Il silenzio-rigetto sull’istanza di sanatoria ex art. 36 del DPR 380 del 2001
La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR Roma avverso l’art. 36 T.U. edilizia, nella parte in cui qualifica l’inerzia della P.A. sulla relativa istanza come silenzio-rigetto.
In sostanza, il TAR si chiedeva: perché sull’istanza di condono si formava un silenzio-assenso, mentre sull’istanza di sanatoria un silenzio-diniego? E come fa il privato a difendersi in quest’ultimo caso, in cui non può capire quali profili in fatto o in diritto potrebbero impedire alla sua istanza di sanatoria di venire accolta?
La Corte ha ritenuto che il TAR non abbia adeguatamente approfondito l’attuale interpretazione della norma censurata.
A parere della Consulta, la giurisprudenza amministrativa prevalente qualifica il provvedimento di sanatoria – quale strumento a regime, non eccezionale come il condono – come attività vincolata: pertanto, il privato o dimostra di possedere la cd. doppia conformità (innanzi alla P.A. o al G.A.), oppure non può contare su alcuna discrezionalità da parte del Comune.
Post di Daniele Iselle
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