L’autorizzazione paesaggistica: quid iuris se il parere è emesso tardivamente?

13 Feb 2025
13 Febbraio 2025

Il TAR Veneto, dopo aver effettuato una pregevole ricostruzione dell’istituto dell’autorizzazione paesaggistica, ha affermato che il parere reso tardivamente rispetto al termine ex art. 146 d.lgs. 42/2004 dalla Soprintendenza (la quale non perde il relativo potere per il decorso del termine assegnatole) è da considerarsi privo dell’efficacia vincolante attribuitagli dalla legge, degradando a parere obbligatorio non vincolante, che deve essere valutato dall’Amministrazione procedente.

Nel caso di specie, il TAR ha stigmatizzato il fatto che la Soprintendenza abbia impiegato 45 giorni per esaminare gli atti trasmessi dal Comune e inviare il preavviso di diniego e ne abbia speso più del triplo, per l’esattezza 147, per esaminare le controdeduzioni prodotte dai ricorrenti e ribadire le conclusioni cui era pervenuta in precedenza. La Soprintendenza aveva anche fatto sapere al Comune di doversi adoperare perché gli strumenti urbanistici neghino in radice la possibilità di edificare in loco. Il TAR ha ritenuto di precisare che un simile complessivo comportamento dovrebbe essere valutato ai fini della performance del pubblico funzionario e delle sue responsabilità, ai sensi dell’art. 2, co. 9 l. 241/1990.

Post di Alberto Antico – avvocato

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22 replies
  1. Anonimo says:

    Una buona notizia: in Veneto non si applica, almeno su questa parte di revisione:

    La revisione dovrà:
    – prevedere che gli interventi di lieve entità (ex Allegato B al DPR 31/2017) non siano sottoposti a parere della Soprintendenza e competano esclusivamente agli enti locali, previa verifica di conformità con il Piano paesaggistico regionale;

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  2. Anonimo says:

    2. Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della cultura, all’Allegato A al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31.
    Pertanto, il Ministero, che inizialmente si opponeva, ora si trova nelle condizioni di dover formulare una proposta. In termini politici, si può dire che venga ‘costretto’ a intraprendere un’azione che inizialmente aveva rifiutato.

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  3. Anonimo says:

    art. 1 – ddl 1372
    L’affermazione che la legge mira a “garantire l’efficacia” potrebbe sembrare un po’ demagogica, in quanto la conferenza dei servizi già da tempo cerca di armonizzare la protezione del paesaggio con le esigenze di sviluppo, con risultati che, offrono un solido quadro di protezione e certezza giuridica.

    Tutte queste riforme hanno una matrice comune: avvengono da una forza politica che si presenta come garante, sfruttando la vicinanza ai cittadini(in quanto amministratori, per cui conoscono i problemi veri) e la presunta difesa della Costituzione, ma in realtà il tutto appare come una mossa quantomeno demagogica.

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    • Anonimo says:

      ecco la prova sulla matrice comune:

      Una proposta di legge analoga a quella presentata in Senato è stata presentata alla Camera dal deputato leghista Gianangelo Bof, autore dell’emendamento al DL Cultura. Si tratta del ddl 2230 ‘Modifiche al codice dei beni culturali e del paesaggio e delega al Governo per il riordino delle procedure di autorizzazione paesaggistica’ presentato il 6 febbraio 2025.

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      • Anonimo says:

        *Per il deputato della lega(il Comune dove è Sindaco Lui è di 4.000 abitanti circa):
        Presentato al Senato e attualmente in fase di esame presso l’8a Commissione, il disegno di legge n. 1003 propone una modifica significativa all’articolo 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004), riguardante il vincolo paesaggistico per i comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti.

        La proposta di modifica mira a integrare la disciplina paesaggistica stabilendo che, nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, non tenuti alla redazione dei Piani Pluriennali di Attuazione (PPA), le aree inserite negli strumenti urbanistici siano escluse dal vincolo paesaggistico. La logica sottesa è semplice: queste aree avrebbero già subito una pianificazione territoriale programmata e studiata, rendendo superflua un’ulteriore tutela paesaggistica.

