Il diritto d’accesso ai documenti amministrativi dal punto di vista processuale e sostanziale
Il T.A.R. Veneto, sez. III, con la sentenza del 18 marzo 2013, n. 390 si occupa del rito in materia di accesso ai documenti amministrativi, disciplinato dall’art. 116 c.p.a. secondo cui: “1. Contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi il ricorso è proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione all'amministrazione e ad almeno un controinteressato. Si applica l'articolo 49. Il termine per la proposizione di ricorsi incidentali o motivi aggiunti è di trenta giorni.
2. In pendenza di un giudizio cui la richiesta di accesso è connessa, il ricorso di cui al comma 1 può essere proposto con istanza depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso principale, previa notificazione all'amministrazione e agli eventuali controinteressati. L'istanza è decisa con ordinanza separatamente dal giudizio principale, ovvero con la sentenza che definisce il giudizio.
3. L'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente a ciò autorizzato.
4. Il giudice decide con sentenza in forma semplificata; sussistendone i presupposti, ordina l'esibizione dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni, dettando, ove occorra, le relative modalità.
5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai giudizi di impugnazione”.
Chiarito che: “il giudizio in materia di accesso è strutturato come un giudizio di accertamento, nel quale il giudice è chiamato in via diretta a verificare la fondatezza della pretesa prescindendo dal contenuto del diniego, il che impone al giudicante di verificare direttamente se sussistano o meno i presupposti di legge per ordinare l’esibizione degli atti richiesti (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 14 settembre 2010 n. 6696)”, il Collegio precisa che: “il legislatore ha innestato tale giudizio nell’ambito di un rito di tipo prettamente impugnatorio, come si evince dalla previsione di un termine di decadenza di trenta giorni dalla conoscenza della determinazione da impugnare (cfr. art. 116, comma 1. cod. proc. amm., e l’art. 25, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241) e ciò giustifica che, a fronte di un diniego espresso, il ricorrente abbia interesse ad ottenere, mediante l’annullamento del diniego, l’accertamento dell’infondatezza delle motivazioni addotte espressamente dall’Amministrazione, funzionalmente finalizzato all’accertamento della fondatezza della pretesa”.
Nella medesima sentenza, premesso che “la qualifica di controinteressato non spetta a chiunque sia, a qualsiasi titolo, nominato o comunque coinvolto nei documenti oggetto dell'istanza, ma solo a coloro che, per effetto del suo accoglimento, vedrebbero pregiudicato il proprio diritto alla riservatezza”, il Collegio ritiene che “deve considerarsi frutto di una lettura distorta delle norme sull’accesso un diniego formulato con riferimento alla circostanza che il controinteressato ha manifestato la propria opposizione, come se la definizione della possibilità di accedere agli atti fosse rimessa alla sua disponibilità, quando ormai è un principio pacifico che il diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui all'art. 22, legge 7 agosto 1990, n. 241, trova applicazione in ogni tipologia di attività della pubblica amministrazione e, essendo posto a garanzia della trasparenza ed imparzialità, può essere escluso soltanto nei casi previsti dalla legge.
L’amministrazione pertanto non può sottrarsi dall’accertare essa stessa, direttamente, se vi sia o meno in capo a tale soggetto la titolarità di un diritto alla riservatezza sui dati racchiusi nello stesso documento, dato che in materia di accesso la veste di controinteressato è una proiezione del valore della riservatezza, e non già della mera oggettiva riferibilità di un dato alla sfera di un certo soggetto (cfr. Tar Trentino Alto Adige, Bolzano, sez. I, 8 febbraio 2012, n. 47; Consiglio di Stato, Sez. V, 27 maggio 2011, n. 3190)”.
Infine, fermo restando che le disposizioni in materia di accesso ai documenti amministrativi non si applicano agli atti riguardanti i procedimenti tributari, ex artt. 13, c. 2 e 24, c. 1, lett. b), l. 241/1990, il T.A.R. Veneto precisa che tale esclusione concerne solamente gli atti tributari preparatori e/o endoprocedimentali, in quanto: “La previsione normativa di esclusione dall'accesso riguarda infatti gli atti preparatori del provvedimento finale, inerenti al potere di verifica fiscale che è strumentale all'accertamento tributario, con la conseguenza che il diritto di accesso deve essere riconosciuto qualora l'Amministrazione abbia concluso il procedimento con l'emanazione del provvedimento finale”.
dott. Matteo Acquasaliente
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