Secondo il TAR Brescia il seminterrato ha la vocazione a diventare moschea

06 Giu 2013
6 Giugno 2013

Anche i seminterrati possono avere una loro vocazione, almeno secondo il TAR Brescia. 

La questione nasce in riferimento al divieto di effettuare attività di culto e di preghiera presso un locale seminterrato, emanato da un Comune lombardo  a carico di una associazione culturale islamica.

Il Comune deduceva che il locale, legittimamente adibito a sede dell’associazione ricorrente, sarebbe in fatto utilizzato come sede dedicata di culto islamico (ovvero a moschea), uso per il quale, a differenza che per la sede di una associazione, sarebbe richiesto il permesso di costruire, ai sensi dell’art. 52 comma 3 ter della l.r. Lombardia 12/2005, nella specie mancante.

Secondo il TAR Lombardia, sede Brescia, sentenza n. 522 del 29 maggio 2013, però “il Comune è senz’altro titolare dell’astratto potere di sanzionare l’uso di un locale difforme dalla destinazione, ma che nel caso di specie l’uso difforme non può essere identificato con il mero fatto che nel locale si svolga la preghiera, del venerdì o di altra ricorrenza. Infatti, come risulta dalla giurisprudenza già richiamata e che qui si riproduce –in tal senso C.d.S., sez. IV, 28 gennaio 2011, n°683- e dalla prassi, che pure si torna a citare – in tal senso il parere al Ministero dell’Interno espresso il 27 gennaio 2011 dal Comitato per l’Islam italiano- per ravvisare la presenza di una moschea in senso rilevante per le norme edilizie e urbanistiche sono necessari due requisiti, l’uno intrinseco, dato dalla presenza di determinati arredi e paramenti sacri, l’altro estrinseco, dato dal dover accogliere “tutti coloro che vogliano pacificamente accostarsi alle pratiche cultuali o alle attività in essi svolte” e “consentire la pratica del culto a tutti i fedeli di religione islamica, uomini e donne, di qualsiasi scuola giuridica, derivazione sunnita o sciita, o nazionalità essi siano”(così il parere stesso)”.

Il Collegio continua scrivendo che: “una chiesa consacrata nei termini della religione cattolica, e anche di altri culti, può esistere anche all’interno di una proprietà privata -come nel caso delle cappelle gentilizie, di conventi o di istituti, dove è ben possibile dir regolarmente Messa- ma non assume rilievo urbanistico edilizio sin quando non permetta il libero accesso dei fedeli. Pertanto, l’uso incompatibile potrebbe verificarsi nel caso in cui l’accesso per la libera attività di preghiera fosse non riservato ai membri dell’associazione, ma indiscriminato, perché è in quest’ultimo caso che si verifica l’aumento di carico urbanistico da valutare in sede di rilascio del permesso di costruire, fermo che ciò dovrebbe essere in concreto accertato dall’autorità, attraverso una corretta e completa istruttoria.”

Se da un punto di vista formale il ragionamento del Collegio non incontra ostacoli, nella sostanza però a me sembra che vi sia una differenza essenziale tra le chiese (cattoliche o islamiche) nate come chiese e le moschee sorte come nel caso di specie. Da decenni, le chiese, gli istituti, i conventi citati nella sentenza sorgono, anche, su terreni privati, ma nascono con lo specifico scopo e la destinazione d’uso propria degli istituti di culto

Diversamente, le moschee “improvvisate” di cui al caso di specie, non nascono come luoghi di culto in senso stretto, ma vengono adibite all’interno di luoghi più o meno consoni allo scopo religioso. A volte sono seminterrati di magazzini riadattati a luogo di culto (si ricorda il caso di Legnano ove la Giunta ha ordinato la chiusura del centro anche per motivi di sicurezza, scelta poi appoggiata dal Tar), altre volte sono case private (come nel caso di Giussano ove il Consiglio di Stato ha ritenuto che le attività svolte all’interno di un centro di culto islamico sono equiparabili ad una moschea e per questo necessitano di concessioni e autorizzazioni, permessi che garantiscono di avere i servizi per garantire l’ordine pubblico, come parcheggi per non creare problemi ai residenti della zona).

dott.sa Giada Scuccato

sentenza TAR Brescia 522 del 2013

 

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