Author Archive for: SanVittore

Il programma di razionalizzazione delle partecipate locali

08 Set 2014
8 Settembre 2014

Il Commissario Straordinario per la revisione della spesa ha ricevuto il mandato di razionalizzare le partecipate locali e ha elaborato il programma che alleghiamo.

Da chi lo ha ricevuto? 

Dall'articolo 23 del Decreto Legge 66 del 24 aprile 2014 convertito, con modificazioni, nella legge n. 89 del 23 giugno 2014:
"1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, comma 29, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e dall'articolo 1, comma 569, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, il Commissario straordinario di cui all'articolo 49-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, entro il 31 luglio 2014 predispone, anche ai fini di una loro valorizzazione industriale, un programma di razionalizzazione delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali incluse nell'elenco di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, individuando in particolare specifiche misure:
a) per la liquidazione o trasformazione per fusione o incorporazione degli organismi sopra indicati, in funzione delle dimensioni e degli ambiti ottimali per lo svolgimento delle rispettive attività;
b) per l'efficientamento della loro gestione, anche attraverso la comparazione con altri operatori che operano a livello nazionale e internazionale;
c) per la cessione di rami d'azienda o anche di personale ad altre società anche a capitale privato con il trasferimento di funzioni e attività di servizi.
1-bis. Il programma di cui al comma 1 è reso operativo e vincolante per gli enti locali, anche ai fini di una sua traduzione nel patto di stabilità e crescita interno, nel disegno di legge di stabilità per il 2015".

Programma_partecipate_locali

Circolare mensile per l’impresa n. 9/2014

08 Set 2014
8 Settembre 2014

Per gentile concessione di Società & Professionisti srl di Malo (VI), pubblichiamo la circolare mensile per l'impresa n. 9/2014, relativa all'aggiornamento in materia tributaria.

Segnaliamo:

- la TASI (pag. 20);

- le novità per la piattaforma elettronica dei crediti verso la P.A. (pag. 24).

Circolare n. 9 del 05-09-2014

Lo spunto del sabato: Legalità senza giustizia?

06 Set 2014
6 Settembre 2014

Gesù Cristo fu messo in croce in modo legale e normale, perché secondo la legge ebraica aveva bestemmiato, dichiarandosi figlio di Dio. Ma fu giusto farlo?

Durante il nazismo in Germania era legale e normale mandare nelle camere a gas gli ebrei. Ma era giusto?

Fino a qualche anno fa in Sudafrica era legale e normale l’apartheid. Ma era giusto?

In alcuni paese è legale e normale mettere a morte o in carcere o in un ospedale psichiatrico le persone omosessuali. Ma è giusto?

Per la maggior parte delle religioni è legale e normale discriminare le persone omosessuali. Ma è giusto?

Per alcuni religiosi è legale e normale uccidere un essere umano in nome di Dio. Ma è giusto?

Per lo Stato italiano è legale e normale sottrarre a una persona con le imposte anche il 70% del suo reddito. Ma è giusto?

Per lo Stato italiano è legale e normale che un’area industriale dismessa di vaste dimensioni, che non procura alcuna entrata al suo proprietario, perché è inutilizzata, e che dal punto di vista urbanistico deve essere riconvertita (anche se nessuno vuole comprarla), debba pagare un’IMU di circa  100.000 euro all’anno. Ma è giusto?

Per lo Stato italiano (compresa la Corte Costituzionale) è legale e normale una imposta di nome IRAP, che grava sulle imprese e sui professionisti, che colpisce il fatturato e non l’utile. Ma è giusto?

Per il tribunale di Vicenza è legale e normale che una causa civile duri, solo per il primo grado, da 7 a 10 anni. Ma è giusto?

Per lo Stato Italiano è legale e normale che chi chiede giustizia al TAR paghi un salatissimo contributo unificato (che è sempre più salato e, quindi, tale da scoraggiare le persone a ricorrere). Ma è giusto?

Per i giudici penali italiani è legale e normale che una persona venga posta in custodia cautelare in carcere, senza un processo, motivandolo con il pericolo di fuga o di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato, magari dopo mesi o anni che i giornali parlano dell’inchiesta e dicono che quella persona è sottoposta a indagini. Ma è giusto?

A corollario di quanto precede, per i giudici penali italiani è legale e normale che una persona sia posta in custodia cautelare in carcere senza averla mai prima interrogata per spiegargli le accuse e sentire la versione dell’accusato.  Ma è giusto?

