La natura giuridica degli enti di assistenza e beneficenza

21 Nov 2013
21 Novembre 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. III, nella sentenza del 14 novembre 2013 n. 1282, chiarisce la natura giuridica degli enti di assistenza e beneficenza asserendo che: “L’orientamento della Cassazione è consolidato nel ribadire che la natura giuridica degli enti di assistenza e beneficenza deve essere accertata in sede giudiziale, in concreto, indipendentemente dall'esito delle procedure amministrative eventualmente esperite e facendo ricorso ai criteri indicati dal d.p.c.m. 16 febbraio 1990 (cfr. Cass. Civ. sez. un., 27 gennaio 2012, n. 1151 e 30 dicembre 2011, n. 30176).

L’accertamento, vertendo su diritti soggettivi, compete in via principale al giudice ordinario, e in via incidentale al giudice amministrativo, in forza del generale principio di cui all’art. 8 c.p.a., secondo cui il giudice amministrativo conosce senza efficacia di giudicato di tutte le questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale.

Sempre in tema si è inoltre chiarito che non è di ostacolo al riconoscimento della natura privatistica dell'ente la circostanza che non siano state portate a compimento le procedure previste dalla L. n. 207 del 2001, nonché dalle leggi regionali, per la trasformazione dell'IPAB in persona giuridica privata: ciò in quanto spetta pur sempre al giudice il compito di vagliare la ricorrenza dei requisiti fissati dalla disciplina di settore per accertare la natura della istituzione, non fosse altro perché, come affermato dalle citate decisioni della Corte costituzionale e dalla richiamata giurisprudenza della Corte di Cassazione, l'atto della Regione ha valore meramente ricognitivo ed a tale compito può attendere anche il giudice (Cass. Civ. sez. un., 16 maggio 2008 n. 12377 e 6 maggio 2009 n. 10365).

Gli effetti della delibera di depubblicizzazione, adottata dalla Regione, così come normativamente predeterminati, conseguono infatti direttamente all'accertamento di una situazione esistente, senza che sul loro contenuto possa incidere la volontà dell'Autorità regionale; ciò significa che la delibera predetta va qualificata come atto di accertamento rispetto ad una posizione che va verificata nei suoi elementi obiettivi. Essa quindi non è attributiva di uno status, ma si limita ad accertarlo, previa verifica dell'effettiva (e preesistente) natura dell'ente interessato e con le conseguenze che la legge ricollega a tale accertamento (T.A.R. Milano sez. III, 13 aprile 1999, n. 1180)”.

 Dato che nel caso di specie l’istituzione non rientrava nella categoria degli enti privatistici “promossi ed amministrati da privati”, configurata dall’art. 1 comma 5 del DPCM 16.02.1990, il Collegio giunge a ritenere che: “L’atto impugnato consiste in una modifica della dotazione organica, sicchè alla specie vanno applicati i principi secondo cui l’atto di riorganizzazione è censurabile per soli motivi di illogicità, restando riservate all’amministrazione le scelte di macro organizzazione – il Collegio sul punto dissente dall’equiparazione alla disciplina delle aziende sanitarie, ipotizzata dalla resistente, conducente alla giurisdizione ordinaria-”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1282 del 2013

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