Professionisti e recupero del credito: la procedura ingiuntiva alla luce dell’abrogazione delle tariffe professionali

12 Set 2016
12 Settembre 2016

A distanza di anni dall'abrogazione delle tariffe professionali ad opera del D.L. 1/2012, permangono ancora oggi diversi dubbi circa i presupposti per richiedere un decreto ingiuntivo per crediti di natura professionale, così come controversa appare la necessità del preventivo visto della parcella da parte della competente associazione.

Sulla questione i vari ordini professionali si muovono in ordine sparso, con differenti prese di posizione.

Proviamo a fare un po' di chiarezza sul punto.

Post di Diego Giraldo – avvocato

L'art. 9 del D.L. 1/2012, convertito dalla legge n. 27/2012, ha abrogato le tariffe delle professioni regolamentate, con contestuale abrogazione delle disposizioni vigenti che, per la determinazione del compenso del professionista, rinviano a dette tariffe.

In ordine alla necessità di recuperare un credito di natura professionale, ci si è immediatamente posti il problema delle relative modalità procedurali, in particolare quanto alla procedura ingiuntiva e al preventivo visto da parte del competente ordine.

In linea generale, la giurisprudenza di merito ha chiarito che la citata norma ha comportato anche l'abrogazione dell'art. 2233 comma 1 c.c., nella parte in cui questa prevedeva, ai fini della determinazione del compenso del professionista, l'acquisizione giudiziale del parere dell'associazione di categoria, nonchè dell'art. 636 c.p.c. (si vedano, in particolare, Trib. Varese 11 ottobre 2012; Trib. Verona 25 settembre 2013).

Di conseguenza, secondo la giurisprudenza consolidatasi progressivamente, integrano la prova scritta, idonea ex art. 633 co. 1 n. 1 c.p.c. per l'emissione di un decreto ingiuntivo, l'accordo scritto tra il professionista e il cliente, nonchè il preventivo redatto in forma scritta.

Il problema di fondo, a questo punto, nasce in ragione delle differenti categorie professionali di appartenenza e delle prese di posizione da parte dei rispettivi ordini professionali, con sviluppi procedurali eterogenei che non hanno permesso di pervenire, ancora ad oggi, ad una soluzione univoca della problematica.

Per quanto riguarda la categoria professionale degli avvocati, il CNF, con parere del 23.10.2013, ha rilevato che il D.L. 1/2012 ha comportato l'abrogazione delle tariffe professionali, ma non ha invece abrogato la norma di cui all'art. 636 c.p.c. che richiede necessariamente il parere del competente ordine circa l’adeguatezza del compenso richiesto al cliente, nel caso in cui il legale voglia ottenere un decreto ingiuntivo (cosiddetto “opinamento”).

E' evidente, dunque, che tale parere, avallato da alcune sentenze di merito (da ultimo, Trib. Milano 13 gennaio 2016), si pone in contrasto con l'interpretazione fornita sul punto dall'originaria giurisprudenza; la conseguenza pratica per un avvocato che intenda recuperare un credito professionale è la possibilità di avvalersi della procedura ingiuntiva, previo visto di opinamento della parcella da parte del proprio COA di appartenenza, ovvero fornendo come prova ex art. 633 c.p.c. l'accordo sottoscritto con il cliente.

Vale la pena ricordare che, oltre alla procedura ingiuntiva alle sopra indicate condizioni, il legale può azionare la propria pretesa attraverso il rito sommario ex art. 702 bis c.p.c., di cui al D. Lgs. n. 150/2011, oppure attraverso rito ordinario di cognizione; quest'ultima possibilità, però, sembra essere avversata da una parte della giurisprudenza che, seguendo quanto statuito da Cass. n. 4002/2016, non riconosce la possibilità di far valere la propria domanda con rito ordinario, con obbligo del giudice, in tale caso, di convertire il rito da ordinario a sommario ex art. 702 bis c.p.c.

Venendo ora alle altre categorie professionali, si evidenzia una netta diversità con quanto sopra indicato, dato che la procedura ingiuntiva basata su parcelle vidimate parrebbe non essere più contemplata: in sostanza, viene in questo caso fatta valere l'interpretazione giurisprudenziale secondo cui l'abrogazione delle tariffe professionali ha comportato l'abrogazione dell'art. 2233 co. 1 c.c. e dell'art. 636 c.p.c.

Residuerebbe, in tal caso, la possibilità di richiedere il proprio credito, con procedura ingiuntiva, fornendo la prova scritta di un accordo intercorso con il cliente, correlato dal preventivo.

Ulteriore differenziazione emerge dalle diverse prese di posizione, sul punto, delle rispettive associazioni professionali.

Il Collegio dei Geometri non ritiene più sussistente la necessità / possibilità di vidimare parcelle e di emettere pareri di congruità in favore dei propri iscritti, i quali, a questo punto, possono unicamente fornire prova scritta dei compensi pattuiti con il cliente al momento del conferimento d’incarico.

Per quanto attiene a commercialisti ed esperti contabili, il parere del 12 settembre 2013 del rispettivo Consiglio si pone in linea con il provvedimento del Tribunale di Varese, citato letteralmente, escludendo, dunque, che il visto dell'ordine sulla parcella possa legittimare il ricorso per decreto ingiuntivo ex art. 636 c.p.c.

Diversa posizione assumono, invece, il Consiglio nazionale dei Consulenti del Lavoro e il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, con i rispettivi pareri del 13 marzo 2014 e del 07 agosto 2014, i quali non ritengono abrogata la norma di cui all'art. 636 c.p.c., continuando a prevedere il parere di legittimità sulle parcelle degli iscritti quale condizione necessaria per ottenere un provvedimento ingiuntivo.

In conclusione, dato il frammentario quadro interpretativo di riferimento, assai eterogeneo anche in considerazione delle diverse categorie professionali e delle diverse prese di posizione dei rispettivi organi istituzionali, al fine di ovviare al problema della necessità o meno del preventivo visto della parcella, si consiglia ai professionisti di stipulare con i clienti accordi scritti, comprensivi di preventivo scritto relativo alla prestazione concordata.

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