A ulteriore corollario, per i giudici penali italiani è legale e normale che la persona che viene posta in custodia cautelare in carcere, dopo l’arresto,  sia interrogata per delega da un G.I.P. diverso da quello che ha firmato l’ordinanza che dispone l’arresto e che non conosce niente del caso, perché non si è neppure letto il fascicolo. Ma è giusto?

In alcuni luoghi e in certi momenti storici sono legali e normali regole delle quali poi ci si deve vergognare per i secoli a venire.

Quando il Presidente della Repubblica o i magistrati o i religiosi predicano che la Legalità è un valore, quale Legalità hanno in mente, quella assoluta e fine a se stessa, che prescinde dalla Giustizia, oppure una legalità imbevuta di Giustizia?

In verità, la Legalità che prescinde dalla Giustizia è solamente la copertura ideologica usata da chi detiene il Potere, qualsiasi potere (politico, giudiziario, religioso), per pretendere che il popolo gli obbedisca, qualsiasi cosa egli voglia, decida e imponga.    

Tu questa puoi anche chiamarla Legalità e dire che è un valore, se ti piace giocare con le parole, ma è solamente arroganza del Potere.

In questo tempo della nostra vita recente stiamo tutti sperimentando in Italia una Legalità che si presenta come una proliferazione metastatica di parole, per lo più di incomprensibile significato, che soffocano il paese in un coarcevo di regole e regolette talmente mal fatte che attribuiscono di fatto a chi ha il potere giuridico di interpretarle (alcuni funzionari pubblici e i magistrati) l’immenso potere di dire e di fare quello che vuole.

Non sarà certamente continuando a produrre in modo tumultuoso regole, una più insulsa e stupida dell’altra, che l’Italia uscirà dal pantano e dal vicolo cieco in cui è finita.

E’ necessario abbandonare l’ideologia giuridica che pretende di disciplinare con un labirinto di parole ogni aspetto della vita,  con regole cavillose e sempre più confusamente dettagliate, assistite da stratosferiche sanzioni di ogni tipo: in questo modo si  toglie alle persone la responsabilità di usare il buon senso e la buona fede per affrontare la vita quotidiana.

A noi non va bene questa Legalità: non sappiamo più cosa farcene.

A noi non va bene che qualcuno pretenda che chiamiamo Giustizia la  Legalità e, in particolare,  questa Legalità.

Che questa legalità sia ingiusta lo si sente “di pancia”, anche senza possedere una sistemazione filosofica dell’universo e dell’intera esperienza umana e sociale.

E cosa è la Giustizia? Non ho la presunzione di fornire una risposta originale. Mi accontento di proporre di meditare sulla questione. Per le mie personali riflessioni, molto mi è giovato ascoltare e leggere gli interventi di un noto esegeta del Vangelo, padre Alberto Maggi, che sta a Montefano nelle Marche. La giustizia degli evangelisti è l’idea divina che l’unico modo possibile che hanno gli uomini per vivere insieme senza farsi male a vicenda sia quello di lavorare per il bene dell’essere umano, per quell’essere umano concreto che sta lì davanti, con le sue caratteristiche peculiari e i suoi bisogni,  e non per un essere umano astratto e figlio di una ideologia. Un essere umano da amare, dicono gli evangelisti, e non da sottoporre a continui comandi e sfruttamenti (come fanno ora i padroni della Legalità).  E si può leggere il Vangelo e trovarne interessanti le sue proposte anche senza aderire a una qualsiasi religione. Mi rendo, peraltro, conto che purtroppo spesso sono proprio le religioni cristiane a rappresentare per molte persone un ostacolo insormontabile a prendere in considerazione la lettura del Vangelo (magari con l’aiuto di un esegeta come Alberto Maggi). Ma sono sicuro che ci sono altri punti di vista utili razionali e filosofici per dare un contenuto concreto al concetto di Giustizia. Basta che non continuino a riproporci la perversa idea hegeliana di Stato Etico, perchè così si ritorna alla Legalità di cui sopra. 

A che cosa a chi serve, infatti, costruire una società complicatissima, se poi gli esseri umani che in essa vivono soffrono e stanno male?

Noi sogniamo un nuovo umanesimo, sostenibile e solidale.  

Noi sogniamo esseri umani maturi e responsabili e non mediocri servi dei Potenti. 

La legalità connessa con la giustizia è un valore.

Dedicato a chi soffre a causa dei padroni della Legalità.

Dario Meneguzzo - uno che sogna?

Il regime giuridico delle proprietà collettive (o regoliere o comunioni famigliari montane).

