Si può porre a base di gara di una prestazione professionale un compenso esiguo ?

23 Lug 2014
23 Luglio 2014

Il T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, nella sentenza del 16 luglio 2014 n. 1844, si occupa degli importi posti a base di gara per l’esercizio di un’attività professionale.

Dopo aver ricordato che l’art. 36 Cost. – in materia di proporzionalità della retribuzione – si applica solo al lavoro subordinato, i Giudici insistono comunque sulla natura congrua del compenso: soltanto una puntuale e specifica motivazione, infatti, può giustificare una retribuzione esigua.

Ecco il passo che interessa: “Il Collegio osserva che l’art. 2 comma 1 del d. lgs. n. 163/2006 dispone che “L'affidamento e l'esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza; l'affidamento deve altresì rispettare i principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché quello di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice”. I suddetti principi sono ribaditi anche dal successivo art. 27, il quale stabilisce che anche i c.d. “contratti esclusi” sono affidati“nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità”.

A tutela della qualità delle prestazioni, poi, il legislatore nazionale ha posto specifiche norme volte a garantire che il corrispettivo offerto dall’appaltatore nelle gare pubbliche sia proporzionato e sufficiente rispetto all’oggetto dell’appalto. Ci si riferisce agli articoli 86 e seguenti del d. lgs. n. 163/2006 in materia di verifica dell’anomalia delle offerte, la cui finalità “è quella di evitare che offerte troppo basse espongano l'Amministrazione al rischio di esecuzione della prestazione in modo irregolare e qualitativamente inferiore a quella richiesta, o con modalità esecutive in violazione di norme, con la conseguenza di far sorgere contestazioni e ricorsi. L'appalto deve quindi essere aggiudicato a soggetti che abbiano prestato offerte che, avuto riguardo alle caratteristiche specifiche della prestazione richiesta, risultino complessivamente proporzionate sotto il profilo economico all'insieme dei costi, rischi ed oneri che l'esecuzione della prestazione comporta a carico dell'appaltatore…” (ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2063 del 15 aprile 2013).

Ancora, “Il meccanismo previsto per l’eliminazione delle offerte ingiustificatamente anomale dal novero di quelle ammesse ad una gara è teso ad evitare che possa risultare aggiudicataria di una gara una ditta che, per l’esiguità del prezzo offerto, non sia poi in grado di assicurare una prestazione adeguata alle esigenze che l’amministrazione vuole soddisfare con l’appalto indetto”( TAR Sicilia, Palermo, Sentenza 07/09/2011 n. 1608).

La ratio del sub procedimento di verifica dell’anomalia è, pertanto, quella di accertare la serietà, la sostenibilità e la sostanziale affidabilità della proposta contrattuale, in maniera da evitare che l’appalto sia aggiudicato a prezzi eccessivamente bassi, tali da non garantire la qualità e la regolarità dell’esecuzione del contratto oggetto di affidamento.

Se tanto è vero “a valle” delle procedure di aggiudicazione, a maggior ragione, parallelamente, lo stesso principio deve fondare l’attività della Pubblica Amministrazione “a monte” della procedura stessa, e cioè nella fase dell’individuazione dell’importo determinato proprio dalla stazione appaltante quale corrispettivo del servizio da acquisire.

Nel caso specifico, a fronte della prestazione professionale complessa e specializzata richiesta (si veda l’articolo 2 del bando), l’Istituto scolastico ha previsto un compenso omnicomprensivo (articolo 7 del bando) di euro 1.500,00, manifestamente e palesemente incongruo e inadeguato.

Tanto è ancora più evidente se si considera che il predetto importo include anche le spese vive da sostenere per l’espletamento dell’incarico (spese di viaggio, assicurazione, materiale di consumo, disponibilità di specifici programmi) e, inoltre, che lo stesso incarico deve essere espletato su due plessi scolastici situati in Comuni diversi (Galatina e Galatone), distanti quasi 20 chilometri uno dall’altro.

Sicchè l’importo palesemente esiguo offerto potrebbe indurre il professionista ad una non corretta esecuzione dell’incarico ed essere foriera di probabili futuri contenziosi. Ciò è tanto più grave in relazione alla delicatezza dell’oggetto dell’incarico, che coinvolge la vita e la sicurezza degli operatori scolastici e degli alunni.

