50 sfumature di… zone bianche

09 Lug 2020
9 Luglio 2020

Una società è proprietaria di un’area fuori dal centro abitato, in fascia di rispetto stradale e sottoposta a successivi vincoli espropriativi poi decaduti per decorso del quinquennio.

Dopo la decadenza, la società presentava al Comune una domanda di PdC per realizzare un parcheggio pubblico con relativi servizi per l’utenza, ma il Comune denegava il PdC.

Il TAR Veneto respingeva il ricorso della società avverso il diniego, motivando che una volta divenuta l’area zona bianca, sarebbero ivi consentiti, ex art. 33, co. 2 l.r. Veneto 33/2004, i soli interventi ammessi per la zona agricola limitatamente alla residenza.

Il Consiglio di Stato, però, ha accolto l’appello della società.

Il Consiglio ha convenuto che nelle zone bianche si dovrebbe applicare l’art. 9 d.P.R. 380/2001, che al comma 1 fa salvi i più restrittivi limiti fissati dalle leggi regionali (come l’art. 33, co. 2 cit. individuato dal TAR).

Tuttavia il Comune, prima di applicare tale regime supplementare, ha l’obbligo di verificare l’idoneità dello strumento pianificatorio generale a permettere il compiuto scrutinio del merito della domanda di titolo edilizio: in questo modo, l’applicazione dei criteri propri delle zone bianche si rivela del tutto residuale e postula il preliminare accertamento dell’insufficienza del regime dell’area stabilito nel P.R.G.

Nel caso di specie, una disposizione delle N.T.O. del P.I. consentiva nelle aree di rispetto stradale la realizzazione di “pertinenze e servizi stradali”.

Post di Alberto Antico - dottore in giurisprudenza

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