Video convegno del 31 maggio 2013 su PAI e altre complicazioni

18 Giu 2013
18 Giugno 2013

Pubblichiamo le registrazioni video delle relazioni del convegno del 31 maggio 2013 sul PAI (dott. geologo Rimsky Valvassori); terre e rocce da scavo (avv. Vincenzo Pellegrini); profili penalistici (avv. Novelio Furin); legge sulle pubblicazioni obbligatorie (avv. Stefano Bigolaro); conclusioni (prof. avv. Alessandro Calegari).

Quando si apre la pagina su YouTube, c'è un tempo di attesa di circa 1 minuto prima che il video parta in automatico.

Dott. Valvassori

Avv. Vincenzo Pellegrini

Avv. Novelio Furin

Avv. Stefano Bigolaro

Prof. Avv. Alessandro Calegari

Per la Commissione europea l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria sottosoglia è salva

18 Giu 2013
18 Giugno 2013

Articolo tratto da:

http://fainotizia.delta.radioradicale.it/contributo/04-06-2013/testo/opere-di-urbanizzazione-commissione-europea--Decreto-SalvaItalia-Governo-Monti%20

"...La Commissione ha deciso di non dare seguito ad un reclamo presentato in merito all’articolo 16 comma 2bis del DPR 380/2001 introdotto nell’ordinamento con il Decreto SalvaItalia del Governo Monti.

Per la Commissione affidare l’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria sotto la soglia comunitaria (5 milioni di euro), senza l’obbligo di applicare il Codice dei Contratti, non è contrasto con il diritto comunitario in materia di appalti, a condizione che venga comunque rispettato l’art. 29 del Codice dei Contratti per il calcolo dell’importo dei lavori da aggiudicare, e che non si proceda all’affidamento diretto, senza trasparenza, di appalti qualora vi sia un interesse transfrontaliero certo.

Per la Commissione la formulazione del comma 2bis non è chiara. 

COSA PREVEDE IL COMMA 2BIS DELL’ART.16 DPR 380/2001

Con una norma inserita nel cosiddetto Decreto SalvaItalia, il Governo Monti ha modificato, alla fine del 2011, la disciplina relativa all’esecuzione delle opere di urbanizzazione correlate e funzionali agli interventi di trasformazione del territorio.

Nel nostro ordinamento, il titolare del permesso di costruire deve assicurare la presenza delle opere di urbanizzazione (strade, fognature, attrezzature, verde pubblico, etc.), e dotare gli edifici privati che realizza delle attrezzature e dei servizi necessari, nel rispetto delle grandezze urbanistiche minime (standard) stabilite dalla normativa statale e dalla strumentazione urbanistica comunale. L'operatore può assolvere a questo obbligo, versando i contributi necessari alla loro realizzazione (il cosiddetto contributo per il rilascio del permesso di costruire articolo 16 D.P.R. 380/2001, gli oneri concessori della cosiddetta legge Bucalossi), oppure facendosi carico della loro esecuzione, attraverso la stipula di un'apposita convenzione urbanistica con il Comune, detraendone il valore economico dalle somme che l'operatore è comunque tenuto a versare nelle casse comunali, in base al citato articolo 16, a titolo di contributo per l'urbanizzazione.

Per effetto della progressiva affermazione dell’orientamento comunitario, questa disposizione è stata progressivamente modificata preservando la facoltà, per il titolare del permesso di costruire, di assumere l’onere di eseguire le opere oggetto di convenzionamento con l’Amministrazione, ma assoggettando lo stesso titolare del permesso all’obbligo di procedere, al pari di una amministrazione aggiudicatrice, nel rispetto delle disposizioni del Codice dei Contratti.

L’equilibrio normativo sancito con le modifiche al Codice dei Contratti approvate con il Decreto Legislativo 152/2008 (il cosiddetto terzo decreto correttivo) - in base al quale sono stati individuati due distinti sistemi di aggiudicazione: uno per le opere di urbanizzazione eseguite dal titolare del permesso di costruire di importo sopra la soglia comunitaria e uno per quelle di importo inferiore – è stato però modificato, per opera del Governo Monti, che ha introdotto all’articolo 16 del Testo Unico sull’Edilizia il comma 2bis.

Con questa norma, il titolare del permesso di costruire può realizzare ovvero affidare direttamente l’esecuzione dei lavori per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria che hanno un importo fino a 5 milioni di euro, e non ha l’obbligo di rispettare le norme del Codice dei Contratti.

