5 Novembre 2024
Il Consiglio di Stato ha affermato che il giudicato di annullamento di un provvedimento per vizi formali (quali il difetto di istruttoria o di motivazione), in quanto pacificamente non contiene alcun accertamento in ordine alla spettanza del bene della vita coinvolto nel provvedimento impugnato, non consente di fondare la pretesa al risarcimento del danno, o, per meglio dire, non può costituire il presupposto per l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno. Infatti, mentre la caducazione dell’atto per vizi sostanziali vincola la P.A. ad attenersi, nella successiva attività, alla statuizione del giudice, l’annullamento fondato su profili formali non elimina né riduce il potere della stessa di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato e lascia ampio il potere in merito alla P.A., con il solo limite negativo di riesercizio nelle stesse caratterizzazioni di cui si è accertata l’illegittimità, sicché non possono ritenersi condizionate o determinate in positivo le scelte della stessa rispetto ad ogni altra possibile motivazione utilizzabile.
Quanto ora affermato circa la portata del giudicato sul difetto di istruttoria vale non solo ai fini della domanda di risarcimento del danno, ma ad ogni ulteriore effetto, proprio perché non contiene l’accertamento sulla spettanza del bene della vita. Pertanto, qualora dopo una sentenza di primo grado che abbia annullato un atto per difetto di istruttoria la P.A. emani un nuovo provvedimento, la portata della sentenza di prime cure è integralmente superata dall’attività amministrativa successiva, esaurendone ogni ipotetica effettualità.
Post di Alberto Antico – avvocato
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