L’anima misteriosa del cambio d’uso senza opere
In un appartamento a destinazione residenziale può essere insediato un ufficio, invocando il cambio d'uso senza opere?
L’art. 76, comma 1, punto 2, della L.R. n. 61/1985 stabiliva che il mutamento d’uso senza opere fosse subordinato a una autorizzazione onerosa. La disposizione è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 73 del 1991, con la conseguenza che, per un certo tempo, gli interpreti hanno ritenuto che il mutamento di destinazione d’uso senza opere fosse libero. Si riteneva, infatti, che il diverso utilizzo di un immobile rispetto alla sua destinazione urbanistica fosse semplicemente espressione del diritto di proprietà, privo di rilevanza urbanistica. L’articolo 10, comma 2, del Testo Unico dell’Edilizia stabilisce che: “Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, del’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività. Dopo di questo, la Regione Veneto non ha più disciplinato la materia e progressivamente la giurisprudenza, in mancanza di interventi legislativi, ha vanificato la sentenza della Corte Costituzionale sopra citata, trattando il cambio d'uso senza opere alla stessa stregua di quello con opere, con la conseguenza che non si riesce a capire se sussista oppure no una differenza tra le due figure.
La questione è stata riproposta davanti al TAR Campania di Salerno, che ha respinto il ricorso di un soggetto al quale era stato ordinato di ripristinare l'uso residenziale di un appartamento utilizzato invece come ufficio. L'interessato ha proposto l'appello davanti al Consiglio di Stato, che gli ha dato ragione un po' per caso, ma con una motivazione dalla quale si evince che il cambio d'uso senza opere non è affatto libero, ma che bisogna tenere conto del famigerato carico urbanistico.
Cosa dice il Consiglio di Stato nella sentenza n. 2021 del 2014: "1.1. Il principio tempus regit actum impone di verificare se all'epoca in cui avvenne, la dichiarata variazione d'uso dell'immobile di proprietà dell'appellante, senza alcuna opera materiale, potesse concretare un’ipotesi di variazione essenziale al progetto approvato ai sensi dell’allora vigente articolo 8 (Determinazione delle variazioni essenziali), lettera a), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per aver comportato una variazione agli standard e al carico urbanistico, ai sensi del richiamato articolo 3 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 e se, effettivamente, vi fosse stato mutamento di destinazione tra categorie diverse e cioè da residenziale a terziario. Orbene, posto che il cambio di destinazione è avvenuto nel 1997 e non è stato accompagnato da opere di trasformazioni dell'immobile o di parte di esso, ma è stato di ordine meramente funzionale (su questo non vi è controdeduzione della appellata amministrazione comunale), esso non è, diversamente da quanto sostenuto dal Comune, avvenuto tra categorie diverse. Invero, secondo il Piano regolatore generale vigente nel 1997, l'uso "abitazione" e l’uso "studio professionale" non appartenevano a distinte categorie edilizie. Dalla documentazione esistente agli atti, solo a seguito del sopraggiunto strumento urbanistico comunale pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania, n. 4 del 28 gennaio 2008, l'uso come studio professionale è transitato dalla categoria residenziale a quella distinta di terziario, come del resto precisato dall'art. 2 delle Norme tecniche di attuazione del citato strumento urbanistico. Nel 1997, l'uso professionale dell'appartamento in questione era, quindi, confome alla destinazione urbanistica prevista dal PRG comunale vigente, essendo l'immobile ubicato nella ZTO B "Residenziale".
1.2. La modifica di destinazione d'uso in questione non configura alcuna delle "variazioni essenziali" di cui all'articolo 8 della legge n. 47
del 1985, poiché non realizza alcuna variazione degli standard. Non vi è stata, infatti, alcuna opera edilizia o modifica strutturale
dell'appartamento, circostanza quest'ultima che appare dirimente per stabilire se sussista la variazione essenziale prevista dal citato articolo 8, con la conseguente necessità della concessione edilizia. In sostanza, la differente utilizzazione, di tipo esclusivamente
funzionale, non ha determinato violazioni delle prescrizioni dello strumento urbanistico vigente nel 1997, non avendo dato luogo ad una trasformazione urbanistica, non avendo implicato alcun apprezzabile aggravio di carico urbanistico e non dando così luogo ad alcun fabbisogno di standard urbanistico posto che non si è verificato un cambio di categoria edilizia. Conseguentemente, l'irrogazione della sanzione di cui all'articolo 31 del D.P.R. n. 380 del 2001 non poteva essere adottata".
Dario Meneguzzo - avvocato
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