Ampliamento fino a 800 mc in zona agricola: il fabbricato deve avere, o aver avuto, un collegamento funzionale con il fondo agricolo?

15 Mar 2022
15 Marzo 2022

L’art. 44, co. 5 l.r. Veneto 11/2004, nel testo attualmente vigente come novellato dall’art. 34, co. 1 l.r. Veneto 3/2013, recita: “Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’articolo 43. Sono sempre consentiti, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria, gli interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia” e successive modificazioni, nonché l’ampliamento di edifici da destinarsi a case di abitazione, fino ad un limite massimo di 800 mc. comprensivi dell’esistente, purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale”.

La circolare del Presidente della Giunta regionale, n. 2 del 29.10.2013 – che pubblichiamo – afferma che la norma dovrebbe interpretarsi in combinato disposto con gli artt. 43 e 44, co. 1 l.r. Veneto 11/2004.

Secondo la circolare, “pare potersi affermare” (notare l’espressione dubitativa) che l’ampliamento fino a 800 mc è consentito solo a favore di edifici per i quali lo strumento urbanistico preveda espressamente la destinazione abitativa e sempre che tali edifici “abbiano o abbiano avuto un collegamento funzionale con il fondo agricolo”.

Quest’ultimo requisito, però, non è esplicitamente posto dal dettato normativo del co. 5 dell’art. 44 cit., che fa semplicemente riferimento ai “fabbricati esistenti in zona agricola”.

La questione non risulta però affrontata dalla giurisprudenza.

Può la circolare, in quanto atto amministrativo, offrire un’interpretazione restrittiva delle facoltà edificatorie riconosciute dalla legge regionale? O davvero dagli artt. 43-44 l.r. cit. si può desumere la necessità del collegamento funzionale dell’immobile da ampliare con il fondo agricolo?

Qual è la Vostra opinione?

Post degli avv.ti Alessandra Piola e Alberto Antico

circolare Presidente Giunta Veneto, 2-2013

Tags:
5 replies
  1. Anonimo says:

    L’ampliamento fino ad 800 m3 va riferito all’organismo edilizio, inteso come l’insieme dei
    corpi edilizi anche separati pertinenti alla singola casa di abitazione, e dovrà essere
    realizzato in aderenza al fabbricato o in adiacenza all’eventuale edificato esistente ovvero
    mediante cambio d’uso. NTO di vari comuni

    Rispondi
  2. Daniele Iselle says:

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) N. 00300/2011 REG.PROV.COLL.

    N. 02162/2009 REG.RIC.

    2.1. Con una prima censura è stata rilevata la violazione del predetto art. 44, il quale consentirebbe l’ampliamento della volumetria soltanto all’imprenditore agricolo titolare di un’azienda agricola, la quale possegga determinati requisiti minimi.

    2.2. La censura va respinta.

    Invero, l’art. 5 della l.r. 23 dicembre 2010, n. 30, nel dettare disposizioni d’interpretazione autentica, e dunque con effetto retroattivo, ha previsto che «al comma 5 dell’art. 44 della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 , le parole: “Sono sempre consentiti” sono da intendere nel senso che gli interventi cui si fa riferimento sono ammissibili anche in assenza dei requisiti soggettivi e del piano aziendale di cui ai commi 2 e 3 del medesimo articolo 44, ferme restando le disposizioni più restrittive previste negli strumenti urbanistici, purché le stesse non limitino gli interventi con riferimento ai commi 2 e 3 dell’articolo 44».

    2.3. Va altresì respinta la censura della ricorrente, per cui “l’intervento in oggetto comporterebbe il superamento degli 800 mc residenziali complessivi massimi”.

    Invero, è esatto che il beneficio “non può essere moltiplicato tramite artificiosi frazionamenti di un unitario complesso edilizio”: ma non vi sono elementi per affermare che ciò si sia verificato nella fattispecie, dove né le consorti Cesaro, né il loro dante causa, risultano proprietarie di un fabbricato, o di parte dello stesso, già ampliato ex art. 44, V comma, cit., ovvero ex art. 4 della l.r. 5 marzo 1985, n. 24, il quale conteneva una disposizione analoga.

