Appalto ed interesse al ricorso

26 Apr 2025
26 Aprile 2025

Il T.A.R. si sofferma sui presupposti che devono sorreggere l’interesse al ricorso in materia di procedure ad evidenza pubblica. Nel caso di specie, la terza classificata aveva impugnato l’aggiudicazione della seconda classificata che, però, poi era stata esclusa dalla S.A.

Post di Matteo Acquasaliente - avvocato

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La P.A. può notificare i propri provvedimenti anche da una PEC non presente nei pubblici elenchi

25 Apr 2025
25 Aprile 2025

Il TAR Catania ha affermato che la notifica da un indirizzo PEC istituzionale della P.A., rinvenibile nel rispettivo sito, non viola l’art. 3-bis, co. 1, II periodo l. 53/1994 - invocabile peraltro come principio generale nella sola collocazione istituzionale per le prerogative di notifica per gli avvocati - secondo cui la notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo PEC del notificante risultante da pubblici elenchi.

Non è possibile invocare il carattere chiuso dei pubblici elenchi di cui all’art. 16-ter d.l. 179/2012, nonché dell’indice dei domicili digitali delle PP.AA. e dei gestori di pubblici servizi ex art. 6-ter d.lgs. 82/2005, essendo fatto obbligo alle PP.AA. stesse di aggiornare gli indirizzi dell’Indice, la cui gestione è affidata all’AGID, mentre l’eventuale incompletezza dell’elenco dei domicili digitali costituisce ipotetica ragione di responsabilità dirigenziale, ma non inficia la regolare provenienza dell’attività notificatoria da indirizzo PEC comunque riferibile alla P.A.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Dies a quo per l’impugnazione del PdC del vicino

25 Apr 2025
25 Aprile 2025

Il TAR Veneto ha indagato se, ai fini di valutare l’irricevibilità per tardività del ricorso proposto da un condominio contro il PdC ottenuto dal vicino, il dies a quo si dovesse individuare nella data di inizio dei lavori con contestuale esposizione del cartello di cantiere, o nella data in cui il progetto edilizio assentito dal Comune è stato illustrato, con consegna di copia del permesso di costruire, delle tavole progettuali e del rendering di progetto all’assemblea condominiale.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Interesse ad impugnare il titolo edilizio del vicino

25 Apr 2025
25 Aprile 2025

Il TAR Veneto ha dichiarato inammissibile, per carenza originaria di interesse, un ricorso avverso il titolo edilizio ottenuto dal vicino, avente ad oggetto una demo-ricostruzione con ampliamento ai sensi della legge sul terzo Piano casa, del 70%, al fine di realizzare 1.246,72 mq di residenza suddivisi in dieci unitĂ  immobiliari.

Il PdC avversato prevedeva lo sviluppo dell’edificazione sulla parte del compendio più distante dalla proprietà del ricorrente che, invece, potrà godere dell’ampia area adibita a verde e area giochi per bambini progettata e realizzata proprio nella parte a sud, confinante con la proprietà dello stesso. Inoltre, risultano rispettate le distanze tra i fabbricati ed è stata mantenuta libera la superficie prevista a standard dalla scheda del PUA ivi vigente. La circolazione, infine, sarà garantita da una viabilità interna, privata.

Quanto all’asserita lesione alle potenzialità edificatorie della proprietà del ricorrente, data la limitata estensione dell’area dello stesso, questi non ha mai potuto vantare una legittima aspettativa a un autonomo intervento edilizio. Peraltro, essendo scaduta la previsione che includeva tale proprietà in un ambito soggetto a PUA per la sua edificazione, il ricorrente non poteva nemmeno pretendere la valorizzazione della propria proprietà attraverso la partecipazione a un’iniziativa edilizia d’ambito, con la conseguenza che, anche per tale profilo, deve escludersi che la concessione del titolo edilizio impugnata dal ricorrente abbia effettivamente leso la sua posizione giuridica soggettiva.

