Il ricorso per motivi aggiunti ammette le censure per relationem
Il T.A.R. Veneto, sez. I, con la sentenza del 14 marzo 2013 n. 377, si occupa della c.d. autosufficienza del processo amministrativo: la parte resistente deduce la “violazione “del principio dell’autosufficienza del processo amministrativo (ricavabile dall’art. 6, n. 3 del r.d. n. 642 del 1907 e, ora, dall’art. 40, comma 1 lettera c) del decreto legislativo n. 104 del 2010)”, essendosi limitato l’atto d’impugnazione per motivi aggiunti a richiamare e confermare, in via derivata e per relationem, le censure formulate con il ricorso principale”.
Tale censura permette al T.A.R. Veneto di soffermarsi sulla natura del ricorso per motivi aggiunti chiarendo che: “ai fini dell’ammissibilità dell’atto di proposizione di nuovi motivi di gravame, è necessario verificare se vi sia connessione tra l’atto successivamente impugnato e l’oggetto del ricorso originario (cfr., TAR Campania, Napoli, sez. VI, 2.01.2013, n. 16).
Nel caso di specie non vi è dubbio che il provvedimento gravato con i motivi aggiunti sia connesso con gli atti impugnati con il ricorso introduttivo, trattandosi di una deliberazione con cui l’intimata Amministrazione ha parzialmente modificato, sempre in senso non satisfattivo per il ricorrente, la precedente graduatoria di merito.
Né sussiste la lamentata censura di genericità, atteso che nella fattispecie in esame i motivi aggiunti contengono censure d’illegittimità derivata, suscettibili, come tali, di essere articolate per relationem al ricorso originario (Cons. St., sez. VI, 19.01.2010, n. 178)”.
dott. Matteo Acquasaliente
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