Il rapporto tra ricorso giurisdizionale e quello arbitrale

29 Mag 2013
29 Maggio 2013

Il Consiglio di Stato, sez. III, con la sentenza del 15 maggio 2013 n. 2641, si occupa dell’alternatività tra il ricorso giurisdizionale e quello arbitrale, dichiarando che: “6.3. – L’alternatività tra ricorso al collegio arbitrale e ricorso giurisdizionale è fondata su una costante giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cfr. in particolare la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 21 maggio 2001, n. 2807, oltre alla ampia giurisprudenza richiamata dalla sentenza impugnata). Essa deve essere ribadita alla luce del nuovo codice del processo amministrativo che afferma, all’art. 7, comma 7, in via generale principi di economia e di concentrazione della giurisdizione amministrativa, che devono ritenersi estesi anche ai rapporti tra giurisdizione amministrativa e collegi arbitrale, al fine di non vanificare gli scopi delle norme che prevedono questi ultimi proprio come soluzione alternativa alla giurisdizione.

6.4. – Il principio di alternatività è confermato del fatto che sia pure limitatamente a qualificati motivi è consentita la impugnazione della decisione del collegio arbitrale, come infatti avviene anche nel presente giudizio, nonché dalla esistenza di limiti alla impugnabilità della decisione arbitrale, che non avrebbero senso, se non esistesse un principio di alternatività quanto al merito della decisione. La stessa difesa appellante lo riconosce quando argomenta che dall’accoglimento delle censure relative alla mancanza dei presupposti di validità della decisione arbitrale deriverebbe il venir meno dell’inammissibilità relativa al primo ricorso in primo grado”.

Il Collegio inoltre chiarisce i imiti entro cui si può esperire un’impugnazione nei confronti del lodo arbitrale: “Va innanzitutto ricordato l’ambito entro il quale può essere impugnata la decisione arbitrale secondo la già richiamata sentenza n. 21 maggio 2001, n. 2807, alla cui impostazione questo Collegio aderisce: " Ne consegue che il lodo emesso in sede di arbitrato irrituale è impugnabile solo per i vizi che possano vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale (errore, violenza, dolo, incapacità delle parti che hanno conferito l'incarico o dell'arbitro stesso) (Cass., Sez. Un., 8 agosto 1990, n. 8010)."……. In particolare, l'errore rilevante deve presentare, a norma dell'art. 1428 c.c. i requisiti della essenzialità e della riconoscibilità e vertere su taluno degli elementi indicati nell'art. 1429 c.c., che le parti abbiano debitamente prospettato agli arbitri stessi; dunque l’errore rilevante è solo quello attinente alla formazione della volontà degli arbitri e ricorrente quando questi abbiano avuto una falsa rappresentazione della realtà per non avere preso visione degli elementi della controversia o per averne supposti altri inesistenti ovvero per aver dato come contestati fatti pacifici o viceversa; mentre è preclusa ogni impugnativa per errori di giudizio, sia in ordine alla valutazione delle prove che in riferimento all'idoneità della decisione adottata a comporre la controversia (Cass., Sez. Un., 8 agosto 1990, n. 8010; Cass. civ., Sez. I, 10 marzo 1995, n. 2802; Cass., Sez. I, 28 novembre 1992, n. 12725; Cass., Sez. Un., 26 gennaio 1988, n. 664). Deve dunque senz’altro escludersi la impugnabilità del lodo arbitrale per errori di giudizio, cioè errori di valutazione dei fatti, ferma restando l’esatta rappresentazione degli stessi. …. Quanto agli errori di diritto, giova osservare che gli stessi non sono del tutto irrilevanti, ai sensi dell’art. 1429 cod. civ., quale causa di annullamento degli atti negoziali: e, invero, l’art. 1429, n. 4, considera essenziale, e dunque possibile causa di annullamento del negozio, l’errore di diritto che sia "stato la ragione unica o principale del contratto"; l’errore di diritto, poi, oltre che determinante, deve essere riconoscibile dall’altro contraente (art. 1428 cod. civ.)…. L’errore di diritto rilevante quale vizio del consenso è quello che si traduce in una erronea rappresentazione dei fatti a causa di una erronea premessa giuridica. Si tratterà, di regola, di errore sulla esistenza o inesistenza di una norma giuridica, e non di un errore di interpretazione e valutazione della portata della norma medesima”.

dott. Matteo Acquasaliente

Consiglio di Stato n. 2641 del 2013

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