Quando vi è l’esenzione dal contributo di costruzione per un’opera pubblica?

26 Ago 2014
26 Agosto 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. II, nella sentenza del 10 luglio 2014 n. 998 si sofferma sulla portata dell’art. 17, c. 3, lett. c) del D.P.R. n. 380/2001, chiarendo come deve essere interpretata questa disposizione che esonera dal pagamento del contributo di costruzione la realizzazione di un’opera pubblica o di interesse pubblico.

Nello specifico si legge che: “Viene in discussione la tematica dell’esenzione dal pagamento del contributo di costruzione ai sensi dell’art. 17, III comma, lett. c) D.P.R. n. 380/2001, secondo il quale, il contributo di costruzione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.

L’esenzione è dunque prevista in due distinte ipotesi: per le opere pubbliche o d’ interesse generale, realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, e per le opere di urbanizzazione eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici.

In tale ultima ipotesi il privato realizza un'opera qualificabile d’interesse pubblico sulla base delle previsioni dello strumento urbanistico generale o dei piani attuativi. In tal caso, l'utilità per l'amministrazione deriva direttamente dalla realizzazione dell'opera e pertanto l'esenzione è automatica”.

Assodato ciò, il Collegio ritiene che la realizzazione di un nuovo complesso universitario nel Comune di Padova rientri nella suddetta esenzione per una molteplicità di ragioni: “ritiene il Collegio che la ricorrente abbia diritto all’esenzione dalla corresponsione del costo di costruzione, ai sensi dell’ultimo periodo della lettera c) del comma 3, dell’art. 17, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, avendo essa realizzato un’opera di urbanizzazione secondaria in esecuzione di un piano attuativo.

Innanzitutto, sulla base della comune esperienza, non sembra possa dubitarsi del fatto che una struttura universitaria pubblica sia riconducibile ad un “complesso per l’istruzione superiore all’obbligo” di cui al sopra riportato elenco, integrando, dunque, un’opera di urbanizzazione secondaria.

Va peraltro osservato come l’elenco di cui all’art. 16 D.P.R. 380/2001 non sia tassativo e come non vi sia dubbio che l’Università di Padova sia una struttura aperta alla fruizione collettiva e svolga un ruolo di fondamentale importanza per la città dal punto di vista funzionale, sociale, aggregativo, identificativo e del prestigio della città, essendo peraltro diretta a soddisfare un bacino di utenza indifferenziato e decisamente più ampio di quello locale.

Va poi osservato che la struttura in questione, costituita da aule didattiche e laboratori, ha avuto, sin dal rilascio del permesso di costruire del 15 settembre 2009, tale originaria, univoca e non mutabile destinazione, non essendo questa utilizzabile in altro modo se non come struttura destinata a complesso universitario.

Infine, tale “fabbricato ad uso universitario” dopo essere stato oggetto del preliminare di compravendita del 3 giugno 2009, ed essere stato seguito nella progettazione e nella esecuzione da tecnici dell’Università, è stato definitivamente acquisito in proprietà pubblica con l’atto del 5 luglio 2013, intervenuto tra la Aedilmap e l’ Università degli studi di Padova.

Quanto invece all’ulteriore requisito dell’attuazione di un piano attuativo, la realizzazione del “Nuovo complesso universitario – Università di Biomedicina e Biologia di Padova” è stata espressamente prevista dalla variante al piano attuativo approvata dal Consiglio Comunale il 22 aprile 2009, e ciò in conformità al P.R.G. che qualifica tale zona come direzionale, ove ai sensi dell’art. 19, lett c) delle n.t.a. sono ammessi “servizi pubblici e d’interesse pubblico”.

Pertanto, la realizzazione del complesso universitario - opera di urbanizzazione - è avvenuta “in attuazione di strumenti urbanistici”.

Per altro verso, le argomentazioni svolte nelle difese dell'Ente circa gli eventuali guadagni che la società ricorrente possa aver ricavato dall'operazione immobiliare risultano irrilevanti, proprio perché per la tipologia di opere in questione la legge ha operato una precisa scelta, del tutto indifferente all'intento speculativo della società costruttrice, volta ad incentivare gli interventi che, pur rispondenti alle scelte della proprietà, consentano di realizzare quanto previsto dallo strumento urbanistico sotto il profilo delle destinazioni a strutture di urbanizzazione secondaria.

Ciò detto, in una vicenda dove gli aspetti pubblicistici dell’operazione erano molto meno evidenti (esenzione per la realizzazione di una struttura sanitaria privata) il Consiglio di Stato, sez. IV, 12 maggio 2011 n. 2870, ha avuto occasione di precisare che il concretarsi dell'ipotesi di esenzione dal contributo concessorio ex art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. n. 380 del 2001, si riscontra in presenza di opere classificabili come di urbanizzazione, purchè esse siano realizzate, anche da privati, "in attuazione di strumenti urbanistici". Rileva, dunque, ed è sufficiente, non ponendo la norma altre condizioni, che l'opera attui, ossia ponga in essere, quanto previsto dallo strumento, realizzando la configurazione di opere di urbanizzazione in esso contemplata.

La sentenza del Consiglio si Stato che riconduce al novero delle urbanizzazioni secondarie le strutture sanitarie private, precisa anche che "del resto l'ipotesi di esonero considerata nella seconda parte dell'art. 17, co 3, lett c) D.P.R. n. 380 del 2001 è testualmente riferita ad opere di urbanizzazione eseguite anche da privati, coerentemente con l'intento di agevolare la realizzazione di opere di urbanizzazione e di evitare un illogico addebito al privato realizzatore di queste di contributi per opere di urbanizzazione che, in parte, egli stesso contribuisce a creare".

Non rileva, dunque, che il piano attuativo sia d’iniziativa privata, né la mancata espressa qualificazione, da parte del piano attuativo, del complesso universitario quale opera di urbanizzazione secondaria, essendo sufficiente che questo costituisca la traduzione in opera di quanto previsto dallo strumento urbanistico in punto di destinazione di una certa area a strutture qualificabili come di urbanizzazione secondaria (negli stessi termini, oltre al citato Cons St., anche: T.A.R. Veneto, Sez. II, Sent., 21-08-2013, n. 1086; T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, Sent., 28-06-2013, n. 1921).

Nel caso di specie, il piano attuativo ha previsto la realizzazione, in una determinata area, di quella specifica opera che, alla luce di quanto sopra detto, costituisce indubitabilmente un’opera di urbanizzazione”.

dott. Matteo Acquasaliente

sentenza TAR Veneto n. 998 del 2014

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