ambito di applicazione dell'articolo 38 delle norme tecniche al "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica", è esplicitato nell'elaborato grafico allegato al parere del Comitato previsto dall'art. 27 della Legge regionale n. 11/2004 che indica i comuni interessati;

4.       di incaricare il Dirigente della Direzione Urbanistica e Paesaggio, nelle more di approvazione del "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica", di coordinare l'istruttoria degli strumenti urbanistici, interessati dalle disposizioni contenute nell'art. 38, delle norme tecniche del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica;

5.       di incaricare il Dirigente della Direzione Pianificazione Territoriale e Strategica, nelle more di approvazione del "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica", ad assumere i provvedimenti e gli adempimenti previsti dalle diverse fattispecie contemplate al comma 4 dell'articolo 38, delle norme tecniche del "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica";

6.       di dare atto che il presente provvedimento non comporta spese a carico del bilancio regionale;

7.       di pubblicare la presente deliberazione nel Bolletino Ufficiale della Regione.

 DGRV 1721 del 2013

1721_ALLEGATO_A0_SCHEDA_VALUTATORE_01_259926.pdf
1721_ALLEGATO_A1_PARERE_COMITATO_VTR_259926.pdf
1721_ALLEGATO_A1_elaborato_cartografico_derivatro_dalla_tav_04_ptrc_var_259926.pdf

IL TAR ribadisce che il piano casa deroga alle distanze dai confini

25 Ott 2013
25 Ottobre 2013

La legge più iniqua approvata dalla Regione Veneto è il piano casa, interpretato nel senso che consenta di derogare alle distanze dai confini previste dalle NTA del PRG.

E il TAR Veneto conferma che va interpretato così nella sentenza n. 1213 del 2013, dove ritiene illegittime le disposizioni comunali che hanno previsto il contrario.

Scrive il TAR: "2.1. Il ricorso è fondato.
2.2. Ed infatti, l’art. 6 comma 10 della delibera del Consiglio Comunale n. 130/2011, attuativa della L.R. 14/2009 così come integrata e modificata dalla L.R. 13/2011, prevede l’applicabilità agli ampliamenti ex piano casa delle disposizioni del P.R.G. e del Regolamento Edilizio in materia di distanze tra edifici.
2.3. Ritiene il Collegio che tale previsione debba essere armonizzata con l’art. 2 comma 1, della L.R. 14/2009, che invece stabilisce l’operatività della legge sul piano casa in deroga a tutte le regole poste dagli atti di pianificazione di ogni livello (con la sola esclusione, in quanto estranei al campo applicativo della L.R. n. 14 del 2009, di quelle in materia ambientale o paesaggistica), e con l’art. 8, IV comma della L.R. n. 13/2011, che limita la possibilità dei Comuni d’ introdurre integrazioni e limitazioni alla normativa sul piano casa solo relativamente agli interventi sugli edifici non destinati a prima casa di abitazione. 2.4. Conseguentemente, poiché la delibera comunale impugnata non è diretta a regolamentare esplicitamente gli ampliamenti effettuati sulla prima casa di abitazione, bensì riguarda genericamente tutti gli interventi eseguibili in base al “piano casa”, appare possibile adottare un’interpretazione, nello specifico di tale art. 6 della delibera, conforme al dettato della legge regionale, nel senso di ritenerlo applicabile solo agli ampliamenti diversi da quelli effettuati sulla prima casa di abitazione.
2.5. Viceversa, nel caso di specie, trattandosi d’intervento sulla prima casa di abitazione, troverà piena applicazione la legge regionale citata, la quale, da una parte, consente di derogare a tutte le norme in tema di distanze (diverse da quelle di fonte statale), poste da fonti locali in materia urbanistico-edilizia, ivi comprese, quindi, le previsioni, come quella di specie, che subordinano la facoltà di costruire sul confine al previo consenso del vicino; dall’altra, inibisce ai Comuni di estendere la propria disciplina applicativa anche alla “prima casa”.
2.6. Conseguentemente, l’atto di diffida impugnato, poiché si fonda sulla mancata produzione di un atto di consenso del proprietario confinante, richiesto dagli artt. 6.1.2 delle NTGA e 11.1.3 delle NTSA del PRG di Venezia, risulta illegittimo per contrasto con la speciale disciplina derogatoria introdotta dalla normativa sul "Piano Casa".
2.7. Va infine evidenziato come non sia in questione il rispetto delle distanze tra fabbricati di cui all'art. 873 c.c. e al D.M. n. 1444 del 1968, in quanto, nel caso di specie, il fondo confinante è inedificato e la nuova sopraelevazione non avrà aperture verso di esso".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza TAR Veneto 1213 del 2013

