Solo in qualche parte d’Italia il piano casa si applica anche in sanatoria

14 Dic 2012
14 Dicembre 2012

La Legge Regionale Puglia 30 luglio 2009, n. 14, concernente “Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale” (c.d. Piano Casa), ha la finalità di regolamentare “l’esecuzione di interventi di ampliamento e di demolizione e ricostruzione, anche in deroga alla pianificazione urbanistica locale, secondo le modalità e nei limiti previsti dalle norme seguenti” (art. 1, c. 2).

In particolare, l’art. 3, l. r. Puglia 14/2009 prevede che: “1. Possono essere ampliati, nel limite del 20 per cento della volumetria complessiva, e comunque per non oltre 200 m3, gli edifici residenziali e quelli di volumetria non superiore a 1.000 m3, alle condizioni e con le modalità seguenti:

a) sono computabili solo i volumi legittimamente realizzati. Le volumetrie per le quali sia stata rilasciata la sanatoria edilizia straordinaria di cui alla legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), alla legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e al decreto - legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono computate ai fini della determinazione della volumetria complessiva esistente. Nel caso in cui detta sanatoria sia stata rilasciata per ampliamenti di volumetria preesistente, la volumetria sanata deve essere detratta nel computo dell’ampliamento. Non devono essere detratte dal computo dell’ampliamento le volumetrie oggetto di sanatoria edilizia per mera variazione di destinazione d’uso;

b) l’ampliamento deve essere realizzato in contiguità fisica rispetto al fabbricato esistente, nel rispetto delle altezze massime e delle distanze minime previste dagli strumenti urbanistici. In mancanza di specifica previsione in detti strumenti, si applicano altezze massime e distanze minime previste dal decreto del Ministro per i lavori pubblici, di concerto con il Ministro per l’interno, 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765);

c) l’ampliamento deve essere realizzato conformemente alle norme riportate all’articolo 4, comma 4, lettere a), b) e c), e commi 18, 19 e 20, estesi questi ultimi a tutti gli interventi di cui all’articolo 3, comma 2, lettera c), numero 1, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia), del regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2009, n. 59, in attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del d.lgs. 192/2005 e successive modificazioni. In ogni caso, l’unità abitativa esistente interessata dall’ampliamento deve essere munita di finestre con vetrature con intercapedini di aria o di gas”.

Il T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, con la sentenza del 29 novembre 2012 n. 1949, applica l. r. Puglia 14/2009 in combinato disposto con l’art. 36 DPR 380/2001 - contenete la disciplina della sanatoria secondo la c.d. doppia conformità - per affermare l’ammissibilità della sanatoria per gli interventi realizzati sine titulo.

Sebbene l’Amministrazione dichiarasse espressamente che secondo la normativa regionale invocata, sono computabili solo i volumi legittimi, anche se a seguito di condono, atteso che la finalità e gli ambiti di applicazione della citata legge si riferiscono a interventi da realizzare, non già a quelli realizzati e abusivi, come nel caso di specie”, i giudici pugliesi, al contrario, hanno ritenuto che: “Invero, dal combinato disposto dell’art. 3, comma 1, lett. a) della l.r. 14/2009 e dell’art. 36 del d.P.R. n 380/2001, applicabile al caso in esame, emerge chiaramente che:

1. la disciplina regionale sul c.d. “Piano casa” consente un ampliamento degli edifici residenziali esistenti nei limiti del 20% della volumetria complessiva e, comunque, non oltre i mc. 200 (art. 3), anche in deroga alle previsioni quantitative della strumentazione urbanistica locale (art. 1, comma 2);

2. i “volumi legittimamente realizzati” costituiscono solo la base del calcolo del volume complessivo del fabbricato preesistente (che, dunque, può essere anche solo parzialmente abusivo e, per tale parte, non computabile) su cui commisurare l’ampliamento consentito del 20%, per il quale, nel caso specifico, è, appunto, chiesta la sanatoria;

3. tale disciplina si applica a tutti gli interventi eseguiti sotto la sua vigenza, con esclusione solo di quelli precedentemente realizzati;

4. l’Amministrazione comunale non è in grado di contestare, con certezza, la data dell’abuso dedotta dalla ricorrente, si dà farlo risalire a epoca antecedente all’entrata in vigore della normativa premiale;

5. in virtù del citato art. 36, T.U. edilizia - che richiede, per la sanatoria, la doppia conformità alla disciplina sostanziale di riferimento -, l’abuso in oggetto, meramente formale, risulta sanabile in quanto conforme alla disciplina edilizia vigente sia al momento della sua esecuzione che al momento della presentazione dell’istanza. Trova, infatti, applicazione, in entrambi i momenti storici, la legge regionale che consente un ampliamento pari al 20% del volume legittimo preesistente, nei cui limiti si pone, secondo assunto non contestato, l’intervento aggiuntivo “de quo”.

