In che cosa consiste il danno da illegittima reiterazione di un vincolo espropriativo

13 Ago 2012
13 Agosto 2012

La sentenza del TAR Veneto n. 1121 del 2012, pubblicata nel post che precede, si occupa poi del risarcimento del danno da illegittima reiterazione del vincolo.

Scrive il TAR: “è, pertanto, possibile constatare il venire in essere di tutti i presupposti che caratterizzano “il danno”, suscettibili di ammettere una pronuncia di condanna al risarcimento della lesione subita dal ricorrente.

Nel caso di specie sussiste infatti “l’evento lesivo” - così come la concreta “lesione” -, entrambe riconducibili all’asserita e protratta indisponibilità dell’area che. Essa, in conseguenza dell’illegittima apposizione del vincolo, non ha potuto produrre alcuna forma di “reddito” nei confronti del proprietario; sussiste la “culpa” dell’Amministrazione, riconducibile all’adozione di un provvedimento assolutamente privo di motivazione e, ciò, malgrado l’inevitabile compressione che detto provvedimento era astrattamente idoneo a provocare.

Deve ritenersi esistente, altresì, sia il nesso di causalità e, ancora, la prova del danno subito da parte del ricorrente nella parte in cui quest’ultimo ha dimostrato il “costo dell’indebitamento” sopportato.

Si è avuto modo di evidenziare come proprio l’indisponibilità del bene abbia, di fatto, obbligato la stessa ricorrente a stipulare un contratto di mutuo bancario per un importo pari a 550.000,00 Euro.

L’obbligo risarcitorio deve pertanto considerare non solo la reiterazione del vincolo poi dichiarata illegittima, ma soprattutto dovrà avere a riferimento la sostanziale indisponibilità del bene sopportata dal ricorrente.

E’ allora evidente come proprio “l’indisponibilità patrimoniale” del bene costituisce quell’indispensabile parametro per addivenire ad una corretta quantificazione del danno.

Detta indisponibilità ha comportato – soprattutto per una società immobiliare che opera sul mercato -, la necessità di ricorrere al credito per il naturale esplicarsi dell’attività economica e d’impresa che, il valore patrimoniale del bene, avrebbe potuto garantire e, quindi, il contestuale pagamento di quegli interessi correlati all’acquisizione di una determinata somma.

E’ allora del tutto evidente come il calcolo del danno subito non possa prescindere da una valutazione del valore dell’area, incisa dal provvedimento di reiterazione illegittimo. A tal fine questo Collegio ha ordinato lo svolgimento di una CTU a cui devolvere, altresì, l’accertamento relativo sia all’esatta classificazione dell’area in questione. Per quanto attiene al calcolo del risarcimento va rilevato come il Consulente d’Ufficio, abbia prospettato a questo Collegio due distinte soluzioni, corrispondenti a due differenti stime di valore. Per l’ipotesi denominata “A)” il valore andrebbe calcolato avendo a riferimento le aree in quanto considerate “non edificabili” ed è stato determinato nella quota corrispondente al 30% dei valori indicati nell’ipotesi B). L’ipotesi B) quantifica detto valore avendo a riferimento “l’edificabilità di fatto” e, quindi, prendendo a confronto le aree circostanti, anch’esse tutte edificabili. Lo stesso Consulente ha evidenziato come il Programma di fabbricazione del 1968 avesse qualificato l’area di proprietà del ricorrente come “agricola”; il programma di fabbricazione successivo, a sua volta, aveva inserito la stessa area nell’ambito della classificazione a “verde pubblico”. Ha altresì ricordato, sempre il Consulente, come le aree in questione, in una fase immediatamente antecedente alle delibere annullate - e in conseguenza del vincolo oramai decaduto -, fossero qualificate come “zona bianca” ai sensi di quanto previsto dall’art. 9 del Dpr 327/2001.

Sulla base di quanto sopra si è concluso che la destinazione delle aree di proprietà del ricorrente debba essere ricondotta ad area aree “agricole” o comunque ad aree destinate a “verde” e, in ciò risultando determinante la considerazione in base alla quale dette proprietà non erano state mai destinate, nemmeno da un aspetto meramente “potenziale”, ad essere edificate.

In ragione di una classificazione costante, risalente sin al 1968” e protratta per un tempo così considerevole – fino al Prg del 1992, deve allora ritenersi di prescindere dal considerare rilevante ai fini del calcolo del valore del bene il carattere “edificabile” delle aree circostanti.

A conferma di quanto sopra evidenziato è necessario rilevare come lo stesso Consulente abbia affermato che le aspettative di sviluppo delle aree della FIRB fossero, all’atto in cui veniva reiterato il vincolo, del tutto “indefinite”. Ne consegue come debba prescindersi dalla stima di cui all’ipotesi B), ritenendo più aderente al reale valore del bene quantificato l’ipotesi sub A) che, al contrario, evidenzia la classificazione, della stessa area, quale “zona bianca”.

Sempre ai fini di operare una corretta quantificazione del pregiudizio subito dal ricorrente va individuato il periodo di tempo in cui il danno si è prodotto. Il dies a quo deve essere individuato nella data di adozione della prima delibera comunale del Febbraio 1999 di reiterazione del vincolo e non, come vorrebbe parte resistente, nella delibera del 2002 con cui la Regione ha approvato la variazione del Prg che rendeva efficace la reiterazione del vincolo di inedificabilità.

Deve ritenersi che l’indisponibilità dell’area ai fini patrimoniali sopra precisati si sia prodotta a partire dal giorno in cui il Comune ha adottato la reiterazione, rendendola manifesta all’esterno e così determinando, da quel momento e di fatto, l’impossibilità del ricorrente di poter utilizzare l’area di cui si tratta e quel pregiudizio economico alla base della richiesta di risarcimento.

A tal fine va pertanto considerato che l’individuazione del dies a quo deve fare riferimento ai principi generali relativi al risarcimento a seguito dell’annullamento dell’atto, principi in base ai quali il termine iniziale va individuato dalla data del provvedimento lesivo (Cons. Stato, Sez. IV, 3 dicembre 2010, n. 8533).

Ne consegue che il termine finale della lesione, in quanto strettamente correlata al provvedimento di cui si tratta, non può che essere individuato proprio nella data di annullamento dello stesso vincolo, annullamento avvenuto, nel corso del 2007 e a seguito dell’accoglimento del Ricorso Straordinario sopra citato.

Il ricorso, pertanto, può essere accolto e di conseguenza deve essere condannata l’Amministrazione al risarcimento del danno subito così come quantificato dall’ipotesi sub A) della perizia depositata dal Consulente nominato da questo Tribunale e per un importo pari a Euro 22.125,44 (ventiduemilacentoventicinque//44)”.

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