05 Set 2014
5 Settembre 2014

Segnaliamo l'interessante sentenza del Tribunale di Belluno n. 464 del 2014, che espone un quadro chiaro del regime giuridico delle regole, che sono una peculiarità giuridica assoluta delle montagne venete.

sentenza Tribunale Belluno n. 464-14

Urbanistica: materia comunale o regionale?

05 Set 2014
5 Settembre 2014

Ringraziando l’arch. Emanuela Volta per la segnalazione, pubblichiamo alcuni passi della sentenza del T.A.R. Veneto, sez. II, 06.04.2006 n. 881, che si occupa delle tematiche connesse all’urbanistica, che è interessante, anche se di qualche anno fa.

I Giudici, dopo aver evidenziato che la materia dell’urbanistica comprende anche quella dell’edilizia, si soffermano sul riparto di competenze Regione-Comune statuendo che: “In via generale, va osservato che l’urbanistica in quanto tale, dovendo regolamentare l’intero assetto del territorio, interferisce necessariamente con tutte le altre discipline che fanno riferimento al territorio medesimo, non solo quindi l’edilizia in senso stretto, ma anche l’industria, il commercio, l’agricoltura, la viabilità, la tutela ambientale e via discorrendo. L’urbanistica invero, come disciplina regolatrice di molteplici interessi, costituisce per così dire una materia traversale, analoga, mutatis mutandis, alle finanze. Risulta quindi un’ovvietà l’affermazione che l’edilizia sia intrecciata con l’urbanistica. La questione in realtà risulta mal posta, in quanto quello che va verificato è il potere rispettivo della regione è del comune. Invero, sulla base della legislazione statale e regionale veneta, non vi è dubbio che il potere di regolamentazione urbanistica sia di spettanza in primis del comune, laddove l’intervento regionale deve intendersi come eventuale e riguardante comunque aspetti limitati, come emerge dalla stessa legge regionale n. 61 del 1985 (e anche dalla legge regionale n. 11 del 2004). Appare quindi corretta la scelta regionale di esaminare alcuni limitati aspetti della variante comunale”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 881 del 2006

Urbanistica: quali poteri pianificatori spettano al Comune?

05 Set 2014
5 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. II, nella medesima sentenza n. 881/2006, afferma che il Comune, in sede di pianificazione, legittimamente può sanare delle situazioni di abusività: “In linea generale e prodromica, ritiene questo collegio che la pianificazione urbanistica, per sua stessa natura, deve tener conto della situazione esistente ma deve anche programmare e organizzare il futuro del territorio. Ciò significa che risulta senz’altro consentito alla pianificazione comunale agire in senso restrittivo, vietando o limitando l’edificazione in zone in cui prima essa era consentita. In tal modo vengono chiaramente lese le legittime aspettative dei soggetti proprietari di terreni edificabili resi appunto inedificabili dalla nuova strumentazione urbanistica. È evidente che anche in questo caso bisogna tener conto dell’esistente, per cui le edificazioni già avvenute non vengono toccate dalla nuova pianificazione, laddove le misure di salvaguardia impediscono nelle more dell’approvazione dello strumento urbanistico l’edificazione in zone in cui essa non sarà più consentita. Peraltro si deve ritenere, sulla base della normativa esistente e della stessa logica testé illustrata, che sia consentito anche l’opposto, rendere cioè edificabili zone che non lo erano in precedenza, sulla base di una diversa valutazione delle linee programmatiche di sviluppo del comune. Si tratta anche in questo caso di una scelta discrezionale dell’amministrazione comunale, proiettata nel futuro. Se quindi è in generale consentito mutare l’assetto pianificatorio esistente, in entrambi in sensi, rendendo edificabile una  zona che non lo era e viceversa, risulta implicitamente consentito anche sanare alcune situazioni pregresse, ammettendo ad esempio l’edificazione in zone in cui essa non era consentita e sulle quali peraltro esistevano edifici abusivi. L’abusività di un edificio può quindi ben essere sanata in sede di pianificazione urbanistica, rientrando anche tale peculiare aspetto nella scelta discrezionale dell’amministrazione. Ciò implica il tener conto della situazione di fatto, ancorché contrastante con quella de jure, il che risulta implicito in caso di abusività. Si tratta ovviamente di una sanatoria affatto diversa da quella prevista dalle normative statale e regionale, che si applica in via generale agli edifici abusivi e solitamente risulta collegata a specifici requisiti e oneri, in quanto una sanatoria avente origine in un piano regolatore risulta frutto di una scelta discrezionale comunale, legata al futuro assetto del territorio e a specifiche e puntuali scelte programmatorie (si veda sul punto Consiglio di Stato, sezione IV, 25 novembre 2003 n. 7775). Indipendentemente quindi dal fatto che i capannoni in questione fossero abusivi o meno (questione dubbia ma che risulta comunque irrilevante), l’amministrazione può ben decidere di rendere edificabile l’area, nel caso entro limiti ben precisi, in qualche modo procedendo ad una “sanatoria” di quanto esiste già sul territorio. Non si tratta quindi di consentire una sanatoria non prevista dalla legge, quanto di ammettere che tra le scelte dell’amministrazione comunale in sede di pianificazione urbanistica possa rientrare anche quella di rendere legittima l’edificazione dove prima non lo fosse, implicitamente ma indirettamente sanando una situazione di fatto esistente. Altrimenti opinando, una pregressa situazione di abusività impedirebbe la libera scelta pianificatoria comunale, con un vincolo che non trova alcun riscontro nella normativa esistente o nella logica. Il Comune deve tener contro della situazione di fatto esistente, ma non ne può rimanere vincolato per il futuro, in nessun senso”.

