I concorrenti confinanti non sempre e necessariamente hanno interesse a impugnare l’approvazione di una cava di ghiaia

01 Mar 2013
1 Marzo 2013

La sentenza del TAR Veneto n. 215 del 2013 contiene un'altra pronuncia di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.

Scrive il TAR: "il Collegio ritiene che, come eccepito dalle parti resistenti, il ricorso debba essere giudicato inammissibile per carenza d’interesse in capo alle società ricorrenti, Telve Rigo, Trentin Ghiaia e Mac Beton. L’interesse a ricorrere, infatti, deve essere caratterizzato dai requisiti della personalità (deve riguardare specificamente e direttamente il ricorrente), della attualità (deve sussistere al momento della proposizione del ricorso e deve  continuare a sussistere nel corso del giudizio, non essendo sufficiente un’ipotesi o una mera eventualità di lesione) nonché della concretezza (l’interesse va valutato con riferimento ad una concreta lesione o pregiudizio verificatosi a danno del ricorrente). Ciò premesso, nel caso di specie, secondo la tesi delle ricorrenti, andrebbe affermata la sussistenza in capo alle stesse sia della legittimazione sia dell’interesse a ricorrere posto che: “le stesse esercitano l’attività di cava in area finitima a quella del bacino denominato “Casacorba”, oggetto del provvedimento impugnato di ampliamento; i materiali estraibili in entrambi i bacini appartengono alla  medesima categoria merceologica (ghiaia) e sono volti, quindi, a soddisfare lo stesso segmento di mercato; le volumetrie di scavo accordate in favore della ditta Ceotto mediante il provvedimento impugnato riducono nell’immediato la soglia di superficie di potenziale escavazione prefissata dal legislatore ed i quantitativi massimi di materiale disponibile annualmente, pregiudicando i progetti – già presentati e futuri – delle ricorrenti (ampliamento cava “baracche”) che di tale diminuita disponibilità dovranno tener conto”. Inoltre, il provvedimento di autorizzazione all’ampliamento della cava concesso in favore della ditta Ceotto provocherebbe effetti discorsivi sul mercato, avvantaggiando illegittimamente un concorrente. Tale tesi non è però meritevole di accoglimento. Infatti, in primo luogo, l’interesse delle ricorrenti a contestare l’autorizzazione in favore della ditta Ceotto non può essere basato sulla circostanza che, trattandosi di impresa operante nel loro stesso settore, vi sarebbe un interesse a impedire l’ampliamento della quota di mercato del concorrente, in quanto, come condivisibilmente e limpidamente affermato dal Consiglio di Stato “l’aspirazione a impedire che un concorrente ampli la propria quota di mercato costituisce un interesse di mero fatto che non può trovare ingresso nelle aule di giustizia” (sezione VI nr. 7217/2006). Tuttavia, neppure la posizione di richiedente un’autorizzazione può concretare una situazione soggettiva di interesse qualificato e differenziato, idonea a legittimare all’impugnazione di un provvedimento di analogo contenuto ormai rilasciato ad altro soggetto, realizzando, la richiesta di autorizzazione, una situazione di semplice aspettativa, consistente nella possibile ma non necessaria acquisizione di una futura posizione di vantaggio. “A questa situazione di “attesa” l’ordinamento non appresta tutela, nel senso di far verificare la legittimità delle misure ampliative adottate nei riguardi dei potenziali concorrenti, ma attuali esercenti l’attività autorizzata” (Cons. Stato, n. 1040/2005). Nel caso di specie, in particolare, quanto al profilo della lamentata riduzione, a danno delle ricorrenti, delle superfici sfruttabili e dei quantitativi massimi disponibili per effetto dell’ampliamento concesso in favore della società Ceotto, si osserva che l’interesse concreto ed attuale delle società ricorrenti a contestare l’autorizzazione all’ampliamento della cava in favore della società Ceotto, sarebbe potuto scaturire solo da un rigetto di un uguale domanda di ampliamento formulata dalle prime e motivata in ragione del superamento della soglia di superficie scavabile e dei quantitativi massimi estraibili nella zona. Invece, nella fattispecie, posto che non risulta con certezza quali domande ex art. 44, L.R. n. 44/1982 siano attualmente all’esame della Regione ed oltretutto, stante la presenza di margini di discrezionalità tecnica, non sarebbe possibile prevedere l’esito di tali domande, ne consegue che dall’annullamento del provvedimento impugnato non deriverebbe, al momento, alcuna utilità certa e immediata per le società ricorrenti. Sicchè, la lesione paventata dalle stesse è futura ed eventuale. A ciò si aggiunga che, come evidenziato dalla difesa della Regione, residuerebbe ancora una superficie disponibile per l’attività di cava pari a circa mq. 450.000, con la conseguenza che, anche sottraendo la superficie di cui all’ampliamento della cava denominata “Casacorba”, pari a circa 140.000 mq., residuerebbe ancora una superficie disponibile di oltre 300.000 mq. Ne consegue che non è affatto scontato che un’uguale domanda di ampliamento presentata dalle ricorrenti non venga accolta in ragione del superamento dei quantitativi massimi scavabili. Inoltre, a privare d’attualità l’interesse delle ricorrenti concorre la circostanza, anch’essa evidenziata dalla difesa regionale, per cui l’autorizzazione all’ampliamento della suddetta cava “Casacorba” non è ancora efficace, non avendo la richiedente ditta Ceotto provveduto nei termini al compimento dei connessi adempimenti (presentazione di documentazione integrativa e pagamento di contributi), ed essendo perciò in corso un procedimento di ritiro dell’autorizzazione da parte della Regione. Pertanto, l’interesse al ricorso delle società Telve Rigo, Trentin Ghiaia e Mac Beton, deve ritenersi insussistente per carenza dei requisiti dell’ attualità e della concretezza, ed il ricorso deve essere giudicato inammissibile".

sentenza TAR Veneto 215 del 2013

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