I terzi possono contestare DIA e SCIA “esclusivamente” nel modo previsto dall’art. 19, comma 6 ter, della l. 241/90

24 Gen 2013
24 Gennaio 2013

La sentenza del TAR Veneto n. 12 del 2013 contiene un interessante esame dei rimedi spettanti aim terzi che intendono contestare una DIA o una SCIA.

Scrive il TAR: "Ritiene il Collegio che nella specie debba trovare applicazione ratione temporis, in considerazione dell’epoca in cui i ricorrenti hanno presentato il ricorso (escludendosi così la riferibilità temporale al momento in cui la d.i.a. si è perfezionata), quale norma di contenuto processuale, la nuova disciplina di cui all’art. 19, comma 6 ter della l. 241/90.
Orbene, per effetto della disciplina così introdotta è stata definitivamente chiarita la natura della dichiarazione di inizio attività e con essa la disciplina del rimedio assegnato al terzo per la tutela della propria posizione nei confronti degli interventi eseguiti in conseguenza della d.i.a.: è stato quindi previsto che "la segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'Amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l'azione di cui all'art. 31 commi 1, 2 e 3 D.L.vo 2 luglio 2010 n. 104".
L'utilizzo dell'avverbio "esclusivamente" ha escluso ogni dubbio circa la tipologia di azione esperibile.
Non è quindi accoglibile la ricostruzione di parte ricorrente, così come prospettata quale petitum principale, nel momento in cui si impugna il silenzio negativo (come se si fosse in presenza di un provvedimento tacito) e, nel contempo, propone un'azione di condanna (c.d. di adempimento) dell'Amministrazione all'esercizio del potere inibitorio.
La modifica legislativa sopra ricordata si è quindi discostata, almeno in parte, dall'impostazione dell'Ad. plen. n. 15 del 2011 e, ciò, nella parte in cui l'eventuale silenzio della stessa Amministrazione non può più configurare un'ipotesi di provvedimento tacito di diniego dell'adozione del provvedimento restrittivo.
Ne consegue che il soggetto, terzo ed eventualmente leso, non può impugnare un provvedimento che in realtà non è mai venuto materialmente in esistenza, essendo, com'è tutt'ora, obbligato a presentare un'apposita istanza finalizzata a sollecitare l'Amministrazione affinché questa stessa svolga un'ulteriore fase procedimentale e istruttoria.
Il controinteressato potrà quindi validamente attivare il proponimento di un'istanza di provvedere e di un successivo, ed eventuale, ricorso avverso l'inerzia amministrativa e, ciò, ai sensi di quanto previsto dall'art. 31 Cod. proc. amm.
L’art. 19, comma 6-ter, consente pertanto al terzo che si reputa leso dalla presentazione della DIA/SCIA una sola modalità di tutela (a tale proposito la parola <<esclusivamente>> è stata introdotta in sede di conversione del decreto
legge), vale a dire la sollecitazione all’esercizio delle verifiche spettanti all’Amministrazione e, in caso di inerzia di quest’ultima, la proposizione dell’azione prevista dall’art. 31 del D.Lgs. 104/2010, cioé l’azione contro il silenzio della Pubblica Amministrazione.
Ne consegue che, affinchè possa configurarsi il silenzio dell’amministrazione, suscettibile di dare avvio all’azione disciplinata dall’art. 31 c. p.a., il terzo deve aver “sollecitato” l’amministrazione ad esercitare i poteri di verifica ed eventualmente interdittivi.
Tale sollecitazione deve a sua volta risultare idonea a porre in capo alla P.A. l’obbligo di esercitare i propri poteri di verifica e correlativamente a configurare, in caso di inerzia della P.A. stessa, un silenzio inadempimento, giuridicamente rilevante, censurabile davanti al giudice amministrativo con l’azione di cui all’art. 31 del D.Lgs. 104/2010.
A questo punto, prima di valutare l’idoneità della comunicazione presentata dai ricorrenti al fine di sollecitare il Comune ad intervenire in ordine ai lavori intrapresi dalla controinteressata, il Collegio deve esaminare l’eccezione di illegittimità costituzionale formulata dalla difesa istante con riguardo alla disciplina contenuta nell’art. 19, comma ter, eccezione che tuttavia non ritiene fondata, non rilevandosi i profili di contrasto con i principi contenuti nella Carta costituzionale ed in particolare con quelli di garanzia della difesa processuale delle parti.
Invero, va al riguardo osservato come da un lato, la nuova disciplina abbia inteso assicurare ai soggetti che effettuano la dichiarazione di inizio attività, nell’ottica della semplificazione amministrativa, una garanzia di affidamento, per cui, una volta decorsi i termini di legge dal momento della presentazione della d.i.a., la posizione del dichiarante si consolida, dando luogo alla legittimità dell’intervento denunciato in assenza dell’esercizio da parte dell’amministrazione del tempestivo
esercizio dei poteri interdittivi (salvo in ogni caso, entro le ipotesi previste normativamente, l’esercizio dei poteri di autotutela).
Nella composizione degli opposti interessi e con particolare riguardo alla posizione del terzo controinteressato, che si assume leso dall’esecuzione dell’intervento effettuato a seguito della d.i.a., non è ravvisabile una compromissione dei diritti di difesa, in quanto comunque è consentito al terzo l’avvio del procedimento per sollecitare l’intervento verificatorio da parte dell’amministrazione ed eventualmente repressivo, benché mediante il solo strumento del silenzio.
Non appare quindi pregiudicata in modo sostanziale e in termini di contrasto con i principi costituzionali la posizione del terzo, da cui l’infondatezza dell’eccezione pregiudiziale sollevata dalla difesa istante.
Passando quindi ad esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dalla difesa resistente, in considerazione dell’inidoneità delle comunicazioni effettuate dai ricorrenti a sollecitare l’esercizio dei poteri di verificazione della natura degli interventi in corso di esecuzione per effetto della d.i.a. presentata dalla controinteressata ed eventualmente dei poteri repressivi degli abusi accertati, ritiene il Collegio che l’eccezione sia infondata e quindi il ricorso sia da considerarsi ammissibile.
Invero, dal tenore delle due comunicazioni, effettuate rispettivamente in data 18 e 22 novembre 2011, se è possibile ritenere che in occasione della prima, gli interessati abbiano in principal modo interso richiedere all’amministrazione l’espletamento di un sopralluogo, al fine di verificare la conformità delle opere alla dichiarazione n. 299/11 (con riguardo al rispetto della distanza delle scala dai confini e la larghezza della scala stessa), appare invece inequivocabile la volontà di sollecitare l’esercizio dei poteri di verifica ed eventuale interdizione dei lavori in corso di esecuzione come emergente dalla comunicazione risalente al 22 novembre, ove è stata fatta espressa richiesta di interruzione dei lavori, rilevando l’incidenza delle opere su parti condominali e che gli interventi erano stati avviati senza il necessario consenso dei condòmini.
Il tenore di tale comunicazione appare quindi esplicito e quindi idoneo a costituire la sollecitazione di cui all’art. 19 comma 6-ter citato".

sentenza tar Veneto 12 del 2013

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