5 Maggio 2023
Nel caso di specie, il tecnico di fiducia del privato presentava un’istanza di PdC nella quale, nel descrivere il fabbricato di partenza, riteneva di poter desumere le misure dell’edificio originariamente assentito dal Comune nel 1982 secondo un proprio metodo ricostruttivo fondato anche sull’applicazione di norme civilistiche (in particolare l’art. 880 c.c.) ed ha inoltre ritenuto che una tettoia a suo tempo realizzata dai precedenti proprietari fosse inclusa nella sanatoria del 1995.
Dopo il rilascio del PdC, su sollecitazione del vicino, il Comune qualificava la rappresentazione dello stato dei luoghi come falsa e, per l’effetto, annullava in autotutela il PdC oltre il termine di dodici mesi.
Il TAR Marche ha negato che si potesse parlare di falsità: allo scopo sarebbe stato necessario che tale falsità non fosse evincibile dal progetto presentato al Comune ai fini del rilascio del titolo. In caso contrario si deve parlare quantomeno, per usare un linguaggio penalistico, di “un concorso di colpa” del Comune, concorso di colpa che però assorbe anche la colpa del privato, visto che il titolo viene rilasciato dalla P.A. dopo aver verificato la sussistenza di tutti i presupposti di legge.
In effetti, i concetti di “vero” e “falso” descrivono il modo di essere (o non essere) di un fatto (cd. piano ontico). Quando ci si occupa invece dell’interpretazione delle norme, si ha a che fare con il dover essere (cd. piano deontico), perché le norme si applicano o no, vigono o no, permettono o vietano, ma di per sé non sono vere o false.
Post di Daniele Iselle
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