Il garage con le ruote è un abuso edilizio e non una pertinenza non autonomamente utilizzabile

31 Lug 2014
31 Luglio 2014

La sentenza del Consiglio di Stato n. 3952 del 2014 ha dato ragione al Comune di Piove di Sacco in merito alla demolizione di un garage con le ruote, in quanto opera abusiva e non una pertinenza non autonomamente utilizzabile. In precedenza, invece, il TAR Veneto, con al sentenza n. 696 del 2003, aveva dato ragione al resistente, mentre la Procura aveva ordinato la demolizione del garage.

Dice il Consiglio di Stato: "8.- Va osservato preliminarmente che con la impugnata sentenza il T.A.R. ha accolto il ricorso dei signori Adriano Benettello e Maria Boaretto contro l’ordine di demolizione del manufatto di circa mq. 33 realizzato, in assenza di concessione edilizia, sulla loro proprietà, ad uso garage con struttura in lamiera e montato su ruote non portanti, nell’assunto che, pur essendo condivisibili le considerazioni del Comune sulla natura non precaria del manufatto, tuttavia, rilevate le sue dimensioni in rapporto a quelle dell’edificio principale, esso era inquadrabile come opera pertinenziale ex art. 76 della l.r. del Veneto n. 61 del 1985 (avendo una cubatura non superiore ad un terzo di quelle dell’edificio principale), limitrofo all’opera principale e destinato durevolmente al
suo servizio, quindi soggetto non a concessione edilizia, ma a regime autorizzatorio, con diverso regime sanzionatorio.

9.- Al riguardo, con il secondo motivo di appello, il Comune ha dedotto che il garage in questione, costruito in violazione delle distanze dai confini, non può essere considerato, contrariamente a quanto dedotto dagli originari ricorrenti, come pertinenza non autonomamente realizzabile e quindi, ai sensi dell’art. 76, punto 1, lettera a) della l.r. del Veneto n. 61 del 1985, sarebbe soggetta solo ad autorizzazione e sanzionabile ex art. 94 della stessa legge.

Infatti, posto che ha natura di pertinenza, soggetta ad autorizzazione edilizia ex art. 7 della l. n. 94/1982, l’opera che, pur conservando una propria individualità ed autonomia, è posta in durevole e funzionale rapporto di subordinazione con altra preesistente, per rendere più agevole l’uso o aumentarne il decoro, il manufatto di cui trattasi non si potrebbe considerare tale e sarebbe, invece, soggetto ratione temporis al regime delle concessioni edilizie, perché di nuova costruzione ed inserito in un contesto residenziale già definito, destinato a rimessa per auto e suscettibile di autonomi atti di disposizione, nonché valutabile autonomamente in termini di cubatura, non precario e con autonomo valore di mercato.

10.- Va rilevato in proposito che l’art. 7, comma 2, lettera a), del d.l. n. 9 del 1982, conv. in l. n. 94 del 1982, all’epoca vigente,
stabiliva che erano “soggette ad autorizzazione gratuita, purché conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti, e non
sottoposte ai vincoli previsti dalle leggi 1° giugno 1939, n. 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497: a) le opere costituenti pertinenze od impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti…”.

A sua volta l’art. 76, comma 1, lettera a), della l.r. Veneto n. 61 del 1985 stabiliva che “L'esecuzione degli interventi di trasformazione
urbanistica e/o edilizia degli immobili è soggetta al rilascio di: 1)  un' autorizzazione gratuita per: a) le opere, costituenti pertinenze non autonomamente utilizzabili o impianti tecnologici per edifici già esistenti, la cui cubatura non superi comunque un terzo di quella
dell'edificio principale…”. 

E stata quindi introdotta dalla legge regionale un ulteriore presupposto per la qualificazione di un manufatto come pertinenza, atteso che esso, oltre che non essere autonomamente utilizzabile ovvero costituire un impianto tecnologico al servizio di manufatti già realizzati, comunque non può essere considerato tale nell’ipotesi in cui la sua cubatura superi di un terzo quella dell’edificio principale.

La tesi fatta propria dal T.A.R., secondo il quale l’opera in questione andrebbe considerabile come pertinenza in quanto aveva una cubatura non superiore ad un terzo di quella dell’edificio principale, era limitrofa all’opera principale e destinata durevolmente al suo servizio, è ad  avviso del Collegio erronea, come dedotto dal Comune appellante.

Il criterio del mancato superamento di un terzo della volumetria  rispetto a quella dell’edificio principale va considerato aggiuntivo
rispetto ai criteri fissati dalla legge statale.

Contrariamente a quanto rilevato dal TAR, nella specie rileva il fatto che il manufatto in questione, per le sue caratteristiche, non presenta le caratteristiche che la giurisprudenza ha precisato per qualificare un manufatto come pertinenza edilizia.

Nella materia edilizia, la nozione di pertinenza ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica.

Si deve infatti trattare di un'opera preordinata ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente
inserita al servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato e dotata di un volume minimo; inoltre la nozione di pertinenza, rilevante ai fini dell'autorizzazione, deve essere interpretata in modo compatibile con i principi della materia, di talché non è, quindi, possibile consentire la realizzazione di opere di rilevante consistenza solo perché destinate, dal proprietario, al servizio ed ornamento del bene principale (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 16 aprile 2014, n. 1953).

La qualifica di pertinenza urbanistica è quindi applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici “et similia”, ma non anche opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano coessenziali alla stessa, tale, cioè, che non ne risulti possibile alcuna diversa utilizzazione economica (Cons. St., Sez. V, 12 febbraio 2013, n. 817; Sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615).

Nel condividere tali orientamenti, il Collegio ritiene di precisare che nell’ordinamento statale vi è il principio generale per il quale - per
ogni nuova volumetria – occorreva ratione temporis il rilascio della concessione edilizia così come ora occorre il rilascio del permesso di costruire (o del titolo avente efficacia equivalente), quando di tratti di una ‘nuova costruzione’.

Manca la natura pertinenziale – ai fini edilizi – quando sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio.

A tali fini, la natura pertinenziale è ravvisabile solo quando si tratti di opere che:

- non comportino un nuovo volume, come una tettoia o un porticato aperto da tre lati;

- comportino un nuovo e modesto volume ‘tecnico’ (così come definito ai fini urbanistici, fermo restando che anche i volumi tecnici, per la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio, mantengono rilievo ai fini paesaggistici, dovendosi essi considerare ai fini dell’applicazione del divieto di rilascio di autorizzazioni in sanatoria, ai sensi dell’art. 167, comma 4, del Codice n. 42 del 2004: cfr. Sez. VI, 26 marzo 2013, n. 1671; Sez. VI, 20 giugno 2012, n. 3578);

- siano in ogni caso sfornite di un ‘autonomo valore di mercato’ e non comportino alcun consumo di suolo o carico urbanistico (Cons. Stato, Sez. V, 16 aprile 2014, n. 1953; Cons. St., Sez. V, 31 dicembre 2008, n. 6756; Sez. V, 13 giugno 2006, n. 3490).

In conclusione può ritenersi che non costituisca pertinenza un garage, comportante nuova volumetria, costruito a ridosso di una abitazione, qualsiasi siano le sue modalità di realizzazione.."

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza CDS 3952 del 2014

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