    2.4. Nemmeno è rilevante che l’ampliamento, effettuato con la trasformazione di un annesso rustico, riguardi un fabbricato condonato (sopra sub 1.2.).

    Una volta che sia intervenuta la sanatoria, il manufatto sanato va considerato, sia pure ex nunc, per quello che esso è attualmente, e si può quindi richiederne, per il futuro, l’ampliamento quale consentito per legge: nel caso, la concessione in sanatoria è del 2005, e la domanda di ampliamento è di quattro anni successiva.

    Quanto al terzo motivo, relativo alla porzione di portico a uso residenziale costruita in aderenza al portico abusivo, e oggetto di sanatoria, parte ricorrente lamenta che la relativa edificazione sarebbe stata sanata pur in difetto della dimostrazione della ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 44 L.R.V. 11/2004. Con il ricorso per motivi aggiunti è stato infatti dedotto che i controinteressati non avrebbero fornito la documentazione richiesta dalla norma citata a riprova del fatto che l’intervento fosse funzionale all’attività agricola svolta sul fondo.

    N. 00377/2021 REG.PROV.COLL.

    N. 01725/2014 REG.RIC.

    N. 00377/2021 REG.PROV.COLL.

    N. 01725/2014 REG.RIC.

    TAR Veneto: N. 00377/2021 REG.PROV.COLL. N. 01725/2014 REG.RIC.
    Occorre rilevare, sul punto, che il ricorrente ha dedotto che la costruzione abusiva del portico risale al giugno 2014, allorquando era in vigore la formulazione del comma V della norma citata, da ultimo dettata dalla L.R.V. 3 aprile 2013, nr. 3: “5. Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’articolo 43. Sono sempre consentiti, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria, gli interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia” e successive modificazioni, nonché l’ampliamento di edifici da destinarsi a case di abitazione, fino ad un limite massimo di 800 mc comprensivi dell’esistente, purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale”.

    La norma include, dunque, tra gli interventi “sempre consentiti” anche l’ampliamento fino ad 800 mc delle case di abitazione esistenti in zona agricola, in tal modo prescindendo dalla necessaria qualità di imprenditore agricolo in capo al richiedente (si vedano sul punto le circolari regionali nr. 2/2009 e 3/2013, nonché l’interpretazione autentica dell’espressione “sono sempre consentiti” offerta dall’art. 5 della L.R.V. 30/2010, dettata con riguardo alla precedente versione del comma 5 dell’art. 44 L.R.V. 11/2004).

    TAR Veneto: N. 01381/2015 REG.PROV.COLL. N. 00677/2012 REG.RIC.

    1.2. Venendo quindi all’esame di tale normativa, pacifica l’assenza di un’ apposita individuazione, nelle tavole del piano, dell’annesso rustico in oggetto quale immobile per il quale è consentita la destinazione residenziale, il ricorrente osserva che, se pure l’art. 38, delle n.t.o. del P.I., che detta “disposizioni generali per le zone agricole”, al paragrafo 2.2., limita la possibilità del cambiamento di destinazione d’uso degli annessi rustici esistenti, appunto, a quei “fabbricati non più funzionali alla conduzione del fondo indicati con apposita grafia nelle tavole del piano”, l’art. 41 delle n.t.o. del P.I., con norma speciale rispetto alla precedente, riferita alle zone agricole E/4 (definite dal par. 1 come quelle aree che, caratterizzate dalla presenza di preesistenze insediative, sono utilizzabili per l’organizzazione dei centri rurali), al par. 3.2., consentirebbe in via generale il “cambiamento di destinazione d’uso degli annessi rustici non più funzionali alle esigenze del fondo” per gli usi abitativi di cui al paragrafo 3.1. e nel rispetto delle indicazioni contenute nei Sussidi Operativi di cui all’art. 63 delle n.t.a.; senza dunque subordinare tale facoltà alla specifica individuazione, nelle tavole grafiche del piano, dei fabbricati agricoli passibili di riuso residenziale. Per cui, alla stregua di tali premesse, l’intervento richiesto dovrebbe essere consentito.

    1.3. Osserva il Collegio come tale interpretazione delle norme del piano non possa essere condivisa, dovendo una corretta esegesi delle stesse muovere, in primo luogo, dall’esame del dato legislativo regionale.

