Pianificazione urbanistica comunale e aspettativa dei privati
Nel caso di specie, una società comprava all’asta una palazzina storica di Venezia inserita nel Piano per le dismissioni e la valorizzazione del patrimonio regionale, con l’intenzione di trasformarlo in albergo.
Non si avvedeva però che in quegli stessi giorni, il Comune approvava una variante al P.R.G. in cui si introduceva un divieto di destinazione all’uso ricettivo in quell’area: ne derivava il diniego del PdC richiesto dalla società.
Il TAR Veneto ha ritenuto legittimo l’operato del Comune, in nome dell’ampia discrezionalità di cui gode la pianificazione urbanistica comunale.
Post di Alberto Antico – dottore in giurisprudenza
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Gent.mo Vittorio, certo l’operato del comune potrà anche essere ineccepibile dal punto di vista guridico (ce lo dirà il CdS), ma confermo le mie personali e modestissime perplessità sulla “coerenza” dell’azione amministrativa e sulla presenza di un legittimo affidamento, ma non conosco i fatti e le mie sono semplici considerazioni di buon senso dopo la lettura della sentenza del Tar.
In realtà il T.A.R. Veneto ribadisce l’ampia facoltà del Comune di trasformare in peius una destinazione urbanistica “ in nome delle più ampie scelte di governo del territorio che il Comune intenda perseguire, purché tale sacrificio sia con esse coerenti “.
Si tratta di un orientamento ampiamente maggioritario della giurisprudenza amministrativa che non desta alcuna sorpresa.
Quel che mi pare sospetto – mi si passi il termine – è che il C.d.S. voglia fare un approfondimento sulla materia quando c’è di mezzo un piano di alienazioni e valorizzazioni.
L’articolo 35 comma 3° della L.R. 11/2010 stabilisce in merito che : “ Il piano delle alienazioni e valorizzazioni, qualora riguardi il patrimonio immobiliare di Regione, province ed enti locali e comporti variante allo strumento urbanistico generale, è trasmesso al comune che può adottare la variante allo strumento urbanistico generale. “ .
Quindi il Comune Può e NON DEVE adottare la variante al P.R.C. per assecondare le richieste della Regione o di altri enti territoriali che ne facciano richiesta. E’ fatta perciò salva l’amlissima discrezionalità comunale in materia di gestione del territorio.
L’assenso della Regione, richiesto dall’art. 28 L.R. 11/2004, è necessario se, e quando, il Comune intenda imprimere nuove destinazioni, rispetto a quelle previgenti, ad immobili demaniali o di proprietà di enti regionali. Evidentemente per tutelare da eventuali “ alzate d’ingegno “ del Comune.
Non dimentichiamo che per interventi pubblici la Regione ha facoltà, seguendo diversi moduli procedimentali, di modificare d’imperio la pianificazione comunale.
Quali siano i “ caratteri di complessità e di novità, tali da richiedere la cognizione piena della fase del merito “ rilevati a Palazzo Spada non è dato, a noi umili umani, sapere.
Lo scopriremo solo vivendo ( © Lucio Battisti 1980 ).
Sintesi: compro un bene dal comune con asta a dicembre 2016 e sei mesi dopo il comune adotta una variante che non mi consente di fare ciò che invece mi era stato prospettato in sede di acquisto del bene (immagino che vi fosse una relazione di stima dell’immobile contenente indicazioni precise sulle possibili destinazioni e sugli interventi ammissibili). Mi sembrerebbe contrro ogni logica di buon senso …oltre che naturalmente di legittimo affidamento … Forse ci sfugge qualcosa e la situazione è più complessa come sembra dirci Vittorio ? Così come riportata comunque semprerebbe incredibile !
La faccenda è meno piana di quanto traspaia dalla sentenza del T.A.R. Veneto .
Il 4 giugno 2020 con ordinanza 03227/2020 del registro provvedimenti cautelari il Consiglio di Stato ( sezione quarta ) ha sospeso ha accolto l’istanza cautelare del ricorrente “ ritenuto che la controversia presenta caratteri di complessità e di novità, tali da richiedere la cognizione piena della fase del merito “.
La trattazione è stata rinviata al primo semestre 2021.
Credo sarà opportuno tenere d’occhio la cosa.
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