La sanzione pecuniaria ex art. 167 D. Lgs. 42/2004 non è alternativa al ripristino dei luoghi

06 Mar 2013
6 Marzo 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. II, con la sentenza del 14 febbraio 2013 n. 217, ritiene che la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 167 D. Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) non sia alternativa al ripristino dei luoghi.

L’articolo dispone che:“1. In caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, fatto salvo quanto previsto al comma 4.

2. Con l'ordine di rimessione in pristino è assegnato al trasgressore un termine per provvedere.

3. In caso di inottemperanza, l'autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica provvede d'ufficio per mezzo del prefetto e rende esecutoria la nota delle spese. Laddove l'autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica non provveda d'ufficio, il direttore regionale competente, su richiesta della medesima autorità amministrativa ovvero, decorsi centottanta giorni dall'accertamento dell'illecito, previa diffida alla suddetta autorità competente a provvedervi nei successivi trenta giorni, procede alla demolizione avvalendosi dell'apposito servizio tecnico-operativo del Ministero, ovvero delle modalità previste dall'articolo 41 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a seguito di apposita convenzione che può essere stipulata d'intesa tra il Ministero e il Ministero della difesa.

4. L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:

a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

5. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1. La domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell'articolo 181, comma 1-quater, si intende presentata anche ai sensi e per gli effetti di cui al presente comma.

6. Le somme riscosse per effetto dell'applicazione del comma 5, nonché per effetto dell'articolo 1, comma 37, lettera b), n. 1), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, sono utilizzate, oltre che per l'esecuzione delle rimessioni in pristino di cui al comma 1, anche per finalità di salvaguardia nonché per interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o interessati dalle rimessioni in pristino. Per le medesime finalità possono essere utilizzate anche le somme derivanti dal recupero delle spese sostenute dall'amministrazione per l'esecuzione della rimessione in pristino in danno dei soggetti obbligati, ovvero altre somme a ciò destinate dalle amministrazioni competenti”.

Giustamente il T.A.R. Veneto ricorda “quel consolidato orientamento giurisprudenziale in relazione al quale l’indennità di cui all’art. 167 del D.Lgs. 42/2004, “costituisce una vera e propria sanzione amministrativa (e non una forma di risarcimento del danno), che come tale prescinde dalla sussistenza effettiva di un danno ambientale (Consiglio di Stato Sez. IV, sent. n. 2160 del 16-04-2010)”.

3.2 La sanzione pecuniaria di cui si tratta deve, pertanto, ritenersi diretta a reprimere, con effetto deterrente oltre che ripristinatorio, ogni tipo di violazione, essendo dovuta anche in mancanza di un concreto danno ambientale.

Come ha correttamente rilevato la Regione Veneto l’orientamento giurisprudenzale oramai consolidato ritiene che “la misura pecuniaria prevista dall'art. 15 della legge n. 1497 del 1939, nonostante il riferimento al termine "indennità", non costituisce un'ipotesi di risarcimento del danno ambientale ma rappresenta una sanzione amministrativa, applicabile sia nel caso di illeciti sostanziali, ovvero in caso di compromissione dell'indennità paesaggistica, sia nell'ipotesi di illeciti formali, quale è, appunto, da ritenersi il caso di violazione dell'obbligo di conseguire l'autorizzazione a fronte di un intervento compatibile con il contesto paesistico oggetto di protezione”. (Cons. di Stato Sez. VI, n. 912 del 2001, cit. n. 3184 del 2000 Cons. Stato Sez. VI, 15-05-2003, n. 2653)”.

 La sentenza chiarisce inoltre come tale sanzione, soggetta ai principi sanciti dalla l. 689/1981, si applica allorquando vi è un illecito sostanziale, e non un illecito formale come sostenuto da parte ricorrente: “come ha affermato l’orientamento sopra ricordato la sanzione pecuniaria ex art. 164 D.Lgs. n. 490 del 1999 è immediatamente collegata non tanto ad un danno inferto al paesaggio, ma alla violazione dell'obbligo di non mutare lo stato dei luoghi tutelati, quindi principalmente ad un illecito formale: (T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, 26-07-2011, n. 1508).

Si consideri, ancora, che come ha avuto modo di precisare anche questo Tribunale, la valutazione dell’Amministrazione di optare per la sanzione pecuniaria in luogo della demolizione non è configurabile come una sorta di autorizzazione postuma implicita, presupponendo comunque l'accertamento di una violazione rispetto al valore paesaggistico (T.A.R. Veneto Venezia Sez. II Sent., 18 dicembre 2009, n. 3635)”.

Infine, soffermandosi sull’art. 8 dell’abrogata l.r. Veneto 63/1994, il Collegio evidenzia che: “Sul punto va evidenziato, in primo luogo, l’inesistenza di un potere discrezionale dell'Amministrazione nell'applicare la sanzione di cui all'art. 8, L.R. 31 ottobre 1994 n. 63, così come peraltro già sancito in alcuni precedenti da questo stesso Tribunale (TAR Veneto Sez. II, sent. n. 1277 del 03-07-2000) e in luogo del provvedimento di ripristino.

5.2 La semplice lettura del testo dell’art. 8 L. Reg. 63/94 consente, poi, di non condividere l’argomentazione diretta a qualificare come residuale il criterio del doppio del costo di produzione e, ciò, nella parte in cui si prevede che…” salvo diversa motivata valutazione dell'autorità competente, il danno di cui all'articolo 15, legge 29 giugno 1939, n. 1497, è pari a due volte il costo teorico di realizzazione delle opere e/o dei lavori abusivi”. La necessità della previsione di un espresso onere motivazionale a carico dell’Amministrazione non può non essere interpretato come l’intento di prevedere come “principale” il criterio sopra specificato e residuale, al contrario, ogni differente e motivata valutazione”.

dott. Matteo Acquasaliente

sentenza TAR Veneto 217 del 2013

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