    1.4. L’art. 44, comma 5, L.R. 11/2004 (nel testo vigente all’epoca del diniego qui impugnato) dispone: “Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’articolo 43. Sono sempre consentiti, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria, gli interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché l’ampliamento di case di abitazione fino ad un limite massimo di 800 mc comprensivi dell’esistente, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria”.

    L’art. 43, L.R. 11/2004, richiamato dal primo periodo del citato comma 5, al comma 2, lett. d), prevede che il P.I. “individua le destinazioni d’uso delle costruzioni esistenti non più funzionali alle esigenze dell’azienda agricola..”.

    L’attuale legislazione si pone sul punto in assoluta continuità con quanto prevedeva la previgente normativa di cui all’art. 4, L.R. 05.03.1985, n. 24, ora abrogata, che attribuiva al PRG la disciplina della “destinazioned’uso di costruzioni esistenti non più funzionale alle esigenze del fondo”.

    1.5. In definitiva, la disciplina degli edifici non più funzionali alla conduzione del fondo va ricercata nella finale e minuta regolazione dei P.I., nella cui sede approvativa i Comuni dovranno operare una valutazione, caso per caso, degli edifici in questione, sia in relazione alla cessata funzionalità rispetto alle esigenze del fondo agricolo, sia in ordine alla previsione di una destinazione abitativa. In tal senso, questa sezione si è pronunciata con la sentenza n. 49/2015, laddove si è osservato come l’art. 44 comma 5 della L. R. 11/2004 non possa essere interpretato nel senso di ammettere, sempre e comunque e in via generale la trasformazione degli annessi rustici in edifici residenziali, occorrendo invece una regolamentazione puntuale dello strumento urbanistico volta ad ammettere la destinazione abitativa per ogni specifico annesso rustico.

    TAR Veneto N. 00049/2015 REG.PROV.COLL.

    1.1 Con il primo, il quarto e il quinto motivo si sostiene la violazione dell’art. 31 della L. n. 1150/1942 e dell’art. 44 comma 5 della L. Reg. n. 11/2004, contestando in particolare l’argomentazione contenuta nel provvedimento di rigetto, con la quale l’Amministrazione comunale ha ritenuto che non era stata raggiunta la prova circa la pregressa funzione residenziale dell’immobile in questione.

    1.1 A parere della società ricorrente l’esistenza di detta prova sarebbe confermata dalla presenza di alcune circostanze, tra le quali, le dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà depositate dalla stessa società unitamente all’istanza di permesso di costruire, dichiarazioni queste ultime che non sarebbero contraddittorie così come affermato dal Comune di Vigonovo.

    Ulteriore circostanza che non solo confermerebbe la funzione abitativa, ma che dimostrerebbe l’esistenza di un profilo di eccesso di potere per contraddittorietà, sarebbe da individuarsi nel fatto che lo stesso Comune avrebbe autorizzato la realizzazione di un’unità abitativa nella porzione di edificio attigua a quella in questione.

    1.2 Per la società Fra.Ro.Ma, il Comune di Vigonovo, nella motivazione del diniego, avrebbe dovuto superare le affermazioni contenute nelle dichiarazioni sostitutive, producendo elementi certi idonei ad escludere che il fabbricato in questione avesse destinazione abitativa così come asserito dalle stesse dichiarazioni.

    In definitiva per la società Fra.Ro.Ma non sussisterebbe quel mutamento di destinazione d’uso da agricolo in residenziale il cui venire in essere costituisce il presupposto alla base del provvedimento di diniego ora impugnato.

    2. Dette argomentazioni non possono essere condivise e vanno respinte.

    E’ utile ricordare, infatti, che l’art. 44 comma 5 della L. Reg. n. 11/2004 (così come modificato dall’art. 34 comma 1 della L. reg. n. 3 del 2013), prevede che l’ampliamento degli edifici da destinarsi a utilizzi abitativi e in zone agricole può essere posto in essere “purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale”.

    Il testo della disposizione non è suscettibile di ingenerare equivoci diretto, com’è, a consentire un eventuale mutamento di destinazione d’uso in residenziale, purché al momento della proposizione della domanda, detta nuova destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico.