        Il suo comune può rientrare.

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  4. Anonimo says:

    DDL n. 1372 depositato al Senato. Intenzionalmente di fatto avverrà questo:

    Attacco al DPR n. 31/2017, art. 17, c. 2:

    La riforma andrà a colpire questo articolo, in particolare nella parte in cui afferma che le opere non soggette ad autorizzazione paesaggistica non sono sanzionabili.
    Questo implica una modifica sostanziale nella regolamentazione riguardante le opere che non necessitano di autorizzazione, ma che potrebbero presentare difformità rispetto agli strumenti urbanistici o alle normative paesaggistiche.

    Attacco all’art. 32 del DPR n. 380/2001:

    L’articolo 32 riguarda la normativa in materia di abusi edilizi e sanzioni. La riforma attacca questa disposizione, probabilmente per la sua relazione con le nuove modalità di sanatoria e controllo degli interventi edilizi.

    Interventi soggetti a CILA e SCIA:

    Con la riforma, non sarà più necessaria l’autorizzazione paesaggistica per gli interventi soggetti a CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) e SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività).
    L’art. 22, c. 2 bis, che oggi è escluso dalla sanatoria semplificata, verrà attaccato, nonostante l’art. 36 bis lo includa. Questo crea un’interessante tensione normativa che riguarda la compatibilità paesaggistica degli interventi. Immagino ci sarà una estensione di questo istituto oltre ai tre anni.

    Rientro nella parziale difformità e compatibilità paesaggistica:

    La riforma andrà a stabilir che gli interventi del passato, che si rientrano nella categoria della “parziale difformità”, non saranno più soggetti ad accertamento di compatibilità paesaggistica.
    Questo comporta una ridefinizione del controllo paesaggistico, attenuando la rigidezza delle verifiche per interventi già realizzati.

    Modifiche all’art. 36 del DPR n. 380/2001:

    L’articolo 36 del DPR n. 380/2001, che riguarda la regolarizzazione degli abusi edilizi, sarà anch’esso toccato dalla riforma, introducendo modifiche che potrebbero semplificare il processo di sanatoria per determinati interventi.

    In sintesi, la riforma avrebbe appare mirare a semplificare il sistema di autorizzazione paesaggistica( io aggiungo e sanzionatoria), ridefinendo gli interventi che non necessitano di autorizzazione, ma di fatto andrà anche a toccare articoli chiave della normativa esistente, come quelli relativi alla compatibilità paesaggistica e alle sanatorie edilizie.

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    • Anonimo says:

      La SCIA in sanatoria ex art. 37(ora 36bis) del Testo Unico Edilizia non può essere utilizzata per interventi che determinano modifiche della sagoma, incremento della superficie abitabile e alterazione della volumetria complessiva in aree sottoposte a vincolo paesaggistico.

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    • Anonimo says:

      La SCIA in sanatoria ex art. 37(ora 36bis) del Testo Unico Edilizia non può essere utilizzata per interventi che determinano modifiche della sagoma, incremento della superficie abitabile e alterazione della volumetria complessiva in aree sottoposte a vincolo paesaggistico.

      A stabilirlo è stato il TAR Campania con la sentenza del 3 febbraio 2025, n. 895,

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  5. Fiorenza Dal Zotto says:

    A mio avviso, il problema è culturale. E’ giusto che la tutela dei beni culturali e paesaggistici sia affidata a personale/professionisti con competenze specifiche che siano in grado di riconoscerle e valorizzarle. Ma la prima questione da risolvere è di carattere oggettivo: quali sono i beni oggetto di tutela? Oggi abbiamo ambiti sottoposti a parere paesaggistico che sono assolutamente inconferenti! Sarebbe innanzi tutto necessaria una seria ricognizione delle aree tutelate e da tutelare e su quelle, sì, esercitare forme di tutela e di valorizzazione. Secondo problema, di carattere procedimentale, ma con effetti di carattere sostanziale. A mio avviso , sarebbe necessario eliminare quelle norme puramente formali che oggi impongono la distinzione tra procedimenti edilizio/urbanistici e di tutela paesaggistica. Infine, per ritornare a questioni di carattere culturale, la tutela paesaggistica , nelle proprie decisioni, dovrebbe includere e “caricarsi” della più ampia tutela di carattere “ambientale”.