Post di Alberto Antico – avvocato

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InammissibilitĂ  per mancanza di interesse a ricorrere avverso il titolo edilizio del vicino

25 Apr 2025
25 Aprile 2025

Il TAR Veneto ha dichiarato inammissibile, per carenza originaria d’interesse, il ricorso di un privato, proprietario di un vigneto, che impugnava il titolo edilizio del vicino, ove si assentiva la costruzione di una residenza in un terreno agricolo.

La progettata casa di abitazione del controinteressato sorgerà in un piccolo segmento del tutto insignificante rispetto alla grande dimensione del fondo agricolo coltivato a vigneto dal ricorrente, segmento che non può oggettivamente incidere negativamente sulle coltivazioni e sul valore dei terreni del ricorrente stesso.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Interesse al motivo di impugnazione del titolo edilizio del vicino

25 Apr 2025
25 Aprile 2025

Nel caso di specie, il ricorrente impugnava il titolo edilizio ottenuto dal vicino, avente ad oggetto una demo-ricostruzione con ampliamento, deducendo, tra gli altri motivi, un errore di calcolo per eccesso nel dimensionamento della superficie utile assentita nonché una presunta difformità dello stato di fatto rispetto alla sua rappresentazione catastale.

Il TAR Veneto ha dichiarato il motivo inammissibile per originaria carenza d’interesse, poiché dall’esame degli atti non si desumeva quale sarebbe lo specifico pregiudizio derivante al ricorrente dalle presunte descritte violazioni.

Si segnala che in passato ferveva il dibattito sulla differenza tra l’interesse al ricorso e l’interesse al motivo: il vicino deve dimostrare di subire un pregiudizio dal titolo edilizio del vicino, e a quel punto può eccepire qualunque vizio di legittimità, oppure deve sollevare solo quei motivi di ricorso strettamente connessi al pregiudizio che egli sta subendo?

Il TAR sembra sposare questa seconda tesi.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Titolo edilizio e vicinitas

25 Apr 2025
25 Aprile 2025

Il T.A.R. Veneto ricorda che, per impugnare un titolo edilizio, oltre a dimostrare l’interesse al ricorso e la legittimazione ad agire, occorre allegare anche il pregiudizio subito dall’edificazione altrui.

Post di Matteo Acquasaliente - avvocato

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Il rispetto della destinazione urbanistica e dell’agibilità è imposto anche ai luoghi di culto

24 Apr 2025
24 Aprile 2025

Il Consiglio di Stato ha affermato che la libertà di culto non può essere invocata per sottrarsi al rispetto della cornice normativa di rango primario e secondario e dei vincoli cui le attività umane di rilevanza pubblica sono astrette a salvaguardia della convivenza civile tra i consociati (subditi legum sumus, ut liberi esse possimus) e, in particolare, per giustificare una destinazione urbanistica di un immobile diversa da quella impressa dai pubblici poteri – con provvedimento non impugnato – nell’esercizio dell’attività conformativa in materia urbanistico-edilizia.

La stabile destinazione di un edificio a luogo di culto – in cui praticare liberamente i riti religiosi espressione della libertà di culto ex art. 19 Cost. – presentando un impatto sull’ordinato sviluppo dell’abitato, deve avvenire nel rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia, in cui trovano composizione i vari interessi pubblici e privati che si rivolgono al territorio quale terminale delle attività umane.

L’attuale istituto dell’agibilità non è più volto solamente a verificare – come la precedente abitabilità – la mera sussistenza di quei requisiti, essenzialmente di natura igienico-sanitaria, per “abitare” in un edificio (e dunque di occuparlo stabilmente e per periodi anche lunghi), ma è preordinato ad assicurare il rispetto di una serie più ampia d’interessi pubblici, come la sicurezza, anche in termini di salvaguardia dell’incolumità pubblica, e il risparmio energetico correlato alla tutela dell’ambiente, ora assurta, a seguito della modifica dell’art. 9 Cost., tra i principi costituzionali fondamentali alla luce dei quali la proprietà viene conformata onde garantirne la funzione sociale ex art. 42 Cost.

