Incostituzionale la legge laziale che ammetteva interventi di demo-ricostruzione con cambio d’uso rilevante in deroga al PRG, ma senza imporre il previo PdC in deroga e, quindi, omettendo il vaglio del Consiglio comunale
Una legge laziale concedeva ai Comuni, con apposita delibera consiliare, di prevedere nei propri PRG l’ammissibilità di interventi diretti di ristrutturazione, anche con demo-ricostruzione, di singoli edifici con superficie lorda inferiore a 10.000 mq, con mutamento rilevante della destinazione d’uso (esclusa quella rurale).
Fino all’adozione della delibera consiliare di adeguamento, e comunque non oltre il 19 luglio 2018, la legge del Lazio ammetteva che, previa richiesta di idoneo titolo edilizio, quelle possibilità edificatorie fossero già applicabili agli edifici esistenti legittimi o legittimati, purché non ricadenti nell’ambito di consorzi industriali e di PIP, in zona D.
La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di queste disposizioni fissate per il regime transitorio, poiché consentivano interventi edilizi derogatori rispetto alle previsioni del PRG, senza l’intermediazione del PdC in deroga agli strumenti urbanistici, di cui all’art. 14, co. 1-bis T.U. edilizia e, quindi, in assenza di una deliberazione consiliare di programmazione in variante.
Ciò comportava l’illegittima sottrazione degli interventi di trasformazione edilizia ammessi dalla legge laziale alla essenziale verifica del Consiglio comunale, in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico che giustifichi scelte diverse da quelle previste dal Piano.
Post di Alberto Antico – avvocato
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