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    • Anonimo says:

      Il passaggio “Oggi abbiamo ambiti sottoposti a parere paesaggistico che sono assolutamente inconferenti!” immagino che significa che, secondo Lei, ci sono situazioni o aree che sono attualmente sottoposte a un parere o autorizzazione paesaggistica, ma che, in realtà, non avrebbero alcuna rilevanza in termini paesaggistici. In altre parole, vengono coinvolti in procedure di valutazione paesaggistica luoghi o interventi che, per la loro natura, posizione o caratteristiche, non dovrebbero richiedere tale tipo di controllo.

      La domanda è:
      E allora, che fine ha fatto il piano paesaggistico della Regione? Si continua a rimandare le riforme, senza concrete azioni, e nel frattempo la responsabilità viene sempre attribuita ad altri. Non possiamo rimanere bloccati in un perpetuo stato di stallo, senza più perdere tempo in colpevoli rinvii.

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    • Vittorio says:

      Convengo totalmente con l’architetto Dal Zotto.
      Si continua a ragionare in termini di “ potere “ sottratto alle soprintendenze. Si continua a ragionare in termini di procedura di approvazione.
      Ribadisco l’attuale legislazione è come per molti altri testi unici ( codice civile, codice penale, codice di procedura civile …. Su quello di procedura penale è meglio stendere un pietoso massetto di calcestruzzo ) di matrice fascista e le sgangherate correzioni non hanno fatto che peggiorare le cose.
      L’art. 9 stabilisce che la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
      Ma la repubblica non è la soprintendenza, ne’ tantomeno il ministero.
      La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.
      Solo che ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni sono scaricati tutti gli oneri ( rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ) mentre le soprintendenze si tengono, stretto, il potere di veto. Spesso malamente esercitato.
      Ricordiamo che l’art. 137 nel definire le commissioni per la imposizione dei vincoli paesaggistici esclude espressamente gli Enti Locali ed i loro Rappresentanti democraticamente eletti includendo invece corporazioni e gruppi autoreferenziali.
      E perché prima della imposizione del vincolo non viene svolta adeguata consultazione pubblica ? E, magari anche la procedura V.A.S. ?
      Ribadisco : è tutta la normativa che va rivista. Tutelare non vuol dire mummificare !

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      • Anonimo says:

        Il titolo II del codice urbani non viene toccato ..per cui avanti tutta

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      • Anonimo says:

        Se la protezione del patrimonio viene vista come un ostacolo o una complicazione burocratica, rischiamo di perdere un equilibrio delicato tra preservazione storica e progresso territoriale.
        Quello che ci si troverebbe di fronte, quindi, sarebbe un approccio miope, dove il patrimonio culturale potrebbe non essere più visto come un valore intrinseco da preservare per le generazioni future, ma come un freno allo sviluppo.
        L’aspetto più preoccupante di tutto questo è che, una volta compromessa la qualità della tutela, risulterebbe difficile tornare indietro. Le scelte di oggi potrebbero, in effetti, alterare irreversibilmente il paesaggio e il patrimonio per sempre.

        Lei sa cosa succede oggi? una pratica bocciata dalla Soprintendenza DICE:

        “Tale intervento, in considerazione del contesto paesaggistico in cui si inserisce, risulta in contrasto con i caratteri connotativi prevalenti su cui si fonda questo particolare brano di paesaggio: il nuovo edificio, così come proposto, produce un’alterazione dello stato dei luoghi tale da incidere in modo negativo sull’equilibrio e sull’armonia dell’ambito tutelato e da condizionarne la percezione, sia in rapporto alle prevalenti caratteristiche tipologiche del tessuto insediativo, sia rispetto alle visioni prospettiche che si possono godere da e verso quelle valenze paesaggistiche che qualificano il contesto circostante di riferimento.
        In particolare, si rileva che il nuovo edificio presenta, nel suo aspetto esteriore, una significativa volumetria e delle facciate segnate da forme, da rivestimenti superficiali, da forometrie e da materiali propri di un Insediamento produttivo, ponendosi, in questo caso, sia in dissonanza e discontinuità percettiva con le vicine abitazioni che si caratterizzano, per materiali, per connotazioni formali e per strutture, conformi a schemi di tipo tradizionale, sia, in una visione panoramica, come elemento di maggiore evidenza e significativa percepibilità anche a distanza. ”