Il Collegio osserva, inoltre, che la stazione appaltante non ha motivato in ordine alle modalità seguite nella determinazione del compenso. Al riguardo, non è condivisibile il rilievo opposto dall’Istituto resistente relativo alla mancanza di parametri tabellari professionali minimi inderogabili.

Il Collegio non ignora che l’articolo 9 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con legge 24 marzo 2012, n. 27, ha disposto, al comma 1, l’abrogazione delle tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico. E’ evidente, pertanto, che le stesse non possono essere più indicate nemmeno quale possibile riferimento per l’individuazione del valore della prestazione.

Tuttavia, lo stesso art. 9, al comma 4, pur con specifico riferimento al mercato privato, fornisce indicazioni utili anche per la determinazione dell’importo relativo ai compensi per l’espletamento di incarichi affidati dalle Pubbliche Amministrazioni, stabilendo che, in ogni caso, la misura del compenso “deve essere adeguata all'importanza dell'opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi”.

Da tale disposizione si ricava che la determinazione dell’importo dell’affidamento non può essere connotata da arbitrarietà: le stazioni appaltanti non possono, quindi, porre a base di gara un importo senza un minimo di analisi che consenta di comprendere le modalità esatte di determinazione dell’importo e senza motivare il percorso tecnico-logico seguito nella determinazione del valore stesso.

L’interpretazione di cui innanzi risulta, altresì, coerente con quanto prescritto dalla lettera d) del comma 1) dell’articolo 264 del d.P.R. n. 207 del 2010, nella parte in cui dispone che nel bando di gara devono essere indicate le modalità di calcolo del corrispettivo. Difatti, se il riferimento alla possibilità di utilizzo delle tariffe professionali è da ritenersi abrogato, è tuttavia da considerare ancora del tutto vigente l’obbligo di illustrare le predette modalità.

A questi fini le stazioni appaltanti non possono limitarsi ad una generica e sintetica indicazione del compenso, ma devono specificare con accuratezza ed analiticità i singoli elementi che compongono la prestazione, nonché dare conto del percorso motivazionale seguito per la determinazione del suo valore.

Tali principi sono stati espressi anche dall’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici con la deliberazione n. 49 del 3 maggio 2012.

Nel caso di specie, al contrario, nel bando di gara non vi è traccia alcuna dei criteri di calcolo specificamente utilizzati dall’Istituto per la quantificazione del corrispettivo.

Fermo restando quanto innanzi esposto, la Sezione osserva, infine, che, in extrema ratio, l’Amministrazione avrebbe potuto motivare l’esiguità del corrispettivo fissato anche ricorrendo a giustificazioni di natura diversa, inerenti, ad esempio, la necessità di conciliare l’esiguità delle risorse di bilancio disponibili con l’adempimento di obblighi di legge (quale, appunto, quello relativo alla prevenzione e protezione), o, ancora, la richiesta di collaborazione e disponibilità ai professionisti eventualmente interessati. Tanto avrebbe, altresì, consentito di evitare quella lesione della “dignità professionale”, in considerazione della quale l’ordine ricorrente si è determinato a respingere la richiesta della Stazione appaltante di pubblicazione sul proprio albo dell’avviso in questione.

Al riguardo, si richiama il condivisibile ed autorevole orientamento giurisprudenziale, secondo il quale è stata riconosciuta la possibilità della prestazione gratuita per l’attività professionale: in tal senso è la sentenza della Cassazione Civile, 17 agosto 2005, n. 16966, per la quale “Come più volte affermato da questa Corte (v. Cass. 7741/1999; Cass. 8787/2000), poichè l'onerosità costituisce un elemento normale del contratto d'opera intellettuale, ma non essenziale ai fini della sua validità, è consentita al professionista la prestazione gratuita della sua attività professionale per i motivi più vari che possono consistere nell'affectio o nella benevolentia, o in considerazioni di ordine sociale o di convenienza, anche con riguardo ad un personale ed indiretto vantaggio””.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Lecce n. 1844 del 2014

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