Una legge per le crisi da sovraindebitamento dei privati e dei professionisti
La legge 27 gennaio 2012, n. 3, composta da una trentina di articoli e intitolata: “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento” si rivolge ad imprenditori che non siano assoggettati o assoggettabili a procedure concorsuali (non ricorrendo i requisiti dimensionali dell’art. 1 L. F.) ovvero a “consumatori”, vale a dire debitori, persone fisiche, che hanno assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (art. 6, comma 2, lett. b): oltre ai semplici soggetti privati, quindi, la legge n. 3/2012 si applica anche ai professionisti, notai, avvocati, commercialisti, ingegneri, geometri, architetti, etc, per il sovraindebitamento non collegato alla loro attività professionale.
La legge è stata approvata nel mezzo della grave crisi economica dell’ultimo decennio e si proponeva, da un lato, di incidere a favore di quanto fossero rimasti impigliati nelle spire dell’usura e dell’estorsione e, dall’altra, di offrire una possibilità di rilancio a quanti risultavano oppressi dai debiti, così favorendo il loro reinserimento nel circolo produttivo.
Un soggetto indebitato, infatti, risulta problematico non solo per se stesso, ma anche per l’intera collettività, considerando che i creditori difficilmente potranno vedere soddisfatto il loro credito e un effetto domino dagli esiti imprevedibili, ma sicuramente negativi.
Togliere il peso dei debiti significa, invece, liberare risorse, favorendo, a livello globale, una crescita economica a beneficio di tutti, così come avviene già in molti Paesi con economie molto solide nei quali la pratica dell’esdebitazione (cioè la cancellazione del debito) è storicamente presente in maniera massiccia, coinvolgendo decine di migliaia di soggetti ogni anno.
Poste queste necessarie premesse, vediamo ora, in estrema sintesi, quali sono i rimedi che la legge n. 3/2012 offre ai soggetti sopra indicati per affrontare il loro sovraindebitamento, vale a dire un perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente (art. 6, comma 2, lett. a).
Attraverso un percorso guidato con gli Organismi di Composizione delle crisi da Sovraindebitamento, il debitore potrà ricorrere al Tribunale presentando un “accordo”, se imprenditore, o un “piano”, se consumatore, che, previa omologa, gli consenta di offrire ai propri creditori un progetto, sotto qualsiasi forma (anche cessione di crediti futuri), diretto a chiudere le posizioni debitorie, anche, e spesso, solo parzialmente. Nel caso di “accordo”, peraltro, servirà anche l’approvazione da parte dei creditori che rappresentino il 60% dei crediti.
In alternativa alla proposta per la composizione della crisi, il soggetto sovraindebitato potrà offrire anche l’integrale liquidazione dei propri beni che verranno quindi a costituire il paniere su cui poi i vari creditori potranno trovare un parziale soddisfacimento.
Una volta omologato, l’”accordo” o il “piano” verranno eseguiti in conformità agli impegni in essi contenuti e, una volta portata a termine la procedura, il Tribunale si limiterà a dichiararne la chiusura, ammettendo così il debitore al beneficio della liberazione dei debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali e non soddisfatti e purché ricorrano alcune condizioni che potremmo definire di “merito”, individuate all’art. 14 - terdecies della legge: si tratta, in sostanza, di limiti diretti a salvaguardare la posizione dei debitori “virtuosi” rispetto a quanti versino in situazione di sovraindebitamento per colpa o abbiano posto in essere condotte biasimevoli.
Uno degli effetti collaterali più importanti nel percorso di esdebitazione resta, ovviamente, il blocco delle procedure esecutive azionate dai creditori nei confronti del debitore. La misura si rende necessaria al fine di evitare che il patrimonio posto a vantaggio dei creditori possa essere disperso a favore di uno di essi, in danno di tutti gli altri, così da precludere ogni possibilità di avanzare proposte per la composizione della crisi.
Va, inoltre, evidenziato che, nei limiti appena sopra ricordati, il sovraindebitamento potrà essere la conseguenza delle cause più disparate: mutui, garanzie prestate a favore di terzi, malattie (ludopatia), etc. Si comprende, quindi, l’ampia e variegata possibilità di impiego della legge, forse ancora non del tutto esplorata e compresa, tale da indurre qualche commentatore a parlare di legge “anti suicidi”.
Da ultimo, va ricordato che è ormai in dirittura di arrivo al traguardo la riforma integrale del diritto fallimentare, con il superamento dell’attuale sistema normativo delineato dalla ormai vecchia legge n. 267/1942 e sulla base dei risultati del lavoro realizzato negli scorsi anni dalla Commissione Rordorf.
La legge n. 3/2012 offre un anticipo di quelli che saranno i principi guida della nuova disciplina, non più diretta a sanzionare e bandire il fallito, ma, anzi, diretta a recuperarlo e a reintegrarlo nel tessuto economico e sociale, offrendo rimedi tempestivi al fine di limitare il più possibile i danni conseguenti al fallimento.
Post di Vasco Egidio Meneguzzo – avvocato
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