Lo stato legittimo dopo la cd. riforma Salva casa
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana ha affermato che alla luce dell’art. 9-bis, co. 1-bis, I periodo d.P.R. 380/2001, come novellato dalla cd. riforma Salva casa (d.l. 69/2024, come convertito dalla l. 105/2024), lo stato legittimo dell’immobile può alternativamente ricavarsi dal titolo abilitativo che ha previsto la costruzione (o la regolarizzazione in sanatoria), oppure da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio totale, più tutti i titoli successivi per interventi parziali. Il legislatore della riforma ha sostituito nella norma citata la parola “e” con “o”, che è una congiunzione disgiuntiva, utilizzata per indicare due o più alternative tra le quali si può scegliere.
L’attuale testo dell’art. 9-bis cit., nell’ampliare i mezzi di prova dello “stato legittimo dell’immobile” (da intendersi quale condizione permanente delle preesistenze edilizie) può applicarsi anche alle ordinanze di demolizione adottate prima dell’entrata in vigore della riforma.
Post di Alberto Antico – avvocato
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Molto interessante la sentenza, la parte finale vuole dire che:
Le ordinanze erano spesso “basate su ciò che mancava”
In molti casi, il Comune non trovava un titolo edilizio (perché smarrito, mai trascritto, o perché il Comune stesso non lo aveva più in archivio).
Questo “vuoto documentale” veniva interpretato automaticamente come abuso.
Quindi l’ordinanza di demolizione non partiva da una prova dell’illegittimità, ma da una presunzione:
“Se non c’è traccia del titolo → allora è abuso.”
In pratica : Si reggevano sull’assenza di prove contrarie (che oggi invece possono essere fornite)
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