Il permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 T.U. edilizia: il punto della Cassazione penale
La Corte di cassazione penale ha affermato che non sono legittime le sanatorie di un immobile abusivo che subordinano gli effetti del beneficio alla esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre l’immobile stesso nell’alveo di conformità agli strumenti urbanistici, atteso che detta subordinazione è ontologicamente contrastante con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro conformità agli strumenti urbanistici.
Il rilascio postumo del permesso di costruire (PdC) in sanatoria ex art. 36 d.P.R. 380/2001, in assenza di autorizzazione paesaggistica, non ha efficacia sanante neanche in relazione al solo profilo urbanistico dell’intervento già realizzato.
La cd. doppia conformità, richiesta dalla norma citata, è esclusa nel caso di edificazioni eseguite in assenza del preventivo ottenimento dell’autorizzazione sismica.
Tale principio deve essere esteso non solo alle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica realizzate in violazione degli artt. 64 co. da 2 a 4 e 65 T.U. edilizia ma, più in generale, alle opere realizzate in violazione della “disciplina edilizia” vigente sia al momento della realizzazione dell’abuso che a quello della presentazione della domanda di PdC in sanatoria.
A questi fini, si deve intendere per disciplina edilizia l’insieme delle norme tecniche comprese nella Parte II del d.P.R. 380/2001, quelle contenute nei regolamenti edilizi comunali di cui all’art. 4 d.P.R. cit. (che disciplinano, a loro volta, le modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi) e, più in generale, le norme di fonte primaria e/o secondaria che regolamentano, con efficacia cogente, l’attività costruttiva condizionando il rilascio del PdC.
Si segnala che la fattispecie concreta conosciuta dalla Corte era antecedente alla cd. riforma Salva casa.
Post del Dott. Ing. Mauro Federici
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La sentenza vale per sanatoria ex art.36 TUE
Per cui è possibile sanare opere di cui all’art. 34-ter, comma 1, del DPR n. 380/2001, realizzate in violazione della disciplina edilizia vigente almeno al momento della loro realizzazione!!! Io non parlavo della sentenza, ma di come si possano sanare anche porzioni di edifici fatiscenti. A mio avviso trattandosi di incolumità pubblica, starei molto attendo a fare dichiarazioni, parlo del professionista, senza effettuare una attenta analisi del fabbricato.
Si dice: Si segnala che la fattispecie concreta conosciuta dalla Corte era antecedente alla cd. riforma Salva casa.
Qualcuno può spiegarmi come sia possibile sanare opere di cui all’art. 34-ter, comma 1, del DPR n. 380/2001, realizzate in violazione della disciplina edilizia vigente almeno al momento della loro realizzazione? In particolare, mi riferisco a interventi eseguiti senza autorizzazione sismica, oppure in conglomerato cementizio armato, normale o precompresso, o in struttura metallica, in violazione degli articoli 64, commi 2-4, e 65 del Testo Unico dell’edilizia.
Se il segnalante del post intendeva dire che oggi, con l’art. 36-bis, si può sanare praticamente tutto, faccio presente che con l’art. 34-ter si consente la sanatoria anche in assenza di conformità edilizia, non solo urbanistica. Mi piacerebbe che l’Ingegnere intervenisse per esprimere una sua valutazione su come ciò sia effettivamente possibile.
A mio avviso si mette in difficoltà anche l ufficio tecnico, che deve rispondere alla scia presentata, per sanare opere ante 77′, e dire che si rispetta la norma, ovvero che la regolarizzazione è ammessa dalla norma senza verificare nulla, solo se rientra nella fattispecie; non può essere espresso nemmeno il parere.
In verità già l’art. 17 c. 1 del Dpr n. 31/2017 permette il rilascio del titolo condizionato.
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