L’Amministrazione comunale ha diversi “poteri di controllo” su DIA/SCIA, a seconda del momento in cui viene proposta l’istanza del privato

08 Mar 2013
8 Marzo 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. II, con la sentenza del 15 febbraio 2013 n. 230, affronta la tematica del silenzio serbato dall’Amministrazione comunale in seguito alla diffida del privato confinante di verificare la legittimità della D.I.A. (ora S.C.I.A.) ottenuta dal vicino.

Nel caso di specie il privato, dopo aver chiesto all’Amministrazione comunale di porre in essere le verifiche previste dall’art. 19, c. 6-ter, l. 241/1990, secondo cui: “La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l'esercizio delle verifiche spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l'azione di cui all'articolo 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”, proponeva ricorso al T.A.R. Veneto ex art. 31 c.p.a., essendo decorsi 30 giorni senza aver ottenuto un provvedimento espresso.

La sentenza de qua si chiude con l’obbligo dell’Amministrazione comunale di istruire ed attivare nuovamente il procedimento e di concluderlo con un provvedimento espresso, soffermandosi però sul momento temporale in cui il privato ha presentato la diffida: solamente qualora avvenga entro il periodo di tempo nel quale l’Amministrazione può ancora esercitare i poteri inibitori sanciti dall’art. 19, c. 1, l. 241/1990, ossia nei 30 giorni decorrenti dalla presentazione della S.C.I.A. (come si ricava dal combinato disposto dell’ art. 19, c. 3 e 6-bis), l’accertamento dell’Amministrazione avrà ad oggetto la verifica ex art. 19, c. 6-ter, l. 241/1990, negli altri casi “solleciterà” solamente l’esercizio del potere di autotutela o sanzionatorio/repressivo, indipendentemente dal momento in cui ha avuto conoscenza della S.C.I.A. o della sua illegittimità.

La medesima sentenza, inoltre, approfondisce la natura della D.I.A. (ora S.C.I.A.) e del connesso procedimento attivato su impulso del vicino avverso il silenzio dell’Amministrazione comunale: “Sul punto va, preliminarmente, ricordato quanto disposto dall’Adunanza Plenaria n.15/2011 (nel risolvere il conflitto sulla natura provvedimentale o meno della d.i.a.) nella parte in cui ha sancito la natura perentoria del termine per l’esercizio del potere inibitorio da parte dell’Amministrazione, rilevando come, anche dopo il decorso di tale spazio temporale, residui all’Amministrazione un potere di autotutela in applicazione dei principi fondamentali sulla legge sul procedimento.

3. Va, altresì, ricordato come il comma 6 ter dell'art. 19 della L. n. 241/1990 (introdotto dall'art. 6, D.L. n. 138/2011) ha, di fatto, determinato il superamento, quanto meno parziale, proprio delle conclusioni cui era giunta l’Adunanza Plenaria n.15/2011 e per quanto attiene il proponimento di un’azione (atipica) di accertamento dell’obbligo di provvedere.

3.1 Detta ultima disciplina legislativa ha, come è noto, previsto che la tutela della posizione giuridica soggettiva del terzo, avverso il deposito di una DIA (ora SCIA) ritenuta lesiva, debba comportare l’esperimento “in via esclusiva”, dell’azione in materia di silenzio e di cui all'art. 31, commi 1, 2 e 3, D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104".

3.2 E’ ancora utile ricordare come questo Tribunale abbia già avuto modo di precisare, in una precedente decisione (Sez. II, 05 marzo 2012, n. 298), che l'azione avverso il silenzio ex art. 31 c.p.a., è ora esperibile anche prima della scadenza del termine assegnato all'Amministrazione per effettuare il controllo sulla s.c.i.a., azione che in tal caso, ha ad oggetto direttamente l'accertamento dei presupposti per l'esercizio dell'attività dichiarata.

4. Da quanto sopra precisato ne consegue che l’applicazione della disciplina ora vigente ha l’effetto di attribuire efficacia dirimente al momento in cui la domanda del terzo viene presentata, mutando le caratteristiche del potere e dei controlli esperibili e, ciò, nel tentativo posto in essere dalla modifica legislativa sopra ricordata, di operare un non facile contemperamento tra l’interesse del privato a non rimanere perennemente esposto alle conseguenze di un ricorso di un soggetto terzo e, ancora, la necessità di consentire un’effettività della tutela della posizione giuridica del terzo presumibilmente leso da un atto di iniziativa privata.