        Oggi, questo parere diventerebbe non vincolante, ma ancora più grave è che venga ripresentato lo stesso progetto a distanza di anni, con un vero e proprio disprezzo delle normative. A questo punto, ci si chiede da che parte stia la politica locale, considerando che, alla fine, il proprietario cerca evidentemente sponda in essa. E gli uffici come gestiranno queste problematiche? Saranno soggetti a pressioni?”

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  6. Anonimo says:

    Complimenti: ecco cosa fanno..Ampliare l allegatoA del dpr 31/2017.., allegato B, non più soggetti ad Autorizzazione, fino al 20% di aumento di volume, niente più autorizzazione

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    • Anonimo says:

      Varianti in c/o a permessi soggetti a scia , di cui all art.22 commi 1, 2 e ora 2bis, sono esclusi da autorizzazione paesaggistica…Cosa cambia: il progetto iniziale non più soggetto a parere vincolante, varianti in c/o esclusi addirittura da autorizzazione paesaggistica.. Per cui anche gli accertamenti di compatibilità non più dovuti.

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  7. Anonimo says:

    Mi sembra evidente che la questione si sia avviata già con il progressivo ridimensionamento del potere delle Soprintendenze. È probabile che tale aspetto diventi oggetto di critica da parte dei detrattori.

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    • Anonimo says:

      Quest SENTENZA DEL TAR sarà immagino inclusa nel Dossier/ nella documentazione durante la fase di discussione del DDL sulle Soprintendenze, in quanto l’emendamento al DL Cultura è stato respinto, e che dovrebbe affidare ai Comuni e non più alle Soprintendenze – riducendone di fatto il potere – l’ultima parola su tutte le altre decisioni urbanistiche e paesaggistiche. Personalmente, considero questa decisione estremamente preoccupante e mi oppongo fermamente, poiché rischia di indebolire la tutela del patrimonio e delle specificità territoriali.

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      • Vittorio says:

        “ La soprintendenza si è arroccata nella sua turris eburnea disattendendo i principi, ormai positivizzati, che improntano i rapporti tra amministrati e pubblica amministrazione. “.
        Ben venga una totale riscrittura della normativa in materia, normativa, ricordiamolo, di matrice fascista ( le leggi 1089/1939 e 1497/1939 a firma Mussolini – Bottai ) che inopinatamente la Repubblica democratica e antifascista nata dalla Resistenza continua ad applicare.

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        • Anonimo says:

          Farei queste osservazioni:
          1)Difesa dei principi di equilibrio tra pubblica amministrazione e amministrati:

          Sebbene sia vero che i rapporti tra amministrati e pubblica amministrazione devono essere regolati in modo da rispettare i principi di giustizia, trasparenza e parità, non si può dimenticare che la tutela del patrimonio paesaggistico è una questione di interesse pubblico che coinvolge il benessere collettivo e non solo quello individuale.
          La Soprintendenza non agisce in modo arbitrario, ma si fonda su un mandato normativo che mira a preservare il patrimonio culturale e paesaggistico, una funzione che va oltre le dinamiche di una singola amministrazione e ha radici più profonde nella protezione del paesaggio come bene comune.