Ciò significa che - per utilizzare le parole usate nella Deliberazione n. 43/2012 (punto 4 dei “Ritenuto in diritto”) dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici - è consentito “all’operatore privato di gestire contratti fino ad un valore di 5 milioni di euro, senza tracciabilità degli eventuali, e consistenti, ribassi d’asta, subappalti, qualificazione delle imprese esecutrici dei lavori stessi, vigilanza dell’Autorità, per opere di urbanizzazione di pubblica utilità che saranno acquisite al patrimonio comunale”

LA COMMISSIONE EUROPEA SALVA LA NORMA

Per chiedere alla Commissione Europea di pronunciarsi sulla compatibilità della norma in questione con il diritto europeo degli appalti pubblici è stato presentato un formale reclamo nel mese di agosto del 2012. Gli Uffici della Commissione hanno deciso di non dare seguito al reclamo salvando il comma 2bis dell'articolo 16 del Testo Unico sull'Edilizia approvato con il Decreto Salva Italia del Governo Monti.

Per gli appalti sotto la soglia comunitaria le direttive non sono vincolanti - Nella prima nota di riscontro al reclamo, la Commissione motiva la scelta di non dare seguito alla segnalazione affermando - in parziale contraddizione con la posizione assunta dalla stessa Commissione nel giudizio contro l’art.2 c.5 della legge Merloni conclusosi con la sentenza della Corte di Giustizia UE del 21 febbraio 2008- che l’obbligo, a carico degli Stati membri, di applicare le Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE vale soltanto per gli appalti di importo uguale o superiore alle soglie fissate dalle medesime direttive, e non per quelli di importo inferiore quali quelli disciplinati dall’art.16 comma 2bis del D.P.R. 380/2001.

Nessun rischio di frazionamento artificioso delle opere oggetto della Convenzione - Nella stessa nota del febbraio scorso, gli Uffici della Commissione hanno chiarito che l’ordinamento italiano, anche dopo l’introduzione del comma 2bis, non è stato riportato nella situazione giuridica - oggetto della ricordata condanna da parte della Corte di Giustizia UE - in base alla quale è possibile procedere all’aggiudicazione del complesso di opere di urbanizzazione, oggetto del convenzionamento con il Comune, per lotti di importo inferiore alla soglia comunitaria, con il solo scopo di eludere gli obblighi stabiliti dalle direttive comunitarie.

Come si legge nella nota, secondo la Commissione non è possibile ricorrere al frazionamento artificioso delle opere convenzionate dal momento che l'art. 29. comma 7 lettera a) del Codice dei contratti pubblici prevede che quando un'opera prevista possa dare luogo ad appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti distinti, il valore da considerare è quello complessivo stimato della totalità di tali lotti.

LE CONCLUSIONI DELLA COMMISSIONE

In merito alla prima obiezione, nella nota del 22 maggio con la quale è stato deciso, a titolo definitivo, di non dare seguito al reclamo, la Commissione ha scritto che l’articolo 29 del Codice dei Contratti, in quanto norma strumentale, si deve applicare a tutti gli appalti pubblici e che - indipendentemente da quanto scritto nell’art.16 c.2bis DPR 380/2001 - il metodo di calcolo fissato da questo articolo del Codice deve essere applicato comunque per individuare gli appalti rispetto ai quali trova applicazione il regime derogatorio del citato comma 2bis, e quelli rispetto ai quali continuerà a trovare applicazione, integralmente, il Codice dei Contratti.

In merito all’applicabilità degli artt. 43 CE e 49 dei Trattati, la Commissione ha precisato – o più precisamente ha avvisato le amministrazioni aggiudicatrici italiane - che “qualora vi sia un interesse trans-frontaliero certo” nell’esecuzione di opere di urbanizzazione primaria, un affidamento diretto dei lavori - in conformità con l’articolo 16 comma 2bis – “senza alcuna trasparenza ad un soggetto appartenente allo Stato membro” si può configurare come una violazione dei principi del Trattato.

PER LA COMMISSIONE LA NORMA È SALVA MA NON È CHIARA

La nota del 22 maggio non contiene soltanto le segnalazioni e avvisi per addetti ai lavori, ma anche un giudizio complessivo sulla norma e sulla sua formulazione molto incerta.

In merito a ciò la Commissione scrive letteralmente “l’interpretazione della norma non è univoca. In particolare non è chiaro se l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria «a carico» del titolare del permesso di costruire sia complementare o alternativa all’obbligo previsto dal comma 1 dello stesso articolo, e in particolare se anche in tal caso sia prevista la possibilità di scomputo totale o parziale della quota relativa agli oneri di urbanizzazione”

In altri termini la Commissione afferma che la norma non stabilisce chiaramente se l’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria sotto la soglia comunitaria, con le modalità “derogatorie” previste dal dell’articolo 16 comma 2bis del DPR 380/2001, sia una prestazione complementare – e dunque che si vada ad aggiungere - all’obbligo di corrispondere il contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione (art. 16 comma 1), oppure se vada considerata come una prestazione sostitutiva di quest’ultimo obbligo.

