La legge che attribuisce alla Giunta il potere di approvare i piani attuativi non è incostituzionale

18 Ago 2014
18 Agosto 2014

La questione è esaminata dal TAR Veneto nella sentenza n. 986 del 2014.

Si legge nella sentenza: "La riconosciuta inammissibilità del ricorso per quanto riguarda i ricorrenti Gradini, Florean e Geronazzo, richiede, tuttavia, la delibazione circa i profili di incostituzionalità prospettati, in via subordinata, dai ricorrenti con riguardo proprio alla disposizione introdotta dall’art.5, comma 13 della legge 106/11. La difesa istante ha infatti evidenziato come detta norma si ponga in palese contrasto con i principi di rispetto delle autonomie dettati dalla Costituzione, così come espressamente richiamati nel T.U.E.L., nella parte in cui rileva come le norme in esso contenute siano espressione di principi generali, non modificabili se non per espressa previsione normativa, nonché dal richiamo contenuto nel medesimo corpo normativo all’art. 128 della Costituzione, che ribadisce il rispetto delle autonomie, principio che, proprio attraverso la sottrazione della competenza all’approvazione del PUA al Consiglio Comunale, sarebbe stato violato dalla norma contestata. Ritiene il Collegio che la questione di legittimità costituzionale, sebbene rilevante ai fini della decisione in esame, non presenti elementi di manifesta fondatezza per le considerazioni che seguono. In primo luogo, vanno ribadite le considerazioni sopra accennate circa la ratio della norma e la conseguente insussistenza di un reale pregiudizio per le funzioni assegnate al Consiglio. Al riguardo è stato messo in rilievo come detta previsione, da un punto di vista squisitamente politico, attribuendo il compito di approvazione dei PUA ad un organo di maggioranza, faccia di per sé venire meno il ruolo dell’opposizione (ed è infatti questo il punto che ha spinto i ricorrenti a impugnare le delibere): tuttavia, come già osservato, il profilo non è dirimente, in quanto i piani di cui si discute debbono essere conformi al PRG, che a sua volta è stato, seppur in passato, votato dal Consiglio comunale. Invero, proprio tenuto conto delle specifiche condizioni in presenza delle quali è possibile concentrare in capo alla Giunta l’adozione e l’approvazione del PUA, ossia la sua conformità alle previsioni di PRG, è evidente che se il PUA non presenta innovazioni rispetto al PRG, esso si porrà in sintonia con ciò che il Consiglio Comunale ha già deliberato in occasione della redazione del PRG. La concentrazione dell’intera procedura in capo alla Giunta, quindi, risponde ad esigenze di celerità e semplificazione che comunque non diminuiscono le competenze del Consiglio, trattandosi  dell’approvazione di uno strumento urbanistico di secondo grado coerente e conforme a quanto già deliberato dal Consiglio Comunale. Per altro verso e con espresso riguardo al rispetto delle disposizioni costituzionali che assicurano le autonomie ed al richiamo contenuto nel T.U.E.L. all’art. 128 Cost. (proprio al fine di impedire, quale norma di salvaguardia, la deroga o, più correttamente, l’abrogazione tacita delle disposizioni in esso contenute per effetto di leggi sopravvenute, non aventi tale specifica e conclamata finalità), il Collegio osserva in primo luogo come detto richiamo alla norma costituzionale non abbia più valore, per effetto dell'art. 9, comma 2, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, che ne ha disposto l’abrogazione. Eliminato il richiamo costituzionale, l’analisi della norma dell’art.5, comma 13 – ferme restando le considerazioni sopra espresse circa il rispetto delle autonomie e delle competenze degli organi - deve quindi essere operata solo attraverso il rapporto che intercorre tra le due fonti normative, da un lato un T.U.E.L., decreto legislativo 267/01, normazione delegata dal Parlamento, e dall’altro una legge ordinaria, L. n. 106/11. In punto di stretto diritto, se sussiste un rapporto di sovra ordinazione gerarchica fra le due norme, il problema è pacificamente risolto nel senso che sarà la norma superiore a prevalere, rendendo l’altra invalida. Diversamente, nell’ipotesi in cui siano norme di pari rango normativo, dovrà essere seguito il criterio cronologico, per cui la norma successiva abrogherà quella precedente. Seguendo la tesi maggioritaria che attribuisce ai Testi Unici il medesimo livello gerarchico delle leggi del Parlamento, applicando anche nel caso  in esame il criterio cronologico, la legge 106/11 deve prevalere ed abrogare, nelle specifiche ipotesi, la norma dell’art. 42 del T.U.E.L. Essendo venuto a mancare il richiamo all’art. 128 Cost. contenuto nell’art. 1 T.U.E.L., difettando un ulteriore fondamento costituzionale delle disposizioni contemplate dal testo unico, e applicando dunque il  principio cronologico, la nuova disciplina, avente pari forza della precedente, ne determina l’abrogazione. Non profilandosi, quindi, neppure sotto il profilo del contrasto con i principi costituzionali, ragioni per  non dare applicazione alla normativa applicata nel caso in esame, restano confermate le conclusioni sopra espresse circa l’inammissibilità del ricorso proposto dai tre Consiglieri comunali".

Dario Meneguzzo - avvocato 

sentenza TAR Veneto n. 986 del 2014

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