La discrezionalità pianificatoria urbanistica è amplissima

27 Ago 2012
27 Agosto 2012

Lo dice il TAR Veneto nella sentenza n. 1101 del 2012, respingendo  tutti i motivi di un ricorso avverso una variante al P.R.G..

Dalla lettura della sentenza emergono tuttta una serie di cose che il comune può fare in sede di variante (della serie "il territorio è mio e me lo gestisco io").

I ricorrenti, nella qualità di proprietari di un’area edificata di mq. 2.845 con sovrastante fabbricato di mc. 1.300 sita nel centro abitato del comune, già classificata dal previgente P.R.G. in Z.T.O. F, hanno impugnato gli atti di adozione e di approvazione della variante generale del P.R.G., nella parte in cui hanno classificato l’area di loro proprietà nella nuova Z.T.O. C 1 20, nella quale sono comprese anche un’area edificata di mq. 1.690 già avente destinazione a zona E, e un’area di mq. 11.400, in precedenza classificata C 2, anch’essa edificata.
A sostegno del ricorso hanno dedotto: 1) la violazione del principio di diritto urbanistico di necessaria suddivisione del territorio comunale in zone territoriali omogenee; 2) l’illogicità, la mancanza di motivazione e la disparità di trattamento, relativamente alla determinazione dell’indice fondiario assegnato alla zona; 3) la mancata determinazione dell’indice territoriale di densità edilizia; 4) la violazione dell’art. 24, comma 2, della L.R. n. 61 del 1985, che stabilisce, per le sottozone di tipo C 1 il limite minino di densità edilizia di 0,50 mc/mq.

Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti contestavano la razionalità della scelta, operata dalla variante impugnata, di accorpare nella zona C 1 20 aree che il previgente P.R.G. classificava in modo diverso l’una dall’altra. Il TAR dice che tale motivo di ricorso è destituito di fondamento: "Va premesso infatti che per consolidata giurisprudenza, le scelte effettuate dall’amministrazione in sede di pianificazione urbanistica sono connotate da un’ampissima discrezionalità e costituiscono apprezzamenti di merito che sono sottratti al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da arbitrarietà, irrazionalità o irragionevolezza, ovvero dal travisamento dei fatti in relazione alle esigenze che si intendono concretamente soddisfare.
Nel caso di specie i motivi per i quali la scelta in questione dovrebbe essere ritenuta da questo Tribunale irrazionale rimangono pressoché oscuri.
Si osserva in ogni caso che alcun vizio di illogicità può trarsi dal fatto stesso che la variante accorpi in una unica zona omogenea aree che il previgente P.R.G. classificava in modo diverso, posto che l’amministrazione, in sede di variante, non è obbligata a rispettare le zonizzazioni del previgente P.R.G., le quali possono essere modificate ed adeguate alle nuove esigenze di pianificazione urbanistica".

Circa l'indice il TAR scrive: "Allo stesso modo non appare viziata da illogicità la scelta, contestata con il secondo motivo di ricorso, di assegnare alla zona in questione C 1 n. 20, un indice fondiario massimo di progetto, pari a 0,55 mc. /mq., inferiore all’indice di densità edilizia esistente. Infatti, trattandosi di zona ricadente nel centro abitato, tale scelta, di consentire, per le nuove costruzioni, la realizzazione di una minor densità edilizia nelle aree ancora edificabili, rispetto alla densità edilizia esistente, oltre che legittima, appare evidentemente giustificata dalla necessità di dare maggiore respiro al centro abitato".