Il punto sul quale la Commissione afferma che la norma non è chiara è piuttosto delicato, dal momento che, ove si intenda che l’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria in base all’art.16 comma 2bis DPR 380/2001 sia “complementare” all’obbligo di cui al comma 1 dello stesso articolo, per il titolare del permesso di costruire, contrariamente a quanto previsto dall’articolo 16 comma 2 - e a quanto continuerebbe ad accadere per le opere sopra la soglia comunitaria – non sarebbe possibile portare in detrazione il valore economico delle opere di urbanizzazione primaria eseguite in base al comma 2bis, dai contributi dovuti...".

Parere Comm_Europea opere primarie sottosoglia_22.05.13

Piano Casa: il TAR Veneto conferma che deroga alle distanze dai confini previste dai Piani Urbanistici

18 Giu 2013
18 Giugno 2013

Lo dice la sentenza n. 835 del 2013.

Scrive il TAR: "Premesso, nel merito, che l’intervento in questione risulta progettato ai sensi e per gli effetti della L.r. n. 14/09, come modificata dalla successiva L.r. n. 13/2011;

- che il Comune di Gruaro ha negato il permesso di costruire richiamando il comma 5 dell’art. 11 delle n.t.a. del p.r.g., che prevede che l’edificazione in aderenza al confine di proprietà, nel caso in cui il lotto sia inedificato, deve essere, mediante specifico atto, preventivamente consentita dal confinante; atto di consenso mancante nel caso di specie;

- che, in particolare, il Comune di Gruaro, nel motivare il diniego, ha ritenuto che la valenza derogatoria della normativa sul Piano Casa nei confronti delle disposizioni locali in materia urbanistico - edilizia, sia limitata alle disposizioni in materia di distanze e non alle altre norme contenute nel regolamento comunale e nelle n.t.a.;

Considerato che, ai sensi dell’art. 2 comma 1, la L.r. n. 14/09 opera “in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali, comunali, provinciali e regionali”;

Ritenuto che l’ampia locuzione usata dal legislatore include tutti i contenuti territoriali, urbanistici ed edilizi degli atti di pianificazione di ogni livello, con la sola esclusione, in quanto estranei al campo applicativo della L.r. n. 14/2009, dei contenuti ambientali o paesaggistici;

- che la legge citata, dunque, consente di derogare, non solo alle norme sulle distanze (diverse da quelle di fonte statale), ma anche a tutte le altre previsioni poste da fonti locali in materia urbanistico-edilizia, ivi comprese, quindi, le previsioni, come quella di specie, che subordinano la facoltà di costruire sul confine al previo consenso del vicino;

Considerato, infine, che non è in questione il rispetto delle distanze tra fabbricati di cui all’art. 873 c.c. e al D.M. 1444/68, in quanto, nel caso di specie, il fondo confinante è inedificato;

- che, di conseguenza, il diniego impugnato, nella parte in cui condiziona il rilascio del titolo abilitativo alla produzione di un atto di consenso del proprietario confinante, sulla base del comma 5 dell’art. 11 delle n.t.a. del p.r.g., risulta illegittimo per contrasto con la speciale disciplina derogatoria introdotta dalla normativa sul “Piano Casa”;

per detti motivi il ricorso va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato".

sentenza TAR_Veneto 835 del 2013

Progetto di riforma della legge regionale in materia di aree protette e parchi

18 Giu 2013
18 Giugno 2013

La normativa regionale in vigore è la L. R. 16 agosto 1984, n. 40 (BUR n. 38/1984) intitolata “nuove norme per la istituzione di parchi e riserve naturali regionali”. All’art. 1 si legge “Nell’assolvimento delle proprie funzioni di tutela dell’ambiente naturale e al fine di assicurare la conservazione e la valorizzazione dell’ambiente naturale nelle zone di particolare interesse paesaggistico, naturalistico ed ecologico, nonchè allo scopo di promuoverne lo studio scientifico, di rendere possibile l’uso sociale dei beni e di creare, specie nelle zone rurali e montane, migliori condizioni di vita per le collettività locali, la Regione Veneto istituisce parchi e riserve naturali regionali, assicurandone il funzionamento con adeguate misure finanziarie e favorisce l’istituzione di parchi e riserve naturali regionali di interesse locale da parte di Province, Comuni, Comunità montane e relativi Consorzi, nonchè da parte delle Comunioni familiari montane, anche associate fra loro”.