 In Veneto, è la stessa l. r. Veneto 14/2009 a sancire che il Piano Casa non può essere applicato in sanatoria: “Gli interventi previsti dagli articoli 2, 3 e 4 non trovano applicazione per gli edifici:

e) anche parzialmente abusivi soggetti all'obbligo della demolizione" (art. 9, c. 1, lett. e), l. r. Veneto 14/2009).

A riguardo il T.A.R. Veneto, sez. II, 05.07.2012, n. 962, seppur con riferimento all’art. 38 DPR 380/2001 così si esprime: “In conclusione, la legge regionale n. 14/09 sul " piano casa " non poteva essere utilizzata per "regolarizzare" un immobile abusivo, a ciò ostando le finalità della legge ed il chiaro dettato dell'art. 9, lett. e)”.

 La medesima disciplina è detta altresì dalla l. r. Lazio 11 agosto 2009, n. 21 concerneteMisure straordinarie per il settore edilizio ed interventi per l'edilizia residenziale sociale” laddove prevede che :“1. Le disposizioni del presente capo si applicano agli interventi di ampliamento, di ristrutturazione e di sostituzione edilizia degli edifici di cui agli articoli 3, 3 bis, 3 ter, 4, e 5 per i quali, alla data del 28 agosto 2011, sussista, alternativamente, una delle seguenti condizioni:

a) siano edifici legittimamente realizzati ed ultimati come definiti dall’articolo 31 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) e successive modifiche ovvero, se non ultimati, abbiano ottenuto il titolo abilitativo edilizio;

b) siano edifici ultimati per i quali intervenga il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria entro il termine di cui all’articolo 6, comma 4.

2. Le disposizioni del presente capo non si applicano agli interventi di cui al comma 1 da effettuarsi su edifici realizzati abusivamente nonché:

a) su edifici situati nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal piano territoriale paesaggistico regionale (PTPR);

b) su edifici situati nelle aree sottoposte a vincolo di inedificabilità assoluta;

c) su edifici situati nelle aree naturali protette, con esclusione delle zone di promozione economica e sociale individuate nei piani di assetto delle aree naturali protette vigenti ovvero, in assenza dei piani di assetto, delle zone B individuate dalle leggi istitutive delle aree ai fini dell’applicazione delle disposizioni di salvaguardia ovvero, in assenza dell’individuazione delle zone B, nelle zone che nelle leggi istitutive delle aree naturali protette si considerano edificabili ai fini dell’applicazione delle norme di salvaguardia, fatto salvo in ogni caso il nulla osta del soggetto gestore dell’area naturale protetta;

d) su edifici situati nelle aree del demanio marittimo;

e) su edifici situati nelle zone di rischio molto elevato ed elevato individuate dai piani di bacino o dai piani stralcio di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo) e successive modifiche e alla legge regionale 7 ottobre 1996, n. 39 (Disciplina Autorità dei bacini regionali) e successive modifiche, adottati o approvati, fatta eccezione per i territori ricadenti nei comprensori di bonifica in cui la sicurezza del regime idraulico è garantita da sistemi di idrovore;

f) su edifici situati nelle aree con destinazioni urbanistiche relative ad aspetti strategici ovvero al sistema della mobilità, delle infrastrutture e dei servizi pubblici generali nonché agli standard di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968;

g) su edifici situati nelle fasce di rispetto, come definite dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 1° aprile 1968, n. 1404, delle strade pubbliche, fatte salve le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, nonché nelle fasce di rispetto ferroviarie, igienico-sanitarie e tecnologiche;

h) su casali e complessi rurali, ancorché non vincolati dal PTPR, che siano stati realizzati in epoca anteriore al 1930”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Puglia, sez. III, n. 1949 del 2012

TAR Veneto, sez. II, 962 del 2012

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