    2.1 Ciò premesso va rilevata la correttezza dell’impianto motivazionale del diniego di permesso del 14/04/2014 (prot. n. 0004902).

    2.2 Costituisce dato non contestato dagli stessi ricorrenti che l’immobile in questione non ha, ad oggi e comunque all’atto della presentazione dell’istanza di permesso di costruire, una destinazione residenziale, essendo accatastato come fabbricato C/6.

    Si consideri, inoltre, che sia dal contratto di affitto sia, ancora, dal contratto di compravendita stipulato in data 10/10/2011, è possibile desumere la destinazione ad annesso agricolo dello stesso fabbricato.

    2.3 Un’ulteriore conferma di detta destinazione viene dall’esame del materiale fotografico agli atti del ricorso e relativo ad una precedente istanza di sanatoria riferita allo stesso immobile, nell’ambito della quale è possibile desumere l’esistenza di caratteristiche che riconducono inevitabilmente ad un’evidente finalità produttiva.

    Va rilevato, in ultimo, che l’immobile in questione era stato qualificato come annesso rustico anche dalla Provincia di Padova e, ciò, come risulta dalla concessione edilizia in sanatoria n. 754 del 15/05/1992.

    2.4 Ne consegue che se nel 1992 il fabbricato era classificato come annesso rustico e successivamente a tale data l’Amministrazione comunale non aveva mai autorizzato un uso abitativo, non si può che ritenere che detta qualificazione originaria sussista anche oggi e che, quindi, con il permesso di costruire in questione, parte ricorrente abbia inteso richiedere un mutamento di destinazione d’uso in residenziale.

    3. Ciò premesso va, altresì, chiarito come detto mutamento di destinazione non sia comunque ammissibile sulla base della disciplina urbanistica vigente nel Comune di Vigonovo.

    3.1 Sul punto è dirimente constatare che l’art. 24.4.3 delle NTA, nel disciplinare il cambio d’uso degli edifici situati in zona agricola, prevede che detto cambio d’uso sia ammesso solo per gli edifici non più funzionali alle esigenze del fondo, rinviando alla “loro individuazione e schedatura a successivo strumento urbanistico”.

    3.2 E’, altrettanto incontestato che il fabbricato oggetto dell’intervento edilizio non è contemplato da quelli schedati dal Prg per cui il recupero dello stesso non può ritenersi ammesso dal piano, circostanza quest’ultima che è dirimente per escludere la compatibilità urbanistica.

    3.3 Va, altresì, rilevato come proprio l’art. 44 comma 5 della L. Reg. 11/2004 non può essere interpretato, come vorrebbe parte ricorrente, nel senso di ammettere – sempre e comunque e in via generale – la trasformazione degli annessi rustici in edifici residenziali.

    L’art. 44 precisa, infatti, l’ammissibilità degli ampliamenti in questione “purché la destinazione urbanistica abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale”, disposizione quest’ultima che va interpretata unitamente al primo periodo dello stesso comma 5 nella parte in cui rimette al PAT e al PI la disciplina degli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola.

    La correttezza di una tale interpretazione è stata confermata anche dalla Regione Veneto che nel depositare nel presente giudizio la nota (prot. n. 307033) del 17 Luglio 2014 ha precisato che “l’ampliamento oggi ammesso sia consentito esclusivamente a favore di edifici per i quali lo strumento urbanistico regolamenta puntualmente, ammettendola, la destinazione abitativa (si pensi, ad esempio, alle schede di intervento redatte ai sensi dell’art. 4 della L. Reg. 24/1985) e sempre che tali edifici abbiano o abbiano avuto un collegamento funzionale con il fondo agricolo”.

    4. Non è nemmeno applicabile, come sostiene la ricorrente nel quarto motivo del ricorso, l’art. 24.6 delle NTA, disposizione quest’ultima che deve ritenersi diretta a sancire principi estranei alla fattispecie ora in esame e, ciò, nella parte in cui ammette l’ampliamento di cui ora si discute nelle ipotesi in cui sussiste un volume che già presenta una destinazione residenziale, circostanza quest’ultima inesistente nel caso di specie.