Circa l'eventuale obbligo di motivare la variante, il TAR precisa che: "La parte ricorrente lamenta anche il difetto di motivazione di tale ultima scelta. Al riguardo si osserva che, se è vero che l'Amministrazione, per regola generale, ha la più ampia discrezionalità nell'individuare le scelte ritenute migliori per disciplinare l'uso del proprio territorio (ed anche nel rivedere le proprie precedenti previsioni urbanistiche) e non deve dare motivazione specifica delle singole scelte urbanistiche, è altrettanto pacifico per la giurisprudenza che tale regola generale subisca un'eccezione in alcune situazioni specifiche in cui il principio della tutela dell'affidamento impone che lo strumento urbanistico dia conto del modo in cui è stata effettuata la ponderazione degli interessi pubblici e sono state operate le scelte di pianificazione. Ciò, però, si verifica solo nei casi in cui la modifica progettata vada ad incidere su singole posizioni, connotate da una fondata aspettativa sulla destinazione dell'area, che per tale ragione si differenziano dalle posizioni degli altri soggetti interessati, imponendo all'Amministrazione il dovere di valutare con attenzione l'opportunità di modificare la precedente destinazione urbanistica di un'area e, comunque, di indicare articolatamente le ragioni che hanno portato a una nuova scelta pianificatoria.
Nel caso di specie, però, non ricorre nessuna delle situazioni di affidamento qualificato tale da rendere necessaria una motivazione ulteriore e rafforzata rispetto a quella già presente nella delibera consiliare di adozione della variante e nella relazione tecnica allegata (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 20.4.2010, n. 2034)".

Viene respinta anche il motivo relativo all'indice di densità territoriale: "Con la quarta censura i ricorrenti hanno lamentato la mancata determinazione dell’indice di densità territoriale di cui all’art. 41 quinquies della L. 1150/1942. Anche tale censura è infondata. Va premesso, infatti che, gli indici di densità edilizia sono costituiti dall’indice territoriale (che esprime la densità edilizia della zona omogenea) e dall’indice fondiario, e che, nel caso di specie, solo il secondo risulta espressamente determinato. Tuttavia, l’art. 7 del D.M. n. 1444 del 2 aprile 1968, che costituisce applicazione del disposto dell’art. 41 quinquies prima citato, stabilisce che per le zone C) “i limiti di densità edilizia di zona risulteranno determinati dalla combinata applicazione delle norme di cui agli artt. 3, 4 e 5 e di quelle di cui agli artt. 8 e 9 (dello stesso decreto), nonché dagli indici di densità fondiaria che dovranno essere stabiliti in sede di formazione degli strumenti urbanistici”. Pertanto, la mancata espressa determinazione dell’indice di densità territoriale, nel caso di zone C, non è causa d’invalidità dello strumento urbanistico, potendo detto indice risultare in via derivata dall’indice di densità fondiaria, nel caso di specie, determinato dalla variante impugnata in 0,55 mc/mq". 

Infine, per quanto riguarda la densità edilizia, scrive il TAR: " Con la quarta censura i ricorrenti hanno lamentato la mancata determinazione dell’indice di densità territoriale di cui all’art. 41 quinquies della L. 1150/1942. Anche tale censura è infondata. Va premesso, infatti che, gli indici di densità edilizia sono costituiti dall’indice territoriale (che esprime la densità edilizia della zona omogenea) e dall’indice fondiario, e che, nel caso di specie, solo il secondo risulta espressamente determinato. Tuttavia, l’art. 7 del D.M. n. 1444 del 2 aprile 1968, che costituisce applicazione del disposto dell’art. 41 quinquies prima citato, stabilisce che per le zone C) “i limiti di densità edilizia di zona risulteranno determinati dalla combinata applicazione delle norme di cui agli artt. 3, 4 e 5 e di quelle di cui agli artt. 8 e 9 (dello stesso decreto), nonché dagli indici di densità fondiaria che dovranno essere stabiliti in sede di formazione degli strumenti urbanistici”. Pertanto, la mancata espressa determinazione dell’indice di densità territoriale, nel caso di zone C, non è causa d’invalidità dello strumento urbanistico, potendo detto indice risultare in via derivata dall’indice di densità fondiaria, nel caso di specie, determinato dalla variante impugnata in 0,55 mc/mq" .

sentenza TAR Veneto 1101 del 2012

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