Il D.M. del 1968 prevale anche sulla disciplina regionale eventualmente difforme e va applicato anche a corpi distinti di un’unica costruzione, compresa l’ipotesi di sopraelevazione
Il Consiglio di Stato, Sez. IV , in data 8 maggio 2013, con al sentenza n. 2483, si è espresso sui presupposti per ritenere applicabile la distanza di 10 metri tra parete finestrata e parete dell’edificio antistante ex art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968.
La tesi del Comune, smentita dal Consiglio di Stato, considerava il progetto de quo come una mera “sopraelevazione” riconducibile, al più, ad un intervento di “nuova ristrutturazione” e non già di “nuova costruzione”, con la conseguente applicazione in tale ultimo caso soltanto della distanza di m. 10 da corpi antistanti.
Nella sentenza si legge che: “Va, infatti, in primo luogo evidenziata l’intrinseca contraddittorietà della tesi dell’Ascheri secondo la quale la distanza di m. 10 non si applicherebbe alle ipotesi di “edificio unico”, come – per l’appunto – nel caso in esame, posto che l’Ascheri medesimo ha ben più fondatamente sostenuto per l’innanzi, anche con l’adesione di questo stesso giudice, che l’edificio di cui trattasi non costituisce un “condominio” ma due unità abitative tra di loro autonome. Ma, soprattutto, è assorbente la constatazione, derivante dalla giurisprudenza dianzi citata, che l’art. 9 del D.M. 1444 del 1968, laddove impone l’anzidetta distanza di 10 metri tra parete finestrata e corpo edificato, è norma di ordine generale, prevalente anche sulla disciplina regionale eventualmente difforme, e va pertanto applicata anche a corpi distinti di un’unica costruzione, ivi dunque compresa l’ipotesi di sopraelevazione (cfr. sul punto, ad es., Cass. Civ., Sez. II, 27 marzo 2001 n. 4413).”
dott.sa Giada Scuccato
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