La mancata dimostrazione dell’esistenza di una servitù di passaggio (quindi c’è un fondo intercluso) non osta al rilascio del titolo edilizio (secondo il TAR ma non per il Consiglio di Stato)

18 Lug 2014
18 Luglio 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. II, nella sentenza del 12.01.2011 n. 37 chiarisce che l’Amministrazione comunale può rilasciare un permesso di costruire (per realizzare un parcheggio interrato) anche laddove vi sia un contezioso sul diritto di passaggio, poiché l’esistenza di un fondo intercluso non osta ex se al rilascio del suddetto titolo edilizio che viene concesso “fatto salvo i diritti dei terzi”.

Segnaliamo fin d'ora che tale sentenza è stata riformata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3508 del 2011 (che pubblicheremo lunedì 21 luglio 2014, ringraziando sentitamente l'avv. Paola Mistrorigo, per la segnalazione).)

Nella sentenza del TAR  si legge che: “La questione decisiva verte quindi solo su tale aspetto della motivazione e più in sintesi sul se il proprietario di un fondo intercluso debba dimostrare di disporre del diritto di accesso – nella specie oggetto del contenzioso con i proprietari del fondo servente – ovvero se questo costiuisca un presupposto meramente civilistico sul quale l’amministrazione non può e non deve fondare alcuna preclusione al rilascio del titolo edilizio se ed in quanto il sottostante intervento sia, indipendentemente dalla controversia civile in atto, legittimamente assentibile in quanto ” conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti e della disciplina urbanistico edilizia vigente”.

Orbene, il Collegio, premesso che sul punto non sono reperibili che pochi precedenti e che gli indirizzi giurisprudenziali non sono uniformi, ritiene, aderendo alla tesi sostenuta dal ricorrente, che il motivo di ricorso sia fondato e meritevole di condivisione.

In questo senso, peraltro, in una caso che presenta evidenti analogie rispetto a quello in esame, si è pronunciato il Consiglio di Stato (cfr. C.d.S sez. 4^ n. 7263/2005) affermando che la concessione edilizia si configura come un provvedimento amministrativo di conformità del progetto alla disciplina urbanistica ed edilizia della zona, di natura assolutamente vincolata e non discrezionale e escludendo che il rilascio della concessione edilizia possa essere denegato, in presenza di intervento perfettamente conforme alle norme urbanistiche edilizie, per il fatto, nella specie assunto a motivo del diniego della domanda, che i realizzandi parcheggi, interessando un’area che i privati avevano ceduto al Comune ai fini di standard, creavano, di fatto, una servitù a carico di un bene pubblico.

E ancora (cfr. parere C.d.S. sez. 2^ n. 2559 del 27 febbraio 2002 reso in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato) “che una volta accertata la conformità dell’intervento agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi, l’assumere a presupposto del diniego un elemento estraneo a tale verifica, qual’è la viabilità di accesso al lotto sul quale si chiede di costruire, esula dai poteri assegnati al Comune dalla legge in sede di rilascio dl permesso di costruire”.

Non appare invece conferente il richiamo alla giurisprudenza invocata dalle parti resistenti (TAR Puglia Bari 3^ sezione n. 2994/2004 e TAR Piemonte 1^ sez. 7 maggio 2003 n. 673) che assumono che il rilascio del permesso di costruire deve ritenersi subordinato all’accertata insussistenza di posizioni soggettive di terzi suscettibili di essere pregiudicate dalle opere assentite, come comprova la clausola “salvi i diritti dei terzi” che è ritualmente apposta nei provvedimenti concessori.

Tale clausola, infatti, ritiene il Collegio, indebolisce, anziché rafforzare, la tesi che il permesso di costruire, come ogni altro provvedimento suscettibile di incidere sulla proprietà privata, in quanto rilasciato, sempre e comunque espressamente, senza pregiudizio di eventuali diritti di terzi sui beni che ne sono oggetto, sia condizionato dalla pax inter cives e quindi da eventuali pretese avanzate da soggetti estranei al rapporto amministrativo.(cfr. C.d.S sez. 4^ n. 3201/2006), quali, in ipotesi i terzi che si oppongono al riconoscimento della servitù coattiva di accesso al fondo e solo ad esso

In realtà tale clausola, ad avviso del Collegio, nella fattispecie non rileva perché il permesso di costruire denegato a Bica, se assentito, non avrebbe comportato ex se alcuna lesione di diritti di terzi, né in atto né in prospettiva, poiché l’intervento edilizio si realizza sulla proprietà esclusiva ed incontroversa di Bica e non lede, sotto tale profilo, alcun diritto dei terzi.