Sull’argomento sono stati presentanti 3 progetti di legge, attualmente all’esame del Consiglio Regionale e relativi alla nuova normativa in materia di aree protette, che intendono aggiornare l’attuale normativa in vigore. Il primo è stato presentato dalla Giunta Regionale, il secondo da alcuni consiglieri regionali del PD ed il terzo è di iniziativa dei Consiglieri comunali di Arquà Petrarca, Cervarese S. Croce, Cinto Euganeo e Baone d'Este.

La proposta della Giunta regionale mira alla razionalizzazione degli Enti nella logica della spending review, ovvero semplificazione ed alla razionalizzazione della gestione, nonché al controllo della spesa pubblica, unificando l'attuale disciplina delle singole leggi istitutive dei parchi regionali, stabilendo la composizione degli organi e il numero dei componenti degli stessi in modo univoco. Tal progetto di legge non prevede più il Consiglio dell'Ente, organo politico assembleare, mentre il Consiglio Direttivo sarà costituito dal presidente dell'Ente e da 4 componenti; è altresì prevista la Comunità del Parco, i cui componenti parteciperanno a titolo gratuito, con funzioni consultive.

La proposta del Partito Democratico, invece, si pone l'obiettivo di pensare soprattutto ad una valorizzazione dei parchi coniugando lo sviluppo locale con la biodiversità delle aree protette. Il progetto di legge nasce da premesse opposte a quelle della Giunta, ovvero che la tutela e la valorizzazione del territorio siano un investimento, puntando sul valore paesaggistico del piano del parco e l'introduzione delle missioni di scopo e delle aree contigue.

La proposta dei Consiglieri Comunali mira a salvaguardare le competenze di autogoverno delle comunità locali, valorizzare la democrazia partecipativa all'interno del Parco e fare dell'ente regionale un motore di sviluppo e di rilancio turistico di un'area di singolare pregio ambientale. L'iniziativa degli Ammnistratori Locali nasce in alternativa al disegno di legge della Giunta regionale, che mira a semplificare il sistema di governo dei cinque parchi regionali riconducendoli ad un'unica direzione regionale.

dott.sa Giada Scuccato

Progetto di legge nr. 286 pervenuto in commissione il 17/07/2012 ed illustrato il 12/09/2012, denominato “Norme per la tutela della rete ecologica regionale” di iniziativa della Giunta regionale

http://www.consiglioveneto.it/crvportal/pdf/pratiche/9/pdl/PDL_0286/1000_5Ftesto_20presentato.pdf

Progetto di legge nr. 335 pervenuto in II commissione il 22/03/2013 ed illustrato il 03/04/2013, denominato “Disposizioni di riordino e di semplificazione normativa in materia di aree naturali protette, modifiche alla legge regionale 10 ottobre 1989, n. 38 “Norme per l’istituzione del Parco regionale dei Colli Euganei” di iniziativa delle Amministrazioni comunali di Arquà Petrarca, Cervarese S.Croce, Cinto Euganeo, Baone ed Este.

http://www.consiglioveneto.it/crvportal/pdf/pratiche/9/pdl/PDL_0335/1000_5Ftesto_20presentato.pdf

Progetto di Legge nr. 337 pervenuto in  II commissione il 25/03/2013 ed illustrato il 03/04/2013, denominato “Sistema delle aree protette della Regione del Veneto: organizzazione, tutela e valorizzazione” di iniziativa dei Consiglieri Azzalin, Berlato Sella, Bonfante, Bortoli, Fasoli, Fracasso, Pigozzo, Puppato, Reolon, Ruzzante, Sinigaglia e Tiozzo

http://www.consiglioveneto.it/crvportal/pdf/pratiche/9/pdl/PDL_0337/1000_5Ftesto_20presentato.pdf

La Corte Costituzionale “impallina” la legge regionale che esenta da titolo edilizio e autorizzazione paesaggistica i “casoti da cacia”

17 Giu 2013
17 Giugno 2013

Con la sentenza n. 139 del 2013 la Corte Costituzionale :

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 3, della legge della Regione Veneto 6 luglio 2012, n. 25 (Modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio”), nella parte in cui esenta dall’assoggettamento al regime dell’autorizzazione paesaggistica gli appostamenti per la caccia al colombaccio;

2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 1, della legge della Regione Veneto n. 25 del 2012, nella parte in cui esenta dall’assoggettamento al regime del titolo abilitativo edilizio e dell’autorizzazione paesaggistica gli appostamenti fissi per la caccia.

La legge era stata impugnata dal Consiglio dei Ministri. E' interessante ricordare le motivazioni dell'impugnazione:

"1.− Con ricorso notificato il 10 settembre 2012 e depositato il successivo 17 settembre (reg. ric. n. 122 del 2012) il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli articoli 1, comma 3, e 2, comma 1, della legge della Regione Veneto 6 luglio 2012, n. 25 (Modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio”), in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, della Costituzione.

