Che cos’è la ristrutturazione edilizia nell’art. 3, co. 1, lett. d) del d.P.R. 380/2001?
Il concetto di "ristrutturazione edilizia" non ha pace e il legislatore continua a tormentarlo con periodici aggiustamenti.
In astratto, teoricamente parlando, esso potrebbe oscillare tra due estremi: 1) è un intervento che fa salvo sostanzialmente l'involucro esterno e può modificare radicalmente gli interni, anche con il mutamento della destinazione d'uso; 2) è un intervento sul volume esistente, da considerare (tanto per capirci) come una certa quantità di plastilina, che si può modellare a piacimento, facendo e disfacendo sull'esistente quello che si vuole.
Il secondo concetto sarebbe molto gradito ai proprietari e ai progettisti, il primo a chi ama lo skyline esistente. Sempre in teoria, l'ampliamento dovrebbe essere tutt'altra cosa, anche quando viene mescolato con una ristrutturazione.
In realtà cosa ha cogitato finora l'inquieto legislatore?
Se ci si attiene solo e soltanto alla lettera dell’art. 3, co. 1, lett. d) del d.P.R. 380/2001, gli “interventi di ristrutturazione edilizia” sono definiti come quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
La relativa disciplina e le definizioni ivi contenute sono state oggetto di successive e continue modifiche (l’ultima avvenuta con il recentissimo decreto semplificazioni, d.l. n. 76/2020 conv. con l. n. 120/2020), le quali tentano di trovare una soluzione al problema della comprensione della fattispecie, finendo però spesso per complicare ancora di più la situazione.
Al netto di tali considerazioni, e prendendo come fondamento la norma come ora riscritta, si rileva che l’art. 3, co. 1, lett. d cit. prevede tre tipologie di interventi, con alcune sottocategorie specifiche entro ciascun tipo.
La prima tipologia è data dagli interventi di ripristino o sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, nonché eliminazione, modifica e inserimento di nuovi elementi ed impianti.
La seconda tipologia è data dagli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti. A questo punto, vi sono quattro ipotesi:
2.1. È generalmente ammessa la possibilità di ricostruire con diversità di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico, ma non l’incremento di volumetria;
2.2. In via più estensiva rispetto al punto 2.1., ma solo ove la legge o gli strumenti urbanistici comunali lo prevedano, sono ammessi incrementi di volumetria, anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana.
2.3. In via più restrittiva rispetto al punto 2.1., per gli immobili tutelati dal Codice Urbani, devono essere mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non sono previsti incrementi di volumetria.
2.4. Infine, nelle Zone A e assimilabili, nonché nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, devono essere mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non sono previsti incrementi di volumetria, ma sono fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, le quali potrebbero quindi permettere tali diversità.
La terza tipologia è data dagli interventi di ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Per questa ipotesi, vi sono due specifiche:
3.1. Per gli immobili tutelati dal Codice Urbani, devono essere mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non sono previsti incrementi di volumetria.
3.2. Invece, nelle Zone A e assimilabili, nonché nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, devono essere mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non sono previsti incrementi di volumetria, ma sono fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici.
avv. Alessandra Piola e dott. Alberto Antico
ok grazie, a questo punto conviene sempre applicare l’art. 2 bis , comma 1-ter, per “eludere” il Codice Urbani. Buona giornata
Buongiorno.
Rispetto alla precedente versione della lett. d) dell’art. 3 del T.U. Edilizia, sono state aumentate le restrizioni al concetto di ristrutturazione edilizia (quale demolizione e ricostruzione) per gli immobili tutelati: se prima non poteva essere considerato tale solamente l’intervento che comportava modifiche di sagoma, ora non può essere considerato ristrutturazione nemmeno l’intervento che comporti modifiche di prospetti, sedime, delle caratteristiche planovolumetriche e tipologiche dell’edificio, nonché che comporti aumenti di volumetria.
Sperando di essere stati esaustivi,
avv. Alessandra Piola e dott. Alberto Antico
Egregi Avvocati , quindi per gli immobili tutelati dal Codice Urbani, non cambia nulla di fatto rispetto al testo previgente ?????
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