Il proprietario dell’immobile che non impedisce a un terzo la commissione dell’abuso edilizio risponde penalmente dell’abuso

20 Set 2012
20 Settembre 2012

Lo dice la sentenza n. 33540 del 2012 della Corte di Cassazione penale.

La Corte ravvisa il fondamento della responsabilità nell'art. 40 del codice penale, il quale stabilisce che: "non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo". Secondo la Corte tale articolo deve essere interpretato in termini solidaristici, alla luce dell'art. 41, comma 2, Cost, sicché è da ritenere che il proprietario non possa utilizzare la cosa propria ne' consentire che altri la utilizzi in modo che ne derivi danno ai consociati ed abbia, quindi, l'obbligo giuridico di non consentire che l'evento dannoso o pericoloso si realizzi.. " (Sez 3 n. 12163, 12/7/1999 rv. 215078).

Scrive la Corte di Cassazione: "In questo senso la sentenza sembra richiamare l'indirizzo inizialmente (ed a lungo) sostenuto dalla Corte secondo cui in tema di reati edilizi, non può essere attribuito ad un soggetto, per il mero fatto di essere proprietario dell'area, un dovere di controllo, dalla cui violazione derivi una responsabilità penale per costruzione abusiva, prescindendo dalla concreta situazione in cui venne svolta l'attività incriminata, cioè senza identificare, in relazione alla specifica situazione di fatto, il comportamento positivo o negativo posto in essere dal soggetto medesimo che possa essere assunto ad elemento integrativo della colpa. In relazione a tale orientamento coerentemente si è ritenuto che il proprietario risponde dei relativi reati non in quanto tale, ma solo se abbia la disponibilità dell'immobile ed abbia dato incarico dei lavori o li abbia eseguiti personalmente; mentre se l'incarico sia stato dato da altro proprietario o da altro detentore, non può essere ritenuto responsabile dell'abuso, anche se abbia espresso adesione alla realizzazione dell'opera." (Sez. Ili n. 859 del 7/9/2000, ric. Cutaia ed altro, rv. 216945). Tale indirizzo è stato, tuttavia, successivamente rivisitato. Si è puntualizzato, infatti, che nel caso in cui il proprietario sia consapevole che sul suo terreno sia eseguita da un terzo una costruzione abusiva e, potendo intervenire, deliberatamente se ne astenga, pone in essere una condotta omissiva che condiziona, rendendola possibile, la realizzazione della predetta opera abusiva che è, quindi, conseguenza diretta anche della sua omissione della quale egli deve essere ritenuto responsabile ai sensi del principio generale di causalità di cui al primo comma dell'art. 40 cod. pen.. Si è aggiunto poi che anche il secondo comma del succitato art. 40 cod. pen., per il quale "non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo", deve essere interpretato in termini solidaristici, alla luce dell'art. 41, comma 2, Cost, sicché è da ritenere che il proprietario non possa utilizzare la cosa propria ne' consentire che altri la utilizzi in modo che ne derivi danno ai consociati ed abbia, quindi, l'obbligo giuridico di non consentire che l'evento dannoso o pericoloso si realizzi.. " (Sez 3 n. 12163, 12/7/1999 rv. 215078).

Anche nella successiva evoluzione giurisprudenziale si continua ad insistere sulla ravvisabilità del concorso del proprietario non committente nel caso in cui costui abbia piena consapevolezza dell'esecuzione delle opere da parte del coimputato o abbia prestato consenso, seppure implicito o tacito, all'attività edilizia posta in essere (Sez. 3, n. 44160 del 01/10/2003 Rv. 226589); e talora viene riaffermata per il proprietario l'esistenza dell'obbligo giuridico di non consentire che con l'utilizzo della cosa propria si realizzi l'evento dannoso o pericoloso, affermando il concorso morale nel reato consumato dall'autore della edificazione abusiva, in capo al proprietario che potendo intervenire se ne astenga deliberatamente, (Sez. 3, n. 43232 del 12/11/2002 Rv. 222969; ecc) .

Non è sufficiente, dunque, sulla base di tali pronunciamenti, per escludere il concorso nel reato, che il proprietario del terreno non abbia commissionato materialmente i lavori ma occorre sostanzialmente qualcosa in più e, cioè, che dagli atti emerga che lo stesso non abbia interesse all'abuso e non sia stato nelle condizioni di impedirne l'esecuzione. Si pone allora il problema di individuare gli elementi indizianti. Al riguardo si è precisato con motivazioni del tutto condivise dal Collegio che gli elementi in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che questi abbia concorso, anche solo moralmente, con il committente o l'esecutore dei lavori, possono essere individuati, nella piena disponibilità giuridica e di fatto del suolo e nell'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione, così come dei rapporti di parentela o affinità tra terzo e proprietario, nellal eventuale presenza di quest'ultimo "in loco", nello svolgimento di attività ó\ì vigilanza dell'esecuzione dei lavori, nella richiesta di provvedimenti abilitativ in sanatoria, nel regime patrimoniale dei coniugi, ovvero in tutte quelle situazioni e comportamenti positivi o negativi dai quali possano trarsi element integrativi della colpa (Sez. 3, n. 26121 del 12/04/2005 Rv. 231954). In altre sentenze, in linea con i rilievi del PM ricorrente, si è effettivamente precisato che può essere attribuita al proprietario non formalmente committente dell'opera abusiva la responsabilità anche in relazione all'accertamento che questi abiti nello stesso territorio comunale ove è stata eretta la costruzione' abusiva, che sia stato individuato sul luogo, che sia il destinatario finale dell'opera (Sez. 3, n. 9536 dei 20/01/2004 Rv. 227403). Appare di conseguenza evidente che l'esclusione della responsabilità del proprietario non committente possa essere ritenuta solo qualora, all'esito del vaglio degli elementi di prova, si possa escludere l'interesse o il consenso di quest'ultimo dell'abuso".

SENTENZA CASSAZIONE

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