Le disposizioni impugnate modificano la legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio).

In particolare, l’art. 1, comma 3, aggiungendo un comma 3-bis all’art. 20-bis di quest’ultimo testo normativo, stabilisce che «gli appostamenti per la caccia al colombaccio di cui al presente articolo sono soggetti alla comunicazione al comune e non richiedono titolo abitativo edilizio ai sensi dell’articolo 6 del decreto del Presidente della repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia” e successive modificazioni e si configurano quali interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica, ove siano correttamente mimetizzati e siano realizzati, secondo gli usi e le consuetudini locali, in legno e metallo, di altezza non superiore il limite frondoso degli alberi e siano privi di allacciamenti e di opere di urbanizzazione e comunque non siano provvisti di attrezzature permanenti per il riscaldamento».

Il ricorrente ritiene lesiva della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.) la previsione che esclude gli appostamenti per la caccia al colombaccio, indicati dalla norma impugnata, dall’autorizzazione paesaggistica, dato che essa deve ritenersi richiesta ai sensi degli artt. 146 e 149 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). Tali interventi, infatti, non potrebbero avere carattere di lieve entità e non ricadrebbero, quindi, nel regime dell’“autorizzazione semplificata” di cui all’art. 1 del d.P.R. 9 luglio 2010, n. 139 (Regolamento recante procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, a norma dell’articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni).

La seconda disposizione impugnata, cioè l’art. 2, comma 1, aggiunge una previsione all’art. 9, comma 2, lettera h), della legge regionale n. 50 del 1993, stabilendo che «tutte le tipologie di appostamento di cui all’articolo 20 della presente legge e all’articolo 12, comma 5 della legge n. 157 del 1992, realizzate secondo gli usi e le consuetudini locali, sono soggette a comunicazione al comune e non richiedono titolo abitativo edilizio ai sensi dell’articolo 6 del decreto del Presidente della repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia” e successive modificazioni e si configurano quali interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica; per gli appostamenti che vengono rimossi a fine giornata di caccia non è previsto l’obbligo della comunicazione al comune territorialmente competente».

Il ricorrente in primo luogo formula la medesima censura di violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. avanzata nei confronti dell’art. 3, comma 1, per la sottrazione di tutti gli appostamenti all’autorizzazione paesaggistica.

In secondo luogo, per l’esclusione della necessità del titolo abilitativo edilizio, il ricorrente denuncia la violazione del principio fondamentale in materia di governo del territorio (art. 117, terzo comma, Cost.) recato dall’art. 3, comma 1, lettera e.5), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia – Testo A).

A parere del ricorrente, in base a questa disposizione restano soggetti a permesso di costruire interventi edilizi privi del carattere della precarietà funzionale, per la tipologia dei materiali impiegati e l’uso non temporaneo.

Gli appostamenti per la caccia rientrerebbero in tale fattispecie, avendo carattere fisso, sicché neppure in forza dell’art. 6, comma 6, lettera a), del d.P.R. n. 380 del 2001, che pure consente alla Regione di estendere il regime dell’attività edilizia libera, il legislatore regionale avrebbe potuto derogare all’obbligo del permesso di costruire".

sentenza Corte Costituzionale 139 del 2013

                                                                            "secondo me i casoti sono tanto brutti...

                                                                               dal punto di vista  paesaggistico"

                                                                                                                      " ""  ""

                                                                                                                         "  "

                                                                                                                           "

E’ impugnabile il Pdc rilasciato al CTU nominato dal giudice dell’esecuzione civile?

17 Giu 2013
17 Giugno 2013

Segnaliamo la sentenza n. 831 del 13.6.2013, con cui il TAR del Veneto, sez. II, ha sancito l’inammissibilità di un ricorso proposto contro un permesso di costruire per demolizione, rilasciato dal comune al CTU nominato dal giudice dell'esecuzione civile, al fine di dare esecuzione ad una sentenza civile di condanna a demolire parte di un edificio per violazione delle distanze dal confine stabilite dal regolamento edilizio comunale.

Così motiva il TAR la sua decisione: “… i vizi dedotti con il ricorso principale (violazione delle norme del PATI e del PI poste a tutela del paesaggio, carenza di istruttoria con riferimento alle conseguenze della demolizione parziale sulla stabilità della restante parte dell’edificio) attengono a questioni che sono state già oggetto di cognizione da parte del Giudice dell’esecuzione per il tramite del nominato CTU, o in ogni caso, di questioni che attenendo alle modalità dell’esecuzione, possono formare oggetto solo di un’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., ma non di un autonomo ricorso al T.A.R.; altrimenti si verificherebbe una sovrapposizione ed un conflitto tra strumenti di tutela giurisdizionale.

