Il Consiglio di Stato sul rapporto tra VAS e VIA anche in relazione a varianti urbanistiche mediante accordo di programma ex art. 34 TUEL

20 Mag 2014
20 Maggio 2014

Segnaliamo la sentenza del Consiglio di Stato n. 2403 del 2014.

Si legge nella sentenza: "....Acclarata dunque l’applicabilità ratione temporis della disciplina del d.lgs. nr. 152 del 2006, e preso atto che nulla è detto dalle parti odierne appellanti nel merito della necessità di sottoposizione a V.A.S. della variante urbanistica approvata con l’accordo di programma de quo, è agevole verificare che detta variante, per la sua estensione e significatività rispetto all’assetto originario del P.U.C., fosse da sottoporre a V.A.S. obbligatoria ai sensi della previsione allora vigente dell’art. 7, comma 2, lettera a), del d.lgs. nr. 152 del 2006 (oggi riprodotta, senza modifiche sostanziali, nell’art. 6, comma 2, lettera a), del medesimo decreto quale risultante dal correttivo apportato col decreto legislativo 16 gennaio 2008, nr. 4).

Va dunque condivisa l’opinione del T.A.R., il quale ha individuato nella mancata effettuazione della procedura di V.A.S. un vizio suscettibile d’inficiare l’intero iter procedurale per cui è causa.

6.2. Il vizio così ravvisato sarebbe di per sé sufficiente a determinare il travolgimento dell’intero procedimento di pianificazione, e quindi da esonerare dall’esame di altre e più specifiche censure (pure accolte dal primo giudice); tuttavia, anche allo scopo di orientare la successiva attività amministrativa, la Sezione reputa utile soffermarsi anche sulle conseguenze dell’applicazione della disciplina in materia di tutela dell’ambiente anche alla successiva fase di adozione e approvazione del P.U.O.

Sul punto, infatti, non può condividersi l’avviso delle parti appellanti le quali, citando in modo parziale una precedente sentenza di questa Sezione, assumono che fra i presupposti per la necessità della V.A.S. ve ne sarebbe anche uno “soggettivo”, e cioè un’espressa manifestazione di volontà della stessa Amministrazione, la quale decida di “autovincolarsi” stabilendo che un certo atto di pianificazione debba essere assoggettato a V..A.S. (ciò che, sembra di capire, comporterebbe – per converso – che l’Amministrazione sarebbe in grado, non esercitando tale “autovincolo”, di escludere l’applicazione della V.A.S. in casi in cui la legge la richiede).

Al contrario, è fin troppo agevole rilevare che i presupposti per la necessità della V.A.S. (come della V.I.A.) sono esclusivamente oggettivi, e riposano semplicemente nel ricadere o meno di un certo progetto fra le tipologie per le quali la normativa contenuta nel d.lgs. nr. 152 del 2006, o nelle leggi regionali, contempla la verifica ambientale, potendo differenziarsi soltanto fra le ipotesi in cui tale verifica è obbligatoria ex lege e quelle in cui è meramente facoltativa, imponendo il legislatore soltanto una preliminare verifica di assoggettabilità (c.d. screening) intesa appunto ad accertare se l’intervento debba o meno essere assoggettato alla verifica ambientale.

Nemmeno risulta rispondente al vero un’altra delle affermazioni ripetute dalle parti appellanti, e cioè che nessuna disposizione impone che la V.A.S. debba essere effettuata prima della formazione del piano, potendo quindi ad essa procedersi anche ex post; al riguardo, è sufficiente richiamare il chiaro disposto dell’art. 11, comma 3, del d.lgs. nr. 152 del 2006, che così recita: “...La fase di valutazione è effettuata anteriormente all’approvazione del piano o del programma, ovvero all’avvio della relativa procedura legislativa, e comunque durante la fase di predisposizione dello stesso. Essa è preordinata a garantire che gli impatti significativi sull'ambiente derivanti dall’attuazione di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione”.

È vero invece che ai fini della successiva approvazione del P.U.O. potrebbe trovare applicazione il comma 3 del già citato art. 6 del d.lgs. nr. 152 del 2006, che per le “piccole aree a livello locale” richiede non la V.A.S. obbligatoria, ma la semplice verifica di assoggettabilità di cui al successivo art. 12; pertanto, una volta effettuata la V.A.S. in sede di predisposizione dell’accordo di programma (come si è visto essere necessario), non sarebbe stata necessaria un’ulteriore V.A.S. ai fini della formazione del P.U.O., dovendo procedersi soltanto a verifica di assoggettabilità: con l’unica precisazione che, ovviamente, anche tale verifica – che ai sensi del citato art. 12 deve precedere l’eventuale V.A.S. – non potrà giammai essere effettuata ex post, dovendo pur sempre intervenire nella fase di predisposizione del piano.

