Destinazione urbanistica e libertà di culto
Il Consiglio di Stato ha affermato che a fronte di una domanda di un’associazione di promozione sociale (APS) volta all’individuazione e concessione da parte del Comune di uno spazio da adibire in modo permanente e duraturo a luogo di culto religioso per la comunità musulmana, deve intendersi affetto da deficit istruttorio e motivazionale il provvedimento di diniego fondato sul rilievo dell’assenza di un’area destinabile a culto, secondo la pianificazione urbanistica, laddove, al contrario, detta area non solo risulti esistente, ma il Comune richieda contraddittoriamente adempimenti che ne presuppongono l’esistenza, evidenziando inoltre che, quando pure detta area fosse disponibile, sarebbe necessaria seguire una procedura ad evidenza pubblica. In questo modo il Comune frappone un illegittimo e insormontabile ostacolo all’esercizio della libertà di culto da parte dell’associazione richiedente con un diniego che, nella sua perentorietà immotivata, blocca qualsiasi prospettiva e iniziativa.
In sede di riesercizio del potere, il Comune dovrà prendere in considerazione l’area in esame, chiarendo se essa sia effettivamente destinabile al culto, e solo dopo avere individuato l’esistenza di detta area o di altra in ipotesi destinabile a culto, secondo la strumentazione urbanistica vigente, dovrà richiedere all’APS il puntuale adempimento delle condizioni necessarie, al fine di verificare la concreta fattibilità della proposta progettuale, valutando, poi, la necessità di procedere ad una indagine di mercato o, in ogni caso, ad una procedura selettiva per l’assegnazione di detta (o altra) area in concessione nel rispetto del principio di concorrenza e di parità tra le confessioni religiose interessate al godimento dell’area.
Post di Daniele Iselle
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