Come giudici e leggi stanno cambiando l’avvocatura: dall’equo compenso al rapporto con il lavoro dipendente

16 Nov 2021
16 Novembre 2021

I giudici amministrativi forniscono spesso un buon punto di vista sull’avvocatura. E mostrano anche le incomprensioni su ciò che è davvero la professione. Così per l’equo compenso.

Sul punto, il quadro normativo è come un “puzzle”. Però, senza farla troppo lunga, le norme di base contengono un’affermazione importante: la pubblica amministrazione “garantisce il principio dell’equo compenso” nel rapporto con la generalità dei professionisti. E, per gli avvocati, l’equo compenso è quello “conforme” ai parametri. Dunque la disciplina dell’equo compenso condiziona ogni incarico. C'è un limite economico inderogabile: e le pubbliche amministrazioni devono rispettarlo, perché su di loro grava per legge l’obbligo di garantire che il corrispettivo riconosciuto al professionista non sia iniquo.

Sembra chiaro, ma c’è chi la vede in modo opposto. Come ad esempio il TAR Lombardia, nella sentenza 1071/2021. Ritiene, il TAR Lombardia, che va bene tutto ciò che è frutto dell’incontro di volontà tra le parti. E’ il professionista che liberamente si propone per un incarico, e che – per obbligo deontologico – deve rendere una prestazione adeguata: perciò saprà lui quanto può chiedere per poterla fare. Suona bene, ma qualcosa non fila: se è davvero così, a che serve aver introdotto la norma sull’equo compenso? Non cambia mica niente...

E’ una sentenza che ha avuto ampia diffusione: dunque, con la benedizione del TAR lombardo, via libera alle gare al massimo ribasso. Ma il Consiglio di Stato – con la sentenza 7442/2021 – non giunge affatto alla stessa conclusione. L’equo compenso è importante: colma uno “scarto negativo” che nel tempo ha provocato una “deminutio di tutela” per le libere professioni.

Insomma, sottopagati no; però gratis va bene. Se una retribuzione c’è, deve essere equa. Ma può non esserci, perché va fatta salva la libertà del professionista di rinunciare a ogni compenso. Se gli basta la soddisfazione “per aver apportato il proprio personale, fattivo e utile contributo alla cosa pubblica”, perché impedirglielo?

Anche qui l’argomentazione sembra ragionevole, e anche qui c’è qualcosa che non gira: un po’ come una perdita di contatto con la realtà. Va bene la filantropia. Ma non può essere la regola. Bene cioè se voglio lavorare gratuitamente per una nobile causa. Ma se la pubblica amministrazione usa la gratuità come sistema, strutturando bandi ed elenchi per selezionare i “donatori”, allora non c’entra la scelta filantropica individuale. C’entrano i “vantaggi indiretti” (ai quali pudicamente la sentenza fa cenno).

Insomma, se devo mettermi in fila per poter aspirare a un incarico non retribuito, allora sto probabilmente cercando di incrementare il mio curriculum; cioè, sto cercando di poter lavorare. Ma allora la pubblica amministrazione sta approfittando di una situazione dell’avvocatura nella quale davvero si deve essere pronti a qualsiasi cosa per poter accedere al mercato (e magari potrebbe pure mettere all’asta i propri incarichi per cercare chi paghi di più per poterli svolgere …). Ancora peggio, poi, se i “vantaggi indiretti” consistessero nella possibilità di valorizzare la frequentazione con l’ente nei rapporti con i clienti privati: sarebbe un corrispettivo nascosto, ma incidente nell’ambito dei servizi legali.

Sul punto, pertanto, concentrarsi solo sulla libertà di scelta del singolo professionista (che certamente esiste) non consente di comprendere la situazione effettiva.

Passando dal giudice al legislatore, è da sperare che quest’ultimo abbia una maggior consapevolezza su questo tema. Incrociamo le dita, ma la garanzia dell’equo compenso da parte delle amministrazioni non pare venir meno nel testo di legge ora in corso di approvazione parlamentare. E’ sì prevista l’abrogazione delle norme vigenti, ma non per esonerare le amministrazioni dal rispetto dell’equo compenso, quanto per attrarle in forma più specifica nel novero dei soggetti “forti”. Se poi la nuova disciplina potrà dare indicazioni anche sugli incarichi gratuiti, è da vedere.

Sul piano legislativo, le perplessità maggiori riguardano però gli elementi di fondo dell'avvocatura.

Il caso è quello del recente decreto legge 152/2021, che – all’art. 31 – prevede il mantenimento dell’iscrizione negli albi da parte dei professionisti assunti a tempo determinato per l’attuazione del PNRR.

Nessuno dubita della bontà dell’intenzione: l'aspirazione al rilancio del Paese grazie appunto al PNRR. Ma non basta. L'avvocato è un professionista con proprie caratteristiche essenziali: prima di tutto, deve essere indipendente e autonomo, libero da condizionamenti. Sovrapporre iscrizione all’albo e lavoro dipendente è problematico.

La questione si salda poi con quelle connesse all'Ufficio del processo. E così si aggiungono le difficoltà di inquadramento di un’attività amministrativa svolta a contatto con l'esercizio della funzione giurisdizionale.

L’Ufficio del processo può probabilmente essere visto, e valutato, da prospettive diverse: sia come modo di miglioramento dell’attività giurisdizionale (è il modo migliore?), sia come “patto intergenerazionale”, per usare le parole del ministro Cartabia. Ma certo i numeri sono tali che l’impatto sull’avvocatura non è irrilevante.

E dunque è necessario che la politica dimostri una sicura “padronanza dei fondamentali”. Incidere sulle regole di base dell’avvocatura significa infatti incidere sull'effettività del nostro sistema di giustizia.

Stefano Bigolaro - avvocato

cds incarichi gratuiti 7442-2021

0 replies

Leave a Reply

Want to join the discussion?
Feel free to contribute!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

© Copyright - Italia ius | Diritto Amministrativo Italiano - mail: info@italiaius.it - Questo sito è gestito da Cosmo Giuridico Veneto s.a.s. di Marangon Ivonne, con sede in via Centro 80, fraz. Priabona 36030 Monte di Malo (VI) - P. IVA 03775960242 - PEC: cosmogiuridicoveneto@legalmail.it - la direzione scientifica è affidata all’avv. Dario Meneguzzo, con studio in Malo (VI), via Gorizia 18 - telefono: 0445 580558 - Provider: GoDaddy Operating Company, LLC