Anche i privati possono partecipare alla conferenza di servizi?

02 Ott 2013
2 Ottobre 2013

L’art. 9 della l. 241/1990 recita: “Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento”.

Tale disposizione è applicabile anche alla conferenza istruttoria e decisoria ex artt. 14 e ss. della l. 241/1990?

Parrebbe proprio di si.

La conferenza di servizi, soprattutto se istruttoria, non è ex se incompatibile con i principi generali dettati dagli artt. 9 e 10 della l. 241/1990 in materia di partecipazione procedimentale: nello specifico, infatti, l’apporto collaborativo dei privati può aiutare l’Amministrazione ad inquadrare correttamente gli interessi pubblico-privati connessi alla tematica da valutare e, di conseguenza, può permettere all’ente di adottare una decisone più ponderata.

In particolare, fermo restando che i soggetti proponenti possono partecipare di diritto alla conferenza de qua (cfr. l’art. 14-ter, c. 2-bis, l. 241/1990 secondo cui: “Alla conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e 14-bis sono convocati i soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza, alla quale gli stessi partecipano senza diritto di voto”), gli altri soggetti-terzi hanno la facoltà di essere sentiti e di produrre documenti. Ovviamente, per quanto riguarda l’audizione di questi soggetti-terzi, vi è un forte potere discrezionale dell’Amministrazione.

A tal proposito si sottolinea che una parte della dottrina ha ormai pacificamente affermato che: L'istituto della conferenza di servizi è stato ritenuto, in passato, alternativo al procedimento e, pertanto, tale da escludere anche la partecipazione dei privati. La dottrina faceva leva sulla funzione acceleratoria degli istituti di partecipazione, che, si riteneva, mal si coniugava con gli appesantimenti della partecipazione (...) Gli approfondimenti successivi hanno messo in evidenza da un lato che fra gli istituti di partecipazione e quelli di semplificazione esiste un rapporto di reciproco condizionamento e integrazione, dall'altro che la funzione della conferenza di servizi è da ricercare piuttosto nella sua capacità di razionalizzazione della "amministrazione della complessità", in un contesto caratterizzato dalla multiforme presenza di istituzioni, pluralità crescente di interessi pubblici e privati. Non esiste quindi, incompatibilità fra le esigenze della partecipazione e la funzione dell'istituto.

In primo luogo, si è chiarito che la fase della partecipazione dei privati al procedimento non è affatto esclusa, ma deve aver luogo prima che, nella riunione conclusiva, la conferenza svolga la sua funzione essenziale, rivolta alla determinazione dell'assetto di interessi” (AA. VV., Diritto Amministrativo, a cura di F. G. Scoca, II ^ ed., 2011, Torino, pagg. 366, 367, 268).

Anche parte della giurisprudenza sembra essersi allineata a tale pensiero: “La conferenza di servizi è il luogo fisico e giuridico in cui i "servizi" (ossia le amministrazioni e i concessionari di servizi pubblici chiamati ad esprimere il proprio assenso su un determinato piano o progetto) sono chiamati ad un esame contestuale dei vari interessi coinvolti da un intervento che necessita di autorizzazione da parte della p.a., laddove gli unici soggetti privati, che devono partecipare, sono coloro che richiedono l'autorizzazione e la loro presenza possibilità da parte delle amministrazioni interessate di chiedere seduta stante chiarimenti ai soggetti proponenti e/o di far presenti eventuali esigenze istruttorie; invece i terzi possono solo chiedere di partecipare e la relativa decisione è rimessa al soggetto che presiede la conferenza, ma in ogni caso possono presentare memorie e documenti, dei quali si deve tenere conto in sede di motivazione dell'atto finale, sempre che si tratti di osservazioni pertinenti e a loro volta motivate” (T.A.R. Marche, Ancona, sez. I, 14.12.2012, n. 803); ed anche: “La conferenza di servizi convocata ai sensi dell'art. 87, comma 6, d. lg. n. 259 del 2003, è configurata come di tipo decisorio; ne consegue che, ferma la prevista partecipazione con diritto di voto degli enti locali, e dell'Agenzia per la protezione ambientale competente ai sensi dell'art. 14 l. 22 febbraio 2001 n. 36, quella con diritto di voto delle amministrazioni "interessate", come i ministeri (altresì con delega formale al rappresentante), è da prevedersi in quanto debbano rendere "intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati" (art. 14, comma 2, l. n. 241 del 1990), cioè manifestazioni di volontà previste dalla normativa ai fini del procedimento, e quindi, con specifico riguardo al Ministero per i beni e le attività culturali, se l'area interessata è oggetto di vincolo paesaggistico. Quanto ai privati deve essere assicurata la partecipazione, senza diritto di voto, del soggetto proponente il progetto, ai sensi del comma 2 bis dell'art. 14 ter della stessa l. n. 241 del 1990 (introdotto dall'art. 9 l. 18 giugno 2009 n. 69), restando possibile la partecipazione, nella forma dell'audizione ed a fini istruttori, di privati portatori di interessi che siano riconosciuti rilevanti nella valutazione del responsabile del procedimento” (Consiglio di Stato, sez. VI, 15.07.2010, n. 4575); ed ancora: “La partecipazione di soggetti privati (in veste informativa e collaborativa) alla conferenza di servizi (ora esplicitamente prevista dal legislatore, in seguito alle modifiche apportate all'istituto dalla l. 24 novembre 2000 n. 340) non può considerarsi interdetta - tanto meno a pena d'illegittimità - dal testo vigente all'epoca dei fatti di causa dell'art. 14 l. 7 agosto 1990 n. 241, che si ritiene abbia voluto, invece, rappresentare il modulo strutturale dell'istituto soltanto nel suo contenuto minimo” (T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 04.02.2003, n. 359).

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Marche n. 803 del 2012

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