La collocazione nel territorio pianificato delle opere di urbanizzazione secondaria necessita di una specifica destinazione dell’area su cui esse devono sorgere

08 Ott 2013
8 Ottobre 2013

Lo precisa il Consiglio di Stato nella sentenza n. 4445 del 2013.

Scrive il Consiglio di Stato: "...4.2. Come detto innanzi, Agorà ha dedotto nel primo grado di giudizio e puntualmente reiterato anche innanzi a questo giudice d’appello la censura dell’assenza, nell’ambito della vigente strumentazione urbanistica primaria del Comune di Roccabascerana, di un vincolo preordinato all’esproprio idoneo alla realizzazione dell’opera in questione e incidente sul proprio fondo, posto che le particelle catastali apprese al fine della realizzazione dell’edificio scolastico risultano incluse in zona “CP1 di espansione residenziale pubblica già programmata”.

Tale censura è fondata.

A tale riguardo nella sentenza impugnata si legge – come rilevato innanzi – che “la certificazione versata in atti, precisa all’art. 19 delle N.T.A. che la summenzionata zona CP1 riguarda aree di espansione residenziale pubblica, già destinata a tale scopo dal Piano per l’edilizia Economica e Popolare vigente e Nuovo Piano di Zona redatto ai sensi e per gli effetti della L. 14 maggio 1981 n.219 e del D.L.vo 30 marzo 1990 n. 76, escludendo, dunque, l’uso promiscuo pubblico-privato, per cui su tali aree esiste un vincolo preordinato all’espropriazione imposto dal vigente P.R.G. definitivamente approvato con decreto del Presidente della Provincia di Avellino n. 6/04 bis del 10 marzo 2006, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania n. 18 del 18 aprile 2006. Né l’opera si pone in variante allo strumento urbanistico, attesa la sua destinazione ad attrezzature e servizi, per cui la pretesa violazione della procedura di variante semplificata, ex art. 19 del T.U. approvato con D.P.R. 327 del 2001, risulta malamente invocata”.

Le affermazioni del giudice di primo grado travisano la situazione di fatto e risultano infondate per quanto attiene alla configurazione giuridica della situazione medesima.

Le particelle catastali di proprietà di Agorà assoggettate nella specie ad espropriazione (nn. 1008, 1009 e 672 del Foglio 13) sono indubitabilmente incluse dal vigente P.R.G. del Comune di Roccabascerana in zona “CP1 di espansione residenziale pubblica già programmata”, destinata alla realizzazione di edilizia residenziale, sia pure esclusivamente ad iniziativa pubblica.

L’opera pubblica realizzata dal Comune è – viceversa – un edificio scolastico, la cui collocazione non è prevista in tale zona.

Dalla lettura della sentenza di primo grado parrebbe di intendere che la destinazione dell’area ad edilizia residenziale pubblica potrebbe nella specie consentire l’utilizzazione del relativo vincolo di esproprio anche per realizzare una scuola, verosimilmente in quanto “attrezzatura” o “servizio” riconducibile all’urbanizzazione secondaria, trattandosi di servizio sociale a supporto di un insediamento abitativo.

In effetti, l’art. 4, secondo comma, lett. a) e b) della L. 29 settembre 1964 n. 847, come introdotto dall’art. 44 della L. 22 ottobre 1971 n. 865 e in parte sostituito dall’art. 17 della L. 11 marzo 1988 n. 67, menziona tra le opere di urbanizzazione secondaria gli “asili nido e scuole materne”, nonché le “scuole dell’obbligo nonché strutture e complessi per l’istruzione superiore all’obbligo”.

Ma, se le opere di urbanizzazione primaria (cfr. l’anzidetto art. 4, primo comma: strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione e spazi di verde attrezzato) sono ovunque realizzabili proprio in quanto essenziali per le fondamentali esigenze della collettività, la collocazione nel territorio pianificato delle opere di urbanizzazione secondaria necessita di una specifica destinazione dell’area su cui esse devono sorgere, ed a tal fine per ampia parte dell’elencazione contenuta nel secondo comma dell’art. 4 della L. 847 del 1964 si impone, quindi, la previa destinazione dell’area del relativo insediamento a zona F ( “parti del territorio destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale”: cfr. art. 2 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444).

Ciò non è avvenuto per il caso di specie; e – come rettamente dedotto da Agorà – risulta conseguentemente omesso l’apposito procedimento di cui all’art. 9, comma 5, del T.U. approvato con D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, il quale – per l’appunto – nel testo modificato per effetto del D.L.vo 27 dicembre 2002 n. 302, dispone che “nel corso dei cinque anni di durata del vincolo preordinato all’esproprio, il Consiglio comunale può motivatamente disporre o autorizzare che siano realizzate sul bene vincolato opere pubbliche o di pubblica utilità diverse da quelle originariamente previste nel piano urbanistico generale. In tal caso, se la Regione o l’ente da questa delegato all’approvazione del piano urbanistico generale non manifesta il proprio dissenso entro il termine di novanta giorni, decorrente dalla ricezione della delibera del Consiglio comunale e della relativa completa documentazione, si intende approvata la determinazione del Consiglio comunale, che in una successiva seduta ne dispone l’efficacia”.

L’accoglimento di tale censura risulta assorbente e determina la caducazione dell’intero procedimento ablatorio, impedendo in particolare che all’approvazione del progetto dell’opera disposto con la deliberazione consiliare n. 16 dd. 12 maggio 2009 possa riconoscersi anche il valore di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera medesima...".

sentenza CDS 4445 del 2013

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