Quindi, se i comuni dovessero trovarsi di fronte ad un CTU del Tribunale Civile che, su ordine del Giudice dell’Esecuzione, richiedesse il rilascio di un permesso a demolire, non potrebbe che rilasciarlo: “Il titolo edilizio in esame assume il carattere di atto totalmente vincolato, avverso il quale sono deducibili solo vizi estrinseci quali l'incompetenza dell'organo emanante, o violazioni procedimentali (cfr. T.A.R. Campania, Napoli n. 3757/2012).

sentenza TAR Veneto 831 del 2013

Il parere di compatibilità delle utilizzazioni idriche ad uso di scambio termico dell’Autorità di Bacino

17 Giu 2013
17 Giugno 2013

Con il parere 6dis/2012 il Comitato Istituzionale dell’autorità di Bacino dei Fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione e del Fiume Piave, ha emesso le “LINEE GUIDA PER IL RILASCIO DEL PARERE DI COMPATIBILITA’ DELLE UTILIZZAZIONI IDRICHE AD USO DI SCAMBIO TERMICO CON IL BILANCIO IDROGEOLOGICO”.

In merito si ricorda che “L’art. 96 prevede, infatti, che le Autorità di bacino, nell’ambito del procedimento di rilascio delle concessioni d’acqua, comunichino il loro parere vincolante in ordine alla compatibilità dell’utilizzazione con le previsioni del Piano di tutela, ai fini del controllo dell’equilibrio sul bilancio idrico o idrologico, anche in attesa dell’approvazione del piano anzidetto”. L’obiettivo del progetto è quello di “armonizzare il perseguimento degli obiettivi di tutela dello stato quantitativo dei corpi idrici e di salvaguardia degli utilizzi idropotabili, già indicato dalla direttiva 2000/60/CE, con le esigenze di incentivare lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile, di cui le risorse geotermiche rappresentano una componente, come invece disposto dalla direttiva 2009/28/CE”.

Il contesto rispetto al quale si riferisce il documento qui in commento, è riconducibile a tutti quei  casi in cui la derivazione d’acqua sotterranea è concessa con le modalità previste dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, di cui al Regio Decreto 11 dicembre 1933, n.1775. In tali casi, infatti, è richiesto il parere vincolante dell’Autorità di bacino ex art. 96 del D.lgs. 152/2006, il quale è espresso, come già esposto in premessa, in ordine alla compatibilità della derivazione idrica con i Piani di Tutela delle Acque regionali, ai fini del controllo sull’equilibrio del bilancio idrico.

Per il rilascio del parere relativo ad istanze di derivazione idrica per uso scambio termico, si ricorda che l’Autorità si pone come obiettivi principali:

1) il controllo del bilancio idrico;

2) la salvaguardia della qualità delle acque (aspetti batteriologici, fisici e geochimica);

3) la tutela dell’uso idropotabile delle acque sotterranee, incluso l’uso domestico non sottoposto ad

obbligo di concessione.

dott.sa Giada Scuccato

parere autorità

Il parere della terza commissione consiliare sul regolamento del commercio

14 Giu 2013
14 Giugno 2013

Pubblichamo il parere espresso dalla III Commisione Consiliare della REgione Veneto sul "Regolamento regionale recante gli indirizzi per lo sviluppo del sistema commerciale".  Il parere è stato chiesto ai sensi dell'art. art. 4, comma 1, della legge regionale 28 dicembre 2012, n. 50.

Le istanze per modificare in regolamento in modo sostanziale non sono state ascoltate.

Regolamento commercio Parere Terza Commissione seduta 05 giugno 2013

 

                                                                

Qualche nota sul parere della III Commissione Consiliare sul regolamento del commercio

14 Giu 2013
14 Giugno 2013

Parere alla Giunta regionale n. 369

Regolamento regionale recante gli indirizzi per lo sviluppo del sistema commerciale.

Richiesta di parere alla Commissione consiliare (art. 4, comma 1, legge regionale 28 dicembre 2012, n. 50).

 

La Terza Commissione consiliare, esaminata la proposta, nella seduta del 05 giugno 2013, ha espresso all’unanimità parere favorevole al testo presentato, con le modifiche di seguito elencate:

 

Articolo 2 – Criteri per la pianificazione locale: approccio sequenziale

1)     al comma 1, dopo le parole “strumento urbanistico comunale” è aggiunta la seguente frase: “,con variante al Piano degli Interventi (inseguito denominato” PI”),”;

Non risolve il problema, ma in buona parte lo elude. Se la “localizzazione” si deve comunque tradurre in una variante al P.I., cosa succede laddove c’è ancora il PRG? E laddove la “localizzazione” non rispondesse ai “criteri” di cui all’art. 13, lett. j), che sono contenuto del PAT?