In particolare non lede il diritto dei condomini intervenienti che restano proprietari e fruitori del varco di accesso sul quale Bica ha chiesto, in quanto proprietario di fondo intercluso, di acquisire la servitù coattiva di transito sin dal 2005, e cioè ben prima di richiedere il permesso di costruire e indipendentemente da esso.

D’altra parte sarebbe paradossale, a giudizio del Collegio, sostenere che l’azione civile intrapresa da Bica per il riconoscimento della servitù coattiva, che assume come presupposto la necessità di accedere al fondo intercluso per poterne sfruttare le potenzialità in funzione della destinazione ammessa dallo strumento urbanistico (rappresentata dal permesso di costruire il garage interrato) possa essere ostativa ex se del rilascio della stessa concessione perché la servitù, e quindi il c.d. diritto di accesso al fondo, non è stato ancora riconosciuto.

Il Commissario ad acta, va aggiunto, confonde peraltro, l’accesso materiale al fondo, che naturalmente esiste (ed anzi esistono più soluzioni virtuali, tra cui quella ritenuta “più breve e meno onerosa per il fondo servente” nella CTU dep. come doc. n. 16 il 12 giugno 2008) con il diritto d’esercizio del passaggio con automezzi, che è subordinato all’acquisizione della necessaria servitù coattiva oggetto del ricordato giudizio intrapreso da Bica sin dall’anno 2005, che tuttavia è, come sopra chiarito, irrilevante in sede di rilascio della concessione edilizia, poiché l’interclusione del fondo non è, salvo che una determinata strada accesso rilevi come opera di urbanizzazione specificamente richiesta ai fini dell’approvazione del permesso di costruire, una condizione ostativa per il rilascio del titolo stesso, se il progetto edilizio è, in quanto tale, conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti e della disciplina urbanistico edilizia vigente relative all’area in questione.

Non solo ma a rafforzare tale conclusione concorre: per un verso, il fatto che la costituzione della servitù coattiva di passaggio costituisce un diritto del proprietario del fondo privo di accesso e quindi, salvo stabilire il tracciato meno oneroso per il fondo servente e il relativo indennizzo (cfr. art. 1051 c.c.) è acquisito alle condizioni di legge coattivamente e non per concessione volontaria, posto che altrimenti i fondi interclusi non sarebbero mai utilizzabili dai proprietari secondo la destinazione assegnata dalle norme urbanistico- edilizie e per altro verso che anche se, come nella specie, penda un giudizio inter partes diretto alla costituzione della servitù, non spetta all’amministrazione né il compito di sostituirsi all’autorità giudiziaria per stabilire se tale diritto sussista o meno né di sospendere o negare il permesso di costruire in attesa che tale controversia sia definita, se l’intervento che il privato intende realizzare è del tutto conforme a quella che è la destinazione dell’area e quindi se non sussistono specifici motivi per denegare l’intervento di trasformazione previsto dallo strumento urbanistico e dalle norme edilizie che ne fissano i contenuti (cfr. Cass. Civ. 2^ sez. 9 febbraio 1980 n. 908)..

Né vale, infine, obiettare che se l’azione intrapresa da Bica per far accertare il diritto di passaggio coattivo (il cui prolungarsi sembra, allo stato, giustificata più da questioni di indennizzo che dall'esistenza di soluzioni di accesso diverse e meno impattanti, già escluse dalla C.T.U. dimessa in atti) non dovesse avere successo, quantomeno nei confronti dei soggetti aditi, o comunque prolungarsi, lo sfruttamento dell’intervento (il parcheggio interrato) sarebbe vanificato, poiché questo rischio non attinge le condizioni di legittimità dell’intervento edilizio e non esclude che per l’amministrazione l’approvazione del progetto costituisca attività vincolata, tale quindi, come sostiene la ricorrente nel motivo in disamina, da non potere essere ostacolata o condizionata da eventuali controversie tra soggetti privati, estranee e ininfluenti sulla legittimità del titolo edilizio”.

dott. Matteo Acquasaliente 

TAR Veneto n. 37 del 2011

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