 dott. Matteo Acquasaliente

 

Quale motivazione deve avere il parere paesaggistico?

05 Set 2014
5 Settembre 2014

Infine il Collegio, nella sentenza n. 881/2006, si sofferma sulla motivazione che deve sorreggere il provvedimento amministrativo in materia ambientale-paesaggistica: “Come noto, la disciplina generale dei vizi dell’azione amministrativa ha subito un radicale mutamento ad opera della legge n. 15 del 2005, che ha inciso sui fondamenti della legge 241 del 1990 e sulla stessa attività amministrativa. In particolare rilevano, per quanto qui interessa, la dequotazione dei vizi formali, che, pur sussistenti, talvolta non portano all’annullamento dell’atto, e la rilevanza data dalla novella legislativa al fattore temporale (per cui un atto illegittimo non può essere revocato, se il tempo trascorso dalla sua emanazione risulta eccessivo). In sostanza, il giudizio amministrativo e indirettamente anche l’operato dell’amministrazione assumono una connotazione più sostanzialistica rispetto al passato, laddove la forma perde in parte la sua rilevanza. Concentrandosi ora sulla motivazione dell’atto amministrativo, essa, come noto, assume una duplica connotazione: di comunicazione, ovvero esternazione di quanto avvenuto all’interno del procedimento formativo dell’atto, e sostanziale, di specchio della regolarità della ponderazione dei vari interessi in gioco. Ove la motivazione sia carente a fronte di un iter procedurale sostanzialmente corretto, la lesione è solo alla trasparenza, cioè al diritto dei soggetti interessati di conoscere quanto avvenuto all’interno dell’amministrazione. Ove invece il difetto di motivazione evidenzi all’esterno una carenza sostanziale, cioè un’erronea o carente valutazione degli interessi in gioco, il vizio diventa necessariamente sostanziale, non sanabile se non con i limiti e le forme previste. Nel caso in esame, il parere paesaggistico favorevole, ove fosse carente nella sua esternazione ovvero motivazione, non lederebbe evidentemente alcuna posizione del richiedente, che vede accolta la sua istanza. La motivazione potrebbe peraltro essere viziata altresì nella seconda delle accezioni sopra indicate, come specchio cioè di un vizio sostanziale, ove cioè la tutela ambientale non fosse stata congruamente considerata o ove addirittura l’opera si ponesse in contrasto con il bene ambiente. Nel caso peraltro la motivazione sul punto appare congrua anche se sintetica, anche in quanto riferita alla complessa istruttoria eseguita, né del resto parte ricorrente rileva in che cosa esattamente consisterebbe il presunto vulnus ambientale del permesso a costruire impugnato. La documentazione in atti spiega poi con chiarezza come la sostituzione dei capannoni con edifici ad uso residenziale sia stata consentita dal comune anche per ragioni di tutela ambientale e paesaggistica. In altri termini, trattandosi di un provvedimento positivo per chi lo aveva richiesto, il vizio di difetto di motivazione va valutato, anche alla luce dei principi sostanzialistici introdotti dalla legge n. 15 del 2005 nell’ambito della procedura prevista dalla legge 241 del 1990, unicamente ove si verifichi una violazione del diritto alla trasparenza del richiedente, il che non risulta né dedotto né avvenuto nel caso, ovvero quando dal difetto di motivazione si evinca una violazione della normativa sostanziale. Venendo al caso in esame, il vizio di motivazione del parere paesaggistico ambientale in tanto rileva in quanto da esso si possa desumere una violazione dei valori paesaggistico ambientali tutelati nella zona di riferimento”.

dott. Matteo Acquasaliente

 

Disciplina per l’utilizzo nelle aree di montagna della denominazione aggiuntiva “ospitalità diffusa”‏

05 Set 2014
5 Settembre 2014

Link:

DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE N. 1518 del 12/08/2014
Disciplina per l'utilizzo nelle aree di montagna della denominazione aggiuntiva "ospitalità diffusa". Deliberazione N. 100/CR del 15 luglio 2014. Legge regionale 14 giugno 2013, n. 11, articolo 28."Sviluppo e sostenibilità del turismo veneto".