Circa il problema delle “localizzazioni” già presenti negli strumenti urbanistici, soprattutto se tradottisi in convenzioni attuative sottoscritte e/o frutto di accordi pubblico-privati che le contemplano, si veda la modifica proposta al punto 2) dell’art. 9.

2)     i commi 2 e 3 sono soppressi;

E’ misura connessa a quella del punto 1), per cui valgono le considerazioni di cui sopra

3)     al comma 4 è aggiunto il seguente periodo: “Ai sensi dell’articolo 40, comma 2, della legge regionale n. 11 del 2004, costituiscono parte integrante dei centri storici le aree in essi ricomprese o circostanti che, pur non avendo le caratteristiche di cui al comma 1 del medesimo articolo, sono funzionalmente collegate in quanto interessate da analoghi modi d’uso”;

Positivo perché amplia il “perimetro” del centro storico ai fini della c.d. “liberalizzazione” delle localizzazioni al suo interno; non può essere sottaciuta la genericità dell’espressione “funzionalmente collegate in quanto interessate da analoghi modi d’uso”.

4)     al comma 5, le parole “gli ambiti caratterizzati da:” sono sostituite dalla seguente frase: “gli ambiti che presentino una o più delle seguenti caratteristiche:”;

Positivo

5)     al comma 8 le parole “con una o più deliberazioni” sono soppresse;

Ininfluente

6)     dopo il comma 17 è aggiunto il seguente comma:

        “18. I criteri di pianificazione di cui al presente articolo non trovano applicazione per le medie strutture di vendita le cui aree siano state localizzate dallo strumento urbanistico comunale alla data di entrata in vigore della legge regionale, in presenza, alla medesima data, di convenzioni urbanistiche o accordi tra soggetti pubblici e privati     sottoscritti ai sensi delle vigenti normative regionali.”

Tiene parzialmente conto delle osservazioni critiche avanzate in occasione dell’Audizione. Non si capisce perché, una volta affermato il principio della tutela dell’<aspettativa> fondata non solo sulla localizzazione disposta dallo strumento urbanistico generale, ma addirittura assistita dal convenzionamento, ovvero presupposta dall’accordo pubblico.-privato, il principio non debba valere anche per le grandi strutture di vendita.

Articolo 3 – Autorizzazione commerciale per grandi strutture di vendita

1)         Al comma 2 dopo le parole “(“conferenza di servizi”).” È aggiunto il seguente periodo “In particolare rientrano nella competenza comunale le verifiche in ordine ai profili urbanistici, edilizi e viabilistici di rango comunale dell’iniziativa commerciale, mentre rientrano nella competenza della Provincia le verifiche in ordine ai profili ambientali e viabilistici di rango provinciale; rientrano nella competenza regionale, unitamente alle verifiche dei profili viabilistici di rango regionale, le verifiche in ordine alla conformità dell’iniziativa commerciale alla normativa regionale.”.

Integrazione degna di monsieur de La Palisse: si sentiva effettivamente il bisogno di chiarire che rientrano nella competenza di un Ente i profili di “rango” di quell’Ente!

Articolo 4 – Valutazione integrata degli impatti

1)         Al comma 3 è aggiunta la seguente frase: “La verifica di sostenibilità ha luogo qualora a seguito della verifica di compatibilità sia stato attribuito almeno il punteggio minimo di ammissibilità di cui al comma 4.”;

Precisazione corretta.

2)         al comma 4, lettera A.3. prima delle parole “punti 6” è aggiunto l’inciso “fino a”;

Modifica opposta alle richieste formulate in Audizione: si sollecitava la riduzione/eliminazione della discrezionalità valutativa, suggerendo di sopprimere l’inciso “fino a” laddove presente, mentre nel parere della Commissione si introducono nuove situazioni in cui il punteggio non è più fisso, ma variabile fino ad una soglia massima!

3)         al comma 4, lettera A.4. prima delle parole “punti 4” è aggiunto l’inciso “fino a”;

Idem.

4)         al comma 4, lettera A.5.1. prima delle parole “punti 4” è aggiunto l’inciso “fino a”;

Idem.

5)         al comma 4, lettera a.5.2. prima delle parole “punti 3” è aggiunto l’inciso “fino a”;

Idem.

6)         al comma 4, lettera A.5.3. prima delle parole “punti 8”  è aggiunto l’inciso “fino a”;

Idem.

