SCIA in sanatoria: il rebus del silenzio, la necessità di una risposta
In un post del 04.04.2023, segnalavo il dubbio interpretativo sulla qualificazione da darsi al silenzio del Comune di fronte alla SCIA in sanatoria presentata dal privato ai sensi dell’art. 37 d.P.R. 380/2001 (e della voce 41 della tabella allegata al decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222).
In estrema sintesi, parte della giurisprudenza (tra cui il TAR Veneto) lo qualifica come silenzio-diniego, per analogia con l’art. 36 T.U. edilizia; altra parte della giurisprudenza lo considera silenzio-assenso, in virtù della norma generale ex art. 20 l. 241/1990.
Il dott. ing. Mauro Federici, che ringrazio, ha segnalato una sentenza del Consiglio di Stato in cui si adotta una terza via, quella del silenzio-inadempimento, stante la necessità che il procedimento contempli l’intervento del RUP per la quantificazione della somma dovuta.
Il silenzio-inadempimento comporta la necessità di ricorrere al TAR affinchè ordini al Comune di provvedere, in quanto in nessun modo il silenzio-inadempimento può valere come accoglimento della SCIA in sanatoria e l'intervento edilizio rimane abusivo e non sanato.
La questione non è di poco momento, perché condiziona il carattere satisfattivo o no per il privato istante dell’inerzia comunale e, quindi, la necessità o no di proporre un’azione giudiziaria e quale essa debba essere.
Si consiglia vivamente a coloro i quali intendono presentare una SCIA in sanatoria di richiedere ai Comuni una risposta espressa, così da rimuovere l’incertezza giuridica.
Specularmente, si auspica che i Comuni esprimano tale risposta espressa alle SCIA in sanatoria, fosse anche una presa d’atto del provvedimento tacito che ritengano si sia formato, così da semplificare le cose per i cittadini.
Post di Dario Meneguzzo – avvocato
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Avvocato. Se si poteva spiegare meglio la ratio del silenzio-diniego dell art 36… Su che principi si fonda
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