Requisiti, condizioni e criteri per la classificazione della struttura ricettiva “Albergo diffuso”

05 Set 2014
5 Settembre 2014

Link:

DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE N. 1521 del 12/08/2014
Requisiti, condizioni e criteri per la classificazione della struttura ricettiva "Albergo diffuso". Deliberazione/CR N. 101 del 15 luglio 2014. Legge regionale 14 giugno 2013, n. 11 "Sviluppo e sostenibilità del turismo veneto", articoli 24 e 25.

Alcune questioni in materia di abusi edilizi e sanatoria

04 Set 2014
4 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. II, nella sentenza del 04 agosto 2014 n. 1128 si sofferma su alcune questioni concernenti la sanatoria edilizia.

Innanzitutto il Collegio ribadisce che spetti al privato dimostrare la data di ultimazione dei lavori: “Costituisce principio consolidato, peraltro ribadito da recenti pronunce (per tutti si veda Cons. Stato Sez. IV, 10-06-2014, n. 2960) che “in materia di abusivismo edilizio l'onere della prova circa l'ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono, grava sul richiedente la sanatoria. Ciò perché, solo colui che richiede la sanatoria può fornire qualche documentazione da cui si desuma che l'abuso sia stato effettivamente realizzato entro la data predetta, non potendosi ritenere sufficiente, la sola allegazione della dichiarazione sostitutiva di atto notorietà (L. n. 47/1985) (Conferma della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma, sez. II bis, n. 1645/2006)”.

In secondo luogo, si sofferma sul contenuto dell’ordinanza di demolizione di un’opera abusiva statuendo che: “Sul punto va ricordato come costituisce orientamento consolidato che l’ordine di rimessione in pristino ha natura di un provvedimento dovuto e vincolato, immediatamente consequenziale all’emanazione del diniego di sanatoria e, ciò, considerando che “il responsabile dell'abuso è perfettamente consapevole delle conseguenze cui va incontro una volta che gli sia stata negata la sanatoria e non può ammettersi nessun legittimo affidamento alla conservazione di una situazione di fatto e di diritto abusiva che il tempo non può avere legittimato (T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 15-06-2006, n. 2785 e T.A.R. Campania Napoli Sez. IV, 23-04-2009, n. 2140)”.

Infine il Collegio, dopo aver chiarito che la modifica della localizzazione dell’edifico e/o della destinazione d’uso costituisce una variazione essenziale se altera gli standard urbanistici, giunge a negare che il privato possa invocare l’applicazione dell’art. 34, c. 2 del D.P.R. n. 380/2001, ove non dimostri il serio pregiudizio per la parte conforme: “L’esistenza di dette circostanze non poteva che portare l’Amministrazione comunale a ritenere applicabile l’art. 32 del Dpr 380/2001 nella parte in cui prevede che costituisce una difformità essenziale del progetto, quella riferibile alla localizzazione dell’edificio o al mutamento della destinazione d'uso che implichi una variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968 e, ciò, anche con particolare riferimento al fabbricato “B”.

10.4 Nemmeno sussisteva l’obbligo del Comune di Fossò di accertare il pregiudizio che sarebbe derivato alla parte conforme del fabbricato dall’esecuzione dell’ordinanza di demolizione e, ciò, in ossequio ad un costante orientamento giurisprudenziale in base al quale il privato, al fine di invocare l’applicazione della disposizione di cui all’art. 34 comma 2, …”sanzionato con l'ordine di demolizione per la costruzione di un'opera edilizia abusiva, non può invocare l'applicazione a suo favore dell'art. 34, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 (T.U. Edilizia), che comporta l'applicazione della sola sanzione pecuniaria nel caso in cui l'ingiunta demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, se non fornisce seria ed idonea dimostrazione del pregiudizio stesso sulla struttura e sull'utilizzazione del bene residuo.. (T.A.R. Campania Napoli Sez. IV, 05-08-2013, n. 4056)”.

Dott. Matteo Acquasaliente 

TAR Veneto 1128 del 2014

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