6.3. Sempre per completezza e chiarezza, va evidenziato che le deduzioni delle parti appellanti risentono di una certa confusione tra l’istituto della V.A.S. (che attiene alla verifica di impatto ambientale di piani e programmi e loro varianti) e quello della V.I.A. (che afferisce invece a progetti relativi a specifici impianti o edifici ed è un istituto, al contrario della V.I.A., vigente nell’ordinamento italiano già da molto prima dell’entrata in vigore del d.lgs. nr. 152 del 2006).

Infatti, la verifica di assoggettabilità che si è visto essere stata eseguita ex post rispetto all’approvazione del P.U.O., e rispetto alla quale il T.A.R. ha stigmatizzato il vizio di inversione procedimentale, era in realtà quella prodromica al rilascio dei permessi di costruire per la materiale realizzazione degli interventi contenuti nel P.U.O.: ciò si ricava dalle stesse deduzioni delle parti appellanti, le quali precisano che tale verifica fu eseguita ai sensi dell’art. 10 della l.r. 30 dicembre 1998, nr. 38, che è appunto la legge regionale ligure che – già da epoca ampiamente anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. nr. 152 del 2006 - disciplina la V.I.A. sui progetti di competenza regionale.

Al riguardo, è appena il caso di precisare che l’effettuazione di tale procedura (peraltro con esito negativo) non può in alcun modo ritenersi aver sanato il vizio derivante dal mancato esperimento a monte, nella fase di pianificazione, della diversa procedura di V.A.S.

Per vero, la legislazione vigente si fa carico dei problemi di coordinamento fra le due procedure, e dell’evidente eccessività di richiedere obbligatoriamente sia l’una che l’altra, nelle ipotesi in cui si debba approvare un piano urbanistico attuativo, tale da richiedere la V.A.S., ed all’interno di esso sia prevista la progettazione di impianti o interventi per i quali, a loro volta, sarebbe necessaria la V.I.A.

A queste ipotesi è dedicato l’attuale comma 4 dell’art. 10 del d.lgs. nr. 152 del 2006, quale risultante dalla già richiamata novella del 2008, secondo cui: “...La verifica di assoggettabilità di cui all’articolo 20 può essere condotta, nel rispetto delle disposizioni contenute nel presente decreto, nell’ambito della VAS. In tal caso le modalità di informazione del pubblico danno specifica evidenza della integrazione procedurale”.

Pertanto, nelle ipotesi sopra indicate – cui è riconducibile anche la fattispecie per cui qui è causa – è possibile procedere a un’unica procedura di verifica, con unitaria consultazione del pubblico, nell’ambito della V.A.S., in occasione della quale procedere anche allo screening preliminare per i progetti ricompresi nel piano (l’art. 20 del d.lgs. nr. 152 del 2006 disciplina, per l’appunto, la verifica di assoggettabilità a V.I.A.), all’esito del quale si accerterà se occorrerà o meno, prima del permesso di costruire, procedere all’ulteriore procedura di V.I.A.

In sostanza, la scelta del legislatore – come è del tutto logico – è nel senso che l’assimilazione e il coordinamento fra le due procedure debba avvenire a monte, nella fase di pianificazione: di modo che non è assolutamente possibile, al contrario, che ogni verifica sia posposta al momento del rilascio del titolo ad aedificandum (come nel caso di specie, laddove si vorrebbe dalle parti appellanti – sia pure con motivo d’appello articolato in via subordinata – che la verifica di assoggettabilità a V.I.A. prodromica al rilascio del permesso di costruire abbia sanato il vizio discendente dal mancato esperimento della V.A.S. in sede di pianificazione).

7. I rilievi fin qui svolti, evidenziando l’infondatezza degli appelli con riguardo al più eclatante fra i vizi riscontrati dal giudice di prime cure, tale da comportare l’illegittimità dell’intera procedura esaminata – a partire dall’accordo di programma del 2007, e proseguendo con l’intero iter di formazione del P.U.O. – hanno carattere assorbente ed esonerano dall’esame degli ulteriori motivi di appello, afferenti a vizi secondari e ulteriori ravvisati dal T.A.R. e la cui eventuale fondatezza in nulla modificherebbe le conclusioni raggiunte in punto di integrale conferma della sentenza gravata, e quindi di annullamento degli atti impugnati in primo grado.

D’altra parte, i profili sottesi a detti motivi e censure ulteriori (dalla sufficienza delle indagini geologiche e idrogeologiche al rispetto delle prescrizioni sulle altezze degli edifici, dalla compatibilità con gli eventuali vincoli paesaggistici all’adeguatezza degli studi di impatto sulla viabilità) potranno essere oggetto di compiuto esame in sede di rinnovazione della procedura pianificatoria, giovandosi dell’apporto partecipativo di tutti i soggetti interessati nell’ambito del doveroso esperimento della procedura di V.A.S.".

geom. Daniele Iselle

sentenza CDS 2403 del 2014

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