Il Consiglio di Stato rimette all’Adunanza Plenaria il metodo di calcolo della cd. fiscalizzazione dell’abuso
Il Consiglio di Stato, con precipuo riferimento alle ipotesi di ristrutturazione abusiva, ex art. 33 del d.P.R. n. 38072001, rimette all’Adunanza Plenarie alcune interessanti questioni in materia di cd. fiscalizzazione dell’abuso.
Il Collegio si chiede se l’applicazione dei valori previsti dalla l. n. 392/1978 (cd. legge sull’equo canone) debba essere ancora al momento di realizzazione dell’opera, a quello della denuncia dell’abuso o a quello in il Comune scopre la difformità e, soprattutto, se tale valore debba essere attualizzato alla data di realizzazione dell’abuso o al momento di pagamento della relativa sanzione.
In attesa del pronunciamento, si auspica che l’Ad.Pl. possa fornire alcuni chiari criteri interpretativi anche nelle differenti ipotesi previste dall’art. 34 del d.P.R. n. 380/2001 relativo alle parziali difformità oggetto di cd. fiscalizzazione.
Sul punto, mi sia consentita una considerazione.
Nell’ordinanza di rimessione il Consiglio di Stato ricorda, in via incidentale, che, secondo la più recente giurisprudenza (cfr. sentenza CdS n. 3671/2023), la cd. fiscalizzazione sulle parziali difformità dovrebbe sempre essere applicata dai Comuni ai sensi del d.m. 18.12.1998, ovvero in base all’ultimo decreto emesso in esecuzione dell’art. 22 l. n. 392/1978, a prescindere dalla data di materiale esecuzione dell’abuso, ovvero se antecedente o meno al 31.12.1975.
E ancora, il Consiglio di Stato ritiene che tale valore andrebbe sempre attualizzato alla data di irrogazione della sanzione.
La spiegazione di ciò sarebbe quella di impedire, per il privato, di lucrare, a danno della collettività, del mero decorso del tempo, corrispondendo una somma esigua: “si perverrebbe alla paradossale e non accettabile conclusione di consentire a colui che ha commesso l’abuso di lucrare effetti vantaggiosi dall’inerzia dell’Amministrazione nel perseguire l’abuso stesso”.
Personalmente, nutro dubbi sulla correttezza di tale ragionamento, come evidenziato dal TAR Torino n. 598/2022, oggetto del gravame suddetto.
Spesso e volentieri, infatti, gli attuali proprietari degli immobili abusivi che non possono essere sanati, ma che devono essere fiscalizzati, ex art. 34 del d.P.R. n. 380/2001, sono assolutamente incolpevoli dinanzi a difformità edilizie, a volte anche lievi, commesse dai precedenti venditori e/o da parenti ormai defunti e/o da terzi soggetti.
Se così è, l'esigenze di giustizia sociale perseguita dal Consiglio di Stato nella summenzionata decisione non avrebbe dovuto portare, forse, ad una conclusione differente?
Al Massimo Organo della Giustizia Amministrativa l’ardua sentenza.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
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Premesso che l’art.34 ha una sola ipotesi di fiscalizzazione, solo se non si possa demolire- Poi non si capisce come mai dovrebbe essere diversa la valutazione dell’art. 33 c.2 e 34.c. 2 visto che il Dpr 380/2001 parla sempre in base ai criteri previsti dalla legge 27 luglio 1978, n. 392.
Poi mi pare che con l’ordinanza del Consiglio di Stato che ha rimesso all’Adunanza Plenaria il calcolo della sanzione alternativa, sia stato chiesto anche:
-in mancanza dei decreti ministeriali di determinazione del costo di produzione per la realizzazione degli immobili ex art. 22 della legge 27 luglio 1978, n. 392, ai fini della determinazione della giusta sanzione pecuniaria possa procedersi all’attualizzazione, secondo gli indici ISTAT, al momento di irrogazione della sanzione pecuniaria dei valori risultanti dagli ultimi decreti ministeriali (30 gennaio 1997 e 18 dicembre 1998) ovvero se ancora l’attualizzazione possa essere quanto meno limitata al momento della scoperta dell’abuso o della sua denunzia (istanza di condono).
Buongiorno,
sia l’art. 33, c. 2 sia l’art. 34, c. 2 del d.P.R. n. 380/2001 richiamano la l. 392/1978. Tuttavia, solo l’art. 33 specifica che il valore della cd. fiscalizzazione deve essere commisurato “all’ultimo costo di produzione determinato con decreto ministeriale, aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso, sulla base dell’indice ISTAT del costo di costruzione”.
L’art. 34, invece, si limita a prevedere che si applica “una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire”.
Cordiali saluti.
Avv. Matteo Acquasaliente
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