Acquiescenza al provvedimento amministrativo e diritto al doppio grado di giudizio
Il Consiglio di Stato ha affermato che ricorre il vizio di nullità della sentenza, che impone il rinvio della causa al primo giudice, anche nel caso di motivazione apparente, ossia di motivazione tautologica, superficiale o riferibile a fatti o a circostanze non pertinenti, specialmente quando la pronuncia abbia dichiarato il ricorso inammissibile o improcedibile in base a un errore palese, così omettendo integralmente l’esame del merito della causa.
Nel caso di specie, il TAR Salerno ricavava apoditticamente l’acquiescenza dalla sola esecuzione del comando della P.A. (si trattava di un’ordinanza di contenimento di emissioni sonore di un opificio), senza svolgere una effettiva indagine sulla volontà della parte di prestare adesione.
Per potersi ritenere che sia intervenuta acquiescenza rispetto ad un provvedimento sfavorevole, si deve essere al cospetto di un comportamento chiaro e assolutamente inequivoco che sia espressione di volontà certa e definitiva incompatibile con il volere di contestare il provvedimento stesso e non già in presenza di condotte legate solo ad una logica soggettiva di difesa volta alla riduzione del pregiudizio, le quali non escludono l’eventuale coesistente intenzione di reagire in via diretta avverso il provvedimento futuro eventualmente sopravvenuto. L’inviolabilità del diritto di difesa contro gli atti della P.A. impone di negare portata acquiescente alla semplice esecuzione di un provvedimento ablatorio a effetti obbligatori.
Post di Alberto Antico – avvocato
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