          2) Rispetto delle leggi storiche e della continuità normativa:

          La legislazione del periodo fascista (come la legge 1089/1939 e la 1497/1939) ha effettivamente avuto un’origine in un contesto storico specifico, ma è stata poi modificata e riformata nel tempo per adattarsi ai valori della Repubblica democratica. Nonostante le origini, le leggi sono state continuamente evolute per riflettere i principi della Costituzione italiana, che garantisce la protezione dell’ambiente e del patrimonio culturale.
          In tal senso, la normativa paesaggistica non è un retaggio del passato fascista, ma una normativa che ha subito continue revisioni, integrandosi in un sistema giuridico che si fonda sulla Costituzione repubblicana, inclusi i principi di democrazia, rispetto dei diritti e dell’ambiente.
          La continua applicazione delle leggi originarie non può quindi essere letta come un atto di “resistenza” a principi democratici, ma piuttosto come un adeguamento di una parte del diritto alla tutela del patrimonio a una realtà costituzionale che ha da tempo ridefinito il concetto di tutela come un valore fondante della Repubblica.

          3) Il problema della riscrittura totale della normativa:

          Ben venga una riscrittura della normativa, se questa punta a semplificare e modernizzare i meccanismi di autorizzazione, rendendo il sistema più efficiente e rispondente alle esigenze moderne. Tuttavia, è necessario non perdere di vista l’obiettivo di tutelare l’ambiente e il paesaggio come beni comuni imprescindibili, che sono fondamentali per la qualità della vita collettiva e per la sostenibilità delle future generazioni.
          È importante anche fare attenzione a non semplificare eccessivamente la normativa, per evitare che l’abbattimento di procedure protettive possa indebolire la protezione del paesaggio e dei beni culturali, che sono elementi che costituiscono l’identità storica e culturale di una nazione.

          4) La missione della Soprintendenza e la sua evoluzione:

          Criticare la Soprintendenza per un presunto atteggiamento da “turris eburnea” rischia di semplificare una realtà che è più complessa. La sua funzione, infatti, non è quella di ostacolare lo sviluppo, ma di garantire che lo stesso avvenga in modo che non comprometta i valori paesaggistici e culturali. La pubblica amministrazione deve garantire un equilibrio tra le esigenze di sviluppo e quelle di tutela.
          Le autorità competenti hanno il dovere di bilanciare l’esigenza di tutela con la necessità di favorire l’intervento edilizio, ma il quadro normativo esistente, pur con tutte le sue imperfezioni, ha come obiettivo primario la preservazione dei beni culturali e ambientali.

          In sintesi, fondamentale non perdere di vista l’importanza di garantire una protezione efficace e continua del nostro patrimonio culturale, in modo che l’equilibrio tra sviluppo e tutela venga mantenuto in un quadro normativo conforme ai principi democratici.

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        • Anonimo says:

          Veda dove si nasconde la demagogia, nel dire questo nel testo del PDL……”.dall’altro, semplificare i procedimenti amministrativi per evitare che la pubblica amministrazione diventi un ostacolo allo sviluppo economico e territoriale del Paese”.

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          • Anonimo says:

            La normativa attuale, pur con tutte le sue complessità, prevede già un processo strutturato tramite la conferenza dei servizi, che ha lo scopo di garantire una valutazione integrata delle diverse esigenze (compresa quella paesaggistica) da parte degli enti coinvolti. Questo processo, purtroppo, è spesso visto come una fonte di lentezza e inefficienza, ma in realtà offre un importante momento di confronto che cerca di bilanciare le diverse esigenze, proteggendo il paesaggio e il patrimonio culturale.
            I TEMPI CERTI E LA CETREWEZZA DEL DITTI CI SONO GIA’.
            ART. 1 – ddl 1372
            L’uso di espressioni come “garanzia di efficacia” e “rafforzamento della certezza del diritto” potrebbe sembrare, a un’analisi più critica, una retorica che mira a creare consenso senza affrontare veramente le sfide concrete del settore

        • Anonimo says:

          La normativa attuale, pur con tutte le sue complessità, prevede già un processo strutturato tramite la conferenza dei servizi, che ha lo scopo di garantire una valutazione integrata delle diverse esigenze (compresa quella paesaggistica) da parte degli enti coinvolti. Questo processo, offre un importante momento di confronto che cerca di bilanciare le diverse esigenze, proteggendo il paesaggio e il patrimonio culturale.

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