Equo compenso e Pubbliche Amministrazioni
L’art. 13-bis l. n. 247/2012 (l. prof. forense), introdotto dal d.l. n. 148/2017, convertito con l. n. 172/2017, ha stabilito al proprio co. 2 che “si considera equo il compenso determinato nelle convenzioni di cui al comma 1 quando risulta proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale, e conforme ai parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi dell'articolo 13, comma 6”. La stessa l. n. 172/2017 ha poi esteso tale concetto (e i requisiti previsti nell’articolo 13-bis citato) a tutte le categorie di professionisti esercenti lavoro autonomo, anche iscritti a ordini e collegi (art. 19-quaterdecies).
Ne consegue che i committenti, nel determinare il compenso spettante ai professionisti della cui opera si servono, non possono prevedere un compenso che risulti effettivamente sproporzionato all’opera prestata.
Tra tali committenti vincolati al rispetto del principio dell’equo compenso sono state incluse anche le Pubbliche Amministrazioni; ma il comportamento della P.A. non sempre sembra rispettare le norme. E, da parte sua, la giurisprudenza in materia risulta parecchio oscillante.
Post di Alessandra Piola – dottoressa in Giurisprudenza
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