Sulla nullità dell’atto amministrativo
Il T.A.R. ricorda che le ipotesi di nullità dell’atto amministrativo sono un numero chiuso e di stretta interpretazione.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
Il T.A.R. ricorda che le ipotesi di nullità dell’atto amministrativo sono un numero chiuso e di stretta interpretazione.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
Il T.A.R. Veneto ricorda che per impugnare un titolo edilizio non è sufficiente la cd. mera vicinitas.
Post di Matteo Acquasaliente - avvocato
Il TAR Veneto ricorda che l’impugnazione di mero stile degli atti endoprocedimentali presupposti al provvedimento conclusivo (nel caso di specie, un’ordinanza di demolizione) non è viziante per il ricorso.
Post di Alessandra Piola – avvocato
Il TAR Veneto, dopo aver ricordato che i presupposti per la proposizione del rito processuale avverso il silenzio-inadempimento della P.A. sono l’esistenza di uno specifico obbligo di provvedere in capo all’Amministrazione e la natura provvedimentale dell’attività svolta, ha ritenuto non sussistente tale silenzio nell’ipotesi in cui l’Ente abbia risposto all’istanza del privato, richiamando un proprio precedente atto (non impugnato), in quello che può essere qualificato come atto meramente confermativo.
Post di Alessandra Piola – avvocato
Il TAR Catania ha affermato che nel processo amministrativo, il sistema probatorio è retto dal principio dispositivo con metodo acquisitivo degli elementi di prova da parte del giudice, in considerazione dell’assetto non paritetico dei rapporti fattuali e giuridici intercorrenti tra il privato e la P.A.; tuttavia, affinché possano essere attivati i poteri istruttori giudiziali, il ricorrente deve quantomeno avanzare un principio di prova a sostegno delle proprie deduzioni.
Post di Alberto Antico – avvocato
Il TAR Catania ha affermato che anche nel giudizio amministrativo si applica il principio del ne bis in idem, di cui agli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., che vieta al giudice di pronunciarsi due volte sulla medesima controversia, in virtù del rinvio esterno contenuto nell’art. 39, co. 1 c.p.a., poiché espressivo di esigenze comuni a qualsiasi ordinamento processuale, consistenti nel prevenire la inutile ripetizione di attività processuali e possibili contrasti di giudicati. Il principio del ne bis in idem, comportante la preclusione da giudicato esterno, mira ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, in quanto corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione, essendo tale garanzia di stabilità, collegata all’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata.
In definitiva, è inammissibile il motivo di ricorso già avanzato in un altro giudizio definito con una sentenza, per violazione del principio del ne bis in idem che vieta al G.A. di pronunciarsi due volte sulla medesima controversia. Inoltre, in applicazione del divieto in questione è preclusa non solo la riproposizione di domande già definite con la sentenza passata in giudicato, ma anche la proposizione per la prima volta di quelle che di tale giudicato costituiscono il presupposto logico e indefettibile e come tali assoggettate all’effetto previsto dal citato art. 2909 c.c.
Post di Alberto Antico – avvocato
Il TAR Veneto ricorda che la giurisprudenza ha più colte chiarito che quando la fonte di un'obbligazione pecuniaria del privato verso il Comune non è il singolo titolo edilizio, il cui contenuto, con riguardo agli oneri concessori è predeterminato, bensì la convenzione urbanistica, il cui contenuto è frutto di una negoziazione tra le parti, è irrilevante che non sia realizzato il progetto edificatorio per il quale il privato ha effettuato il pagamento di cui ora chiede la restituzione. La controprestazione pecuniaria a carico della ditta lottizzante è comunque dovuta, salvo che la convenzione urbanistica non sia risolta o rescissa, o annullata o dichiarata nulla.
L'indebito oggettivo, quindi, non è automatico.
Il caso esaminato dal TAR riguardava un PIRUEA:
Post di Dario Meneguzzo - avvocato
Il TAR Veneto ha affermato che un’espressa prescrizione della Regione, che in sede di approvazione di PIRUEA (e in modifica di quanto previsto dal Comune) riduca la durata di tale Piano da dieci anni a cinque, è ammissibile, e va di conseguenza rispettata dalle parti.
La Regione, infatti, nel caso di specie aveva poteri di codeterminazione relativamente alla gestione del territorio, con quindi competenza a poter imporre un termine diverso per l’attuazione del Piano, e ciò anche al fine di ridurre l’incertezza sul recupero o meno delle aree.
Post di Alessandra Piola – avvocato
Il TAR Veneto evidenzia che i dissensi forniti dalle Amministrazioni in sede di conferenza di servizi devono essere motivati e tali da poter garantire il superamento del dissenso stesso. La proposizione di una nuova collocazione dell’intervento richiesto che si ponga in violazione della normativa urbanistica, dunque, non risponde a tali requisiti.
Post di Alessandra Piola – avvocato
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