7)         al comma 4, dopo l’elencazione dei punteggi di cui alla lettera A) (componente urbanistico-territoriale) è aggiunta la seguente frase: “I fattori di valutazione di alle lettere A1 e A2 sono alternativi.”;

Precisazione corretta.

8)         al comma 5, Quadro A, lettera D.4.3., dopo la parola “Km” è aggiunta la seguente frase: “calcolati secondo il percorso stradale,”; Precisazione corretta. prima del numero “15” è aggiunto l’inciso “fino a”; Vedi annotazione ai punti da 2) a 6).

9)         al comma 5, Quadro A, lettera D.4.4., dopo la parola “Km” è aggiunta la seguente frase: “, calcolati secondo il percorso stradale,”; prima del numero “20” è aggiunto l’inciso “fino a”; Vedi punto precedente.

10)       al comma 5, Quadro B, lettera C.3., è aggiunta la seguente frase: “(es. realizzazione di aree di parcheggio interrate o in struttura)”;

Precisazione corretta.

11)       al comma 6, dopo le parole “deve essere allegata” è inserito il seguente inciso “, a pena di inammissibilità,”;

Precisazione di utile chiarimento, anche se rigorosa.

12)       dopo il comma 6 è aggiunto il seguente comma:

            “7. Alla domanda di autorizzazione commerciale per grandi strutture di vendita è, altresì, allegata una scheda di autovalutazione del soggetto proponente in ordine alla compatibilità e sostenibilità dell’iniziativa commerciale ai sensi dei commi 4 e 5.”.

Aggiunta in linea di principio apprezzabile, peccato che alla scheda non venga attribuito alcun “ruolo” nella procedura di valutazione integrata degli impatti.

Articolo 9 – Interventi di rilevanza regionale

1)         al comma 2 dopo le parole “legge regionale” è aggiunto il seguente inciso “ovvero ai sensi delle vigenti normative regionali,”;

Altra precisazione degna di monsieur de La Palisse: forse che la “legge regionale” non fa anch’essa parte delle “vigenti normative regionali”?

2)         al comma 2 l’ultimo periodo da “Detti criteri” a “ampliamento” è sostituito dal seguente periodo: “Detti criteri non trovano applicazione nel caso di variante urbanistica localizzativa funzionale ad interventi commerciali di valorizzazione di complessi sportivi di interesse regionale situati all’interno dei comuni capoluogo. I criteri medesimi non trovano, altresì, applicazione nel caso di variante localizzativa funzionale ad un intervento commerciale di ampliamento.”.

Si tratta apparentemente di un ampliamento del novero della fattispecie per le quali è dato prescindere dai criteri “localizzativi” di cui all’art. 2. Nella sostanza, la norma verosimilmente mira ad “agevolare” concrete situazioni presenti nei comuni capoluogo  (di provincia?): ai vicentini viene in mente l’<Arena degli eventi> prevista da PAT e dal PI non solo come luogo di localizzazione del nuovo stadio e delle strutture sportive collaterali, ma anche di insediamenti commerciali, anche di GSV.

 

Modificata la legge: i Comuni possono acquistare a titolo oneroso i beni soggetti alle procedure di esproprio

14 Giu 2013
14 Giugno 2013

La legge 6 giugno 2013 n. 64 di conversione, con modificazioni, del D. L. 08 aprile 2013 n. 35, recante “Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché' in materia di versamento di tributi degli enti locali. Disposizioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria” e pubblicata nella G.U. n. 132 del 07 giugno 2013, conferma che gli enti locali possono acquistare immobili a titolo oneroso laddove siano dichiarati di pubblica utilità ex D.P:R. 327/2001, come preannunciato nel post del 28 maggio 2013.

La legge è entrata in vigore il giorno 08 giugno 2013e per la parte che ivi interessa recita: “Dopo l'articolo 10 sono inseriti i seguenti:

«Art. 10-bis (Norma di interpretazione autentica dell'articolo 12, comma 1-quater, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111). -

1. Nel rispetto del patto d stabilità  interno, il divieto di acquistare immobili a titolo oneroso, di cui all'articolo 12, comma 1-quater, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, non si applica alle procedure relative all'acquisto a titolo oneroso di immobili o terreni effettuate per pubblica utilità ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, nonché' alle permute a parità di prezzo e alle operazioni di acquisto programmate da delibere assunte prima del 31 dicembre 2012 dai competenti organi degli enti locali e che  individuano con esattezza i compendi immobiliari oggetto delle operazioni e alle procedure relative a convenzioni urbanistiche previste dalle normative regionali e provinciali”.

dott. Matteo Acquasaliente

L. n. 64 del 2013

 

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