Il requisito dell’agibilità deve riguardare tutti gli edifici, compresi quelli destinati al culto, nonché le relative aree pertinenziali, ove riconducibili all’ambito dell’art. 24, co. 2 d.P.R. 380/2001.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Il confine tra la ristrutturazione edilizia mediante demo-ricostruzione e la nuova costruzione

24 Apr 2025
24 Aprile 2025

Il Consiglio di Stato ha affermato che l’attuale nozione di ristrutturazione edilizia ricomprende anche gli interventi di ripristino di un edificio attraverso la sua ricostruzione, essendo irrilevante che l’edificio sia o no crollato.

L’elemento che distingue la ristrutturazione edilizia dalla nuova costruzione è la preesistenza del manufatto e la possibilità di pervenire ad un organismo in tutto o in parte diverso da ciò che già esiste, elementi che sussistono anche in relazione agli edifici crollati o demoliti prima dell’entrata in vigore della novella del 2013 all’art. 3, co. 1, lett. d T.U. edilizia, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.

Gli interventi di ristrutturazione edilizia, sub specie di demolizione e ricostruzione, descritti dalla vigente lett. d cit., devono iscriversi in un’attività di recupero sul patrimonio edilizio esistente, il cui limite è segnato dalla preesistenza di un manufatto da ristrutturare o risanare, ossia di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura.

La ristrutturazione si differenzia dalla nuova costruzione per la possibilità di individuare, in maniera pressoché certa, l’esatta cubatura e sagoma d’ingombro del fabbricato su cui intervenire.

Vi è una nuova costruzione e non una ristrutturazione nel caso di ricostruzione di un intero fabbricato, diruto da lungo tempo e del quale residuavano, al momento della presentazione dell’istanza del privato, solo piccole frazioni dei muri, di per sé inidonee a definire l’esatta volumetria della preesistenza, in quanto l’effetto ricostruttivo così perseguito mira non a conservare o, se del caso, a consolidare un edificio comunque definito nelle sue dimensioni, né alla sua demolizione e fedele ricostruzione, bensì a realizzarne uno del tutto nuovo e diverso.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Incostituzionale la legge laziale che ammetteva interventi di demo-ricostruzione con cambio d’uso rilevante in deroga al PRG, ma senza imporre il previo PdC in deroga e, quindi, omettendo il vaglio del Consiglio comunale

24 Apr 2025
24 Aprile 2025

Una legge laziale concedeva ai Comuni, con apposita delibera consiliare, di prevedere nei propri PRG l’ammissibilità di interventi diretti di ristrutturazione, anche con demo-ricostruzione, di singoli edifici con superficie lorda inferiore a 10.000 mq, con mutamento rilevante della destinazione d’uso (esclusa quella rurale).

Fino all’adozione della delibera consiliare di adeguamento, e comunque non oltre il 19 luglio 2018, la legge del Lazio ammetteva che, previa richiesta di idoneo titolo edilizio, quelle possibilità edificatorie fossero già applicabili agli edifici esistenti legittimi o legittimati, purché non ricadenti nell’ambito di consorzi industriali e di PIP, in zona D.

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di queste disposizioni fissate per il regime transitorio, poiché consentivano interventi edilizi derogatori rispetto alle previsioni del PRG, senza l’intermediazione del PdC in deroga agli strumenti urbanistici, di cui all’art. 14, co. 1-bis T.U. edilizia e, quindi, in assenza di una deliberazione consiliare di programmazione in variante.

Ciò comportava l’illegittima sottrazione degli interventi di trasformazione edilizia ammessi dalla legge laziale alla essenziale verifica del Consiglio comunale, in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico che giustifichi scelte diverse da quelle previste dal Piano.

Post di Alberto Antico – avvocato

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