    4.1 Inapplicabile deve ritenersi anche l’art. 24.8 delle NTA nella parte in cui prevede il rispetto di precise prescrizioni per quanto concerne le zone agricole E5, prescrizioni queste ultime finalizzate a disciplinare una determinata fattispecie di zone agricole che, in quanto tali, presentano particolari caratteristiche indicate nello stesso articolo, non estensibili alla generalità delle aree produttive.

    4.2 Altrettanto non condivisibile è il richiamo all’art. 3 comma 1 lett. D) del Dpr n. 380/2001, disposizione quest’ultima che, così come modificata dal D.L. n. 69/13 – e nella parte in cui ricomprende nell’ambito della ristrutturazione edilizia anche gli interventi di ripristino degli edifici -, avrebbe superato a parere della ricorrente la disciplina urbanistica del Comune di Vigonovo che, pertanto, andrebbe disapplicata.

    Al fine di dimostrare l’infondatezza della sopra citata censura va rilevato che la disciplina introdotta dal c.d. decreto “del Fare” non può essere interpretata nel senso di consentire una differenziazione tra interventi ammissibili e non ammissibili sul territorio comunale e, ciò, in quanto detto potere attiene all’Ente locale sulla base dei principi contenuti nell’art. 117 della Costituzione.

    Si consideri, ancora, che l’art. 3 sopra citato si limita ad introdurre una disposizione di principio diretta a circoscrivere l’ambito di incidenza della nozione di “ristrutturazione” e che, pertanto, non ha l’effetto di stabilire se un intervento sia ammissibile o meno nè incidere sulla valutazione di ammissibilità dell’intervento.

    Rispondi
  3. Anonimo says:

    ANONIMO- per la sua seconda domanda: non permette di fare ciò ne la veneto 2050 – e nemmeno le N.T.O. del P.I. in tale zone- per questi tipi di annessi se hanno perso la funzionalità, è previsto il recupero ad uso abitativo, con scheda in variante al PI , nel limite dei 500m³- geom .giglio g.

    Rispondi
  4. Anonimo says:

    I miei quesiti sull’art. 44, co. 5, così come novellato nel 2013, sono i seguenti: posto che la norma parla di “edifici da destinarsi a case di abitazione” soggetti ad ampliamento, quale regola ne risulta per gli edifici che già hanno destinazione abitativa che necessitano di ampliamento? oltre all’ampliamento fisico, è ammesso l’utilizzo dell’adiacente annesso non più funzionale (in tutto o in parte) o anche quest’ultimo deve essere puntualmente individuato dal P.I.? Ed ancora: posso effettuare l’ampliamento dell’abitazione esistente utilizzando parte di un annesso rustico non individuato dal piano urbanistico, che risulta staccato dalla casa di abitazione, ancorché situato all’interno della stessa corte?

    Rispondi
  5. Anonimo says:

    Buon giorno, per quanto affermato: ” preveda espressamente la destinazione abitativa e sempre che tali edifici “abbiano o abbiano avuto un collegamento funzionale con il fondo agricolo”. Mi pongo questa domanda: per i fabbricati costruiti prima del 67′, non occorreva nulla , per cui il collegamento funzionale non esisteva, tutti gli altri fabbricati realizzati in zona agricola erano rispettosi delle norme in vigore in quel momento, (metto dentro anche i vari condoni) siano essi aventi collegamento funzionale o meno, ma presumo di SI, per cui come si fa a dire oggi, che abbiano e abbiano avuto un collegamento funzionale???? quali fabbricati dovrebbero rimanere esclusi, stante tale principio-

    Rispondi

Leave a Reply

Want to join the discussion?
Feel free to contribute!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

© Copyright - Italia ius | Diritto Amministrativo Italiano - mail: info@italiaius.it - Questo sito è gestito da Cosmo Giuridico Veneto s.a.s. di Marangon Ivonne, con sede in via Centro 80, fraz. Priabona 36030 Monte di Malo (VI) - P. IVA 03775960242 - PEC: cosmogiuridicoveneto@legalmail.it - la direzione scientifica è affidata all’avv. Dario Meneguzzo, con studio in Malo (VI), via Gorizia 18 - telefono: 0445 580558 - Provider: GoDaddy Operating Company, LLC