E’ del tutto evidente che, argomentare in modo differente - e non circoscrivere un preciso limite temporale all’esperimento del potere inibitorio – avrebbe l’effetto di legittimare il riesercizio dello stesso potere in qualunque tempo, a seguito di una semplice istanza proposta da un terzo, con l’inevitabile conseguenza di ritenere ammissibile una disciplina in cui la vicenda correlata alla s.c.i.a./dia (e la posizione del dichiarante in particolare) potrebbe rimanere instabile a tempo indefinito e, ciò, quanto meno entro i termini entro i quali è esperibile l'azione avverso il silenzio secondo i principi generali dell’istituto di cui si tratta.

5. Una volta esaurito il periodo di tempo entro il quale l’Amministrazione può esercitare i poteri inibitori, l'istanza del terzo potrà essere diretta a sollecitare l'esercizio del “solo” potere di autotutela e di quello sanzionatorio/repressivo, senza che rilevi il momento in cui l'interessato abbia effettivamente appreso della s.c.i.a. o constatato la lesività dell'attività dichiarata.

Restano inoltre salve, ai sensi dell’art. 21 della legge n. 241/1990, le misure sanzionatorie volte a reprimere le dichiarazioni false o mendaci, nonché le attività svolte in contrasto con la normativa vigente, così come sono impregiudicate le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo previste dalla disciplina di settore (in questo senso di recente si veda anche Consiglio di Stato n. 5751/2012) e le rimanenti ipotesi dirette a prevenire un danno al patrimonio artistico e culturale” ed ancora: “6.1 E’, altresì, del tutto evidente come non sia possibile condividere l’argomentazione di parte resistente che vorrebbe far decorrere il periodo di tempo per l’esercizio del potere inibitorio dall’ acquisizione delle cinque DIA e dall’avvenuto esperimento dell’istanza di accesso agli atti, ciò, in considerazione dei principi di affidamento del privato sopra ricordati.

6.2 Ne consegue come nel caso di specie sia esperibile solo l’esercizio di un potere di autotutela che, in quanto tale, non può prescindere dall’applicazione dei principi regolatori sanciti dalle norme citate, con particolare riguardo alla necessità dell’avvio di un apposito procedimento in contraddittorio, al rispetto del limite del termine ragionevole, e soprattutto, alla necessità di una valutazione comparativa, di natura discrezionale, degli interessi in rilievo (Cons. St., ad. plen., 29 luglio 2011 n. 15).

7. Ne consegue che se il potere di autotutela resta pur sempre un potere in cui sussiste la discrezionalità dell’Amministrazione è, comunque, necessario che il corretto esercizio di detto potere sia preceduto da una previa valutazione delle ragioni di pubblico interesse e, quindi, da un’attività istruttoria diretta a verificare l’istanza del privato, attività istruttoria che deve ritenersi ancora più indispensabile nelle materie sottoposte a DIA o Scia nelle quali la tutela ex art. 31 comma 4 del codice del processo costituisce l’unica forma di tutela possibile.

7.1 Deve, infatti, ritenersi che l’attuale disciplina vigente, nel prevedere il ricorso allo strumento del “silenzio”, abbia di fatto inevitabilmente anticipato la tutela del terzo ad una fase di partecipazione procedimentale, il cui mancato esperimento ha l’effetto di privare il terzo di un’effettiva forma di tutela.

Come hanno evidenziato altre pronunce …”una volta formatosi il titolo edilizio della d.i.a., l'intervento dell'amministrazione può essere giustificato soltanto nell'ambito di un procedimento di secondo grado di annullamento o revoca d'ufficio, ai sensi degli artt. 21 quinquies e 21 nonies l. n. 241 del 1990, previo avviso di avvio di procedimento all'interessato e previa confutazione, ove ne sussistano i presupposti, delle ragioni dallo stesso eventualmente presentate nell'ambito della partecipazione al procedimento (T.A.R. Lazio Latina Sez. I, 13-04-2012, n. 299)”.

dott. Matteo Acquasaliente

sentenza TAR Veneto 230 del 2013

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