Annullamento e revoca

25 Ott 2013
25 Ottobre 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. III, con la sentenza del 16 ottobre 2013 n. 1178, si occupa dell’annullamento d’ufficio ex art. 21 octies l. 241/1990 e della revoca ex art. 21 quinquies l. 241/1990, chiarendo i poteri del giudice amministrativo in materia di esatta qualificazione della domanda proposta nel processo

Nel caso in esame il provvedimento comunale impugnato dal ricorrente veniva definito dall’ente sia come revoca sia come annullamento.

A tal fine si legge che: “La qualificazione di annullamento, tuttavia, esclude anche la possibile conversione della domanda ex art.32 c.p.a.

Come noto trattasi di disposizione di particolare rilievo precisandosi che spetta al giudice la esatta qualificazione della domanda, operandosi da parte di quest’ultimo, in presenza dei presupposti, la modifica anche di quanto richiesto dalla parte, ove ritenuto non satisfattivo, in sintonia con la volontà legislativa, trasfusa nel codice del processo, mirante a offrire una rinnovata gamma di azioni processuali proponibili davanti al giudice amministrativo, nel perseguimento del principio di effettività della tutela.

Nel caso in esame la domanda risarcitoria non sarebbe apprezzabile, per quanto detto, mentre lo sarebbe quella volta alla condanna al pagamento di un indennizzo, che, se pur non costituisce presupposto di legittimità del provvedimento di revoca, necessariamente deve essere liquidato al soggetto che incolpevolmente ha confidato nella legittimità del provvedimento a efficacia continuativa il quale se ne veda paralizzare gli effetti pro futuro per sopravvenute esigenze di opportunità o di merito, e ciò per espressa menzione normativa contenuta nella citata disposizione di cui all’art. 21 quinques L. n. 241/90.

Trattandosi invece di annullamento d’ufficio, la domanda di indennizzo non è proponibile, neppure mediante la ricordata conversione ex art.32 c.p.a., nonostante la ricorrente qualifichi a sua volta come revoca l’atto impugnato (che per tale non potrebbe essere qualificato, neppure accedendo alla figura della revoca annullamento, intesa cioè non ex art.21 quinquies, ma come impropria dizione di ogni atto di ritiro) (difatti in tema di revoca il Consiglio di Stato ha affermato nella decisione n.662/2012 che “Nel caso in cui l’esercizio del potere di autotutela sia stato determinato da un difetto del presupposto sul quale si fonda l’atto adottato, tale da non avere consentito una corretta e completa valutazione dell’interesse pubblico, e quindi un conseguente legittimo esercizio del potere provvedimentale, ciò non rende illegittimo il provvedimento assunto in via di autotutela (che, anzi, ne risulterebbe necessitato), ma costituisce un elemento sicuramente valutabile sul piano della (eventuale) conseguente responsabilità dell’amministrazione nei confronti dell’incolpevole soggetto già beneficiario dell’atto”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto del 1178 del 2013

Come fa il debito pubblico italiano a aumentare così tanto?

24 Ott 2013
24 Ottobre 2013

Nel secondo trimestre del 2013 il debito pubblico italiano è salito a 2076 miliardi di euro. Nel febbraio del 2011 era pari a 1876 miliari (circa) e nel gennaio 2012 a 1936 miliardi (circa).

Insomma è aumentato di 200 miliardi di euro in due anni.

Di fronte a questo dato è evidente quanto sia surreale la sceneggiata della abolizione dell'IMU e della sua sostituzione con altre imposte (TARES o TASI o come altro le chiameranno).

Qualcuno mi accuserà di disfattismo se dico che mi viene in mente la famosa battuta: "siamo arrivati sull'orlo del baratro, ora bisogna fare un passo in avanti"?

Mi chiedo quanto manchi ancora al punto di rottura del sistema, ma, in tutto sincerità, non lo so, anche se mi sembra realistico pensare che debba esserci un punto di rottura.

Dario Meneguzzo

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