I Comuni non possono esigere senza contropartita un canone dai produttori di energie rinnovabili
Il Consiglio di Stato ha dichiarato la nullità , per mancanza di causa, della clausola di una convenzione stipulata tra un Comune ed una società di produzione di energie rinnovabili che imponeva a quest’ultima di versare all’Ente locale una somma pari al 7,5% dell’importo, al netto dell’IVA, del totale degli introiti percepiti e fatturati annualmente per la produzione di energia elettrica.
Una convenzione come questa rientra tra gli accordi di cui all’art. 11 l. 241/1990, sicché ad essa si applicano i principi fissati dall’art. 1325, n. 2 c.c., in forza del quale ogni spostamento patrimoniale deve avere una causa giustificatrice; nonché dall’art. 1322, co. 2 c.c., ai sensi del quale i contratti atipici devono essere diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.
La corresponsione pur pattuita nel caso di specie, ma con clausola nulla, non era supportata da un’adeguata giustificazione, non rinvenibile nell’unico obbligo che il Comune aveva assunto nella predetta convenzione, ovvero a non compiere alcuna attività che possa risultare di intralcio all’esecuzione dei lavori e delle opere occorrenti alla realizzazione alla gestione alla manutenzione ed al funzionamento dell'impianto. Tale obbligo deve infatti già ritenersi imposto al Comune in forza dei principi generali di cui all’art. 1, co. 2-bis l. 241/1990.
